Introduzione all’Alchimia

di A. M. Partini

 

TEORIA

L’alchimia risale all’antico mondo mediterraneo, alla tradizione ermetica. Questa dottrina segreta madre di tutte le scienze, fu rivelata agli uomini da Ermete Trismegisto spesso identificato col dio egizio Thot. E’ quindi una scienza sacra riservata ai soli iniziati.

Al mitico Ermete Trismegisto si attribuisce una vasta letteratura in lingua greca che pur contenendo elementi dell’antica religione egiziana risale al II o III sec. d.C.
Da questi trattati emerge la figura dell’uomo mago, che conosce le occulte corrispondenze nei tre regni della natura, le sa attrarre e usare.

L’ermetismo quindi comprende quell’insieme di discipline esoteriche e filosofiche che vanno sotto il nome di Ermete.

Tutto ciò che nasce sulla terra è messo in corrispondenza con le stelle, le costellazioni e i pianeti, come afferma Filone: “Coloro che si esercitano nella saggezza, penetrano i segreti del mare, dell’aria e del cielo e accompagnano col pensiero, nelle loro orbite il corso del Sole, della Luna e degli altri pianeti. Essi sono attaccati in basso al suolo, con i loro corpi, ma danno ali alle loro anime, cossichè marciando sull’etere, contemplano le potenze che vi si ritrovano” (Filone De Somniis, 10 – cfr. Festugière, La Revelation d’Hermés).

Principio basilare dell’ermetismo è l’unità della materia, rappresentata dall’Uroboros, il drago che si morde la coda. Il mondo è concepito come un insieme armonico animato da uno spirito intelligente; legami invisibili uniscono cielo e terra, l’uomo al cosmo. La Spirito universale è il fondamento di tutte le cose manifeste; è la materia prima degli alchimisti, quella che si trova dappertutto, disprezzata dagli uomini che la calcano e non la riconoscono (v. Palombara). E’ quello spirito vitale che, come dice la Tavola di Smeraldo, sale dalla terra al cielo e ridiscende in terra arricchita di energie cosmiche (“Ascendit a terra in coelum, iterumque descendit in terram, et recipit vim superiorum et inferiorum”). Questa dottrina dell’unità cosmica è racchiusa nei dieci versetti della Tavola di Smeraldo, il più antico documento attribuito ad Ermete.

Nel Rinascimento con la traduzione dei testi ermetici di Ficino, che ebbe l’incarico da Cosimo dei Medici di sospendere quella dei testi di Platone per dedicarsi agli “Hermetica”, si assiste a un rifiorire dell’ermetismo: Ermete viene considerato contemporaneo di Mosè e il suo insegnamento come “prisca-theologia”, cioè come la vera tradizione, madre di tutte le tradizioni. Ficino cercò anche di conciliare elementi ermetici con elementi cristiani; testimonianza di questo avvicinamento è il mosaico del pavimento del Duomo di Siena dove Ermete è rappresentato accanto a Mosè e ad un’altra figura non ben identificata. Sotto l’immagine di Ermete è la scritta “Hermes Trismegistus contemporaneus Moyses”.

Altra testimonianza potrebbe essere la Porta di Rivodutri, piccolo paese vicino Rieti, per alcuni motivi simbolici incisi sui bassorilievi (1)

Sulla scia di Ficino troviamo poi Pico della Mirandola, Tommaso Campanella, Giordano Bruno, Ludovico Lazzarelli ed altri. Questi studi sfoceranno in una corrente ermetico-cristiana i cui testi più importanti sono le “Opere” del francescano Annibale Roselli, opera voluminosa composta da 6 volumi (Cracovia 1585-1590) e il “Nova de universis philosophia” di Francesco Patrizi , professore di filosofia platonica all’Università di Ferrara, pubblicata nel 1591 insieme a una nuova edizione del Corpus Hermeticum.

Nel secolo successivo Padre Atanasio Kircher, complessa figura di teologo e scienziato, sarà uno degli esponenti dell’ermetismo cristiano.

Lo studioso che si accinge a introdursi nello studio dell’alchimia si trova di fronte enormi difficoltà non solo per la grande massa di libri scritti sull’argomento, ma anche per l’oscurità e contraddizione dei testi. Un’altra difficoltà si ha in quanto l’alchimia partecipa a molteplici attività del pensiero umano come la religione, la filosofia, la scienza e quindi richiede una mente analitica e sintetica nello stesso tempo, che sappia cogliere e raccogliere i fili sottili sparsi nelle varie materie.

Una precisa dottrina alchemica si può dire che non esiste. La complessa simbologia, l’esprimere attraverso allusioni e analogie concetti che vanno al di là della parola e del ragionamento impedisce che possa essere insegnata con gli usuali metodi scolastici. Simbolo e realtà, chimica e magia sono strettamente e praticamente inscindibili.

L’alchimia si discosta dagli altri cammini iniziatici per il suo carattere operativo. I metalli sono considerati come esseri viventi, contengono un’energia vitale che permette loro di generarsi e moltiplicarsi così come i vegetali; sono inoltre suscettibili di evoluzione e destinati, in tempi lunghissimi, a trasformarsi in oro; l’Opera non fa che affrettare questo processo.

Secondo alcuni autori l’alchimia o “pietra filosofale” avrebbe solo un significato simbolico alludendo alla conquista della più alta spiritualità. Altri invece considerano l’alchimia sotto due aspetti: l’un pratico, chimico che assicurerebbe beni materiali cioè denaro e salute; l’altro esclusivamente di ordine filosofico e spirituale.

I filosofi ermetici usano un linguaggio oscuro e difficile, sia per non farsi comprendere dai profani, sia perché gli argomenti dei quali trattono non si possono esprimere a parole; essi si servono di simboli e allegorie, che hanno dato luogo nel tempo ad una ricca iconografia degna di considerazione e di studio da parte di Istituti famosi, come l’Istituto Warburg di Londra.

Il Rosarium Philosophorum di A. de Villanova, le Figure Geroglifiche di N. Flamel, il Donum Dei di G. Aurach, lo Splendor Solis di S. Trismosin, sono trattati famosi per le immagini che ne illustrano il testo. Alcune di queste opere sono composte addirittura da sole figure come il Liber Mutus e lo Speculum Veritatis. Sembra che anche lo Splendor Solis del Trismosino fosse composto all’inizio di sole immagini.

Oggetto dell’arte alchemica è l’uomo inteso nel suo triplice aspetto: corpo, anima e spirito. Suo scopo è la trasmutazione del piombo in oro: il piombo rappresenta la materia caotica e pesante sia del metallo che della natura umana; l’oro come “luce solidificata” o “sole terreno”, la vittoria dello spirito sulla materia. Non si tratta di trasformazioni di metalli minerali, ma di trasformazioni dei “metalli” dell’organismo umano, cioè, per dirla in termini psicologici, delle qualità fisiche e psichiche dell’uomo in qualità più evolute e spiritualizzate (conquista della pietra filosofale). E’ quindi un’arte ma nello stesso tempo è scienza, religione e filosofia; interessarsi di tale materia richiede attitudini particolari e qualità sottili della mente (Trismosino), ma soprattutto costanza e pazienza: “Lege, lege, relege et invenies”, non si stancano mai di ripetere i testi alchemici. Ma non basta leggere, necessita anche l’aiuto d’un “maestro” che s’incontrerà al momento opportuno. A volte per incontrarlo si affrontavano viaggi lunghissimi. Trismosin ci racconta delle sue lunghe peregrinazioni prima di giungere a Venezia, dove riuscì a realizzare, lavorando in una “miniera”, la pietra filosofale. Il ritrovamento della “pietra” porta tra l’altro a una completa conoscenza del mondo e delle sue leggi naturali.

Il suggerimento degli Adepti di “scrutare” e seguire la Natura non è né teorico né astratto, ma va interamente vissuto. Scrive F.M. Santinelli: “I Filosofi devono essere tali da conoscere il fondamento di tutta la natura e conoscerlo veramente…La scienza della Pietra filosofale supera ogni dottrina ogni arte per sottile che sia; differenziandosi da esse perché l’opera della natura è sempre più perfetta, più sciolta e più sicura di qualunque arte”. E il Sendivogio: “Se tu considerassi con giudizio maturo in che modo opera la Natura, non avresti bisogno dei volumi di tanti Filosofi, perché, a mio giudizio, è meglio imparare proprio dalla maestra Natura che dai discepoli” (Prefazione del Trattato dello Zolfo). La Natura a cui si riferiscono Santinelli e Sendivogio è la stessa illustrata in una bella immagine della Atalanta Fugens (Emblema XLII) di Maier con l’ammonimento: “La Natura ti sia guida e tu seguila passo passo / Con l’arte di buon grado; ti smarrirai se non ti sarà compagna di vita”.

La Natura come maestra infallibile e guida nella pratica alchemica è la regale protagonista in “Le rimostranze della Natura all’alchimista errante” in cui Jean de Meung mette in evidenza gli errori degli alchimisti del suo tempo. La Natura, offesa e trascurata dallo “sciocco artista” che non usa che “l’arte mechanica”, così lo rimprovera:

“Io parlo a te fanatico sciocco
che ti dici e ti dichiari in pratica
Alchimista e buon filosofo
e non possiedi né sapere né capacità
dell’arte, né conoscenza di me…
Con un fuoco che arderebbe chiunque
desideri fissare argento vivo
quello volatile e volgare
e non quello che creo io come metallo?
Per questa via non combinerai nulla”.

L’alchimista umiliato e pentito s’inginocchia davanti la Dea e promette di seguire Lei sola, unica guida dei suoi lavori. Questi versi sono raffigurati da una bella miniatura di Jean Perreal (1460-1530) in cui la natura è raffigurata alata, nuda, seduta su un albero cavo (athanor) con la testa cinta da una corona con i 7 pianeti.

Spesso si è confusa, e si confonde, l’alchimia con la spagiria. Ma la vera alchimia è una conquista spirituale, è il raggiungimento di uno stato di coscienza integrata. “L’alchimia, scrive Pierre Jean Fabre, non è solamente un’arte o scienza per insegnare la trasmutazione dei metalli, ma una vera scienza che insegna a conoscere il centro di tutte le cose, che in linguaggio divino si chiama lo spirito della vita”.

Tutte le tradizioni parlano di uno stato edenico, di un’età dell’Oro da cui l’uomo è decaduto. Per riconquistare l’antico stato di regalità, l’uomo deve sottoporsi a pratiche particolari, a un iter iniziatico affrontando prove e pericoli. Le fatiche di Ercole, la lotta di Teseo col Minotauro nel labirinto di Cnosso, le imprese che Giasone deve compiere per riconquistare il Toson d’oro, sono allegoria delle varie fasi che l’adepto deve attraversare per realizzare la Grande Opera.

Alla base dell’arte alchemica è il “solve e coaugula”, liberare cioè le energie insite nella materia dissolvendola (solve) e reintegrandola (coaugula) in materie più perfette. Si tratta di mutare il mercurio lunare in mercurio igneo.

L’alchimista nella solitudine del suo laboratorio intento alla trasformazione della materia nel suo athanor, cercava di realizzare la “coniuctio oppositorum”, unione Sole e Luna, cioè una perfetta armonia tra spirito e materia, tra uomo e cosmo.

Si sottoponeva a pratiche speciali affrontando prove e pericoli e percorrendo una scala di simboli e tecniche in cui è difficile distinguere il divino dall’umano.

Il vero alchimista non si limitava agli esperimenti di laboratorio, ma faceva anche uso di preghiere, di evocazioni e di esercizi spirituali per ottenere uno stato superiore e per guadagnare la chiave della Sapienza. “La pratica della nostra Arte, scrive Limojon de Saint Dedier, è la cosa più difficile al mondo perché se da un lato è chiamato gioco di bambini, dall’altro essa richiede in coloro che cercano la verità con il lavoro e il loro studio, una conoscenza profonda dei Principi e delle Operazioni della natura nei tre regni, particolarmente minerale e metallico” (2).

Quindi la prima operazione l’Adepto la deve compiere su se stesso trasformando i propri metalli vili in oro, cioè le facoltà comuni dell’uomo in facoltà trasumanate; deve cioè trasformare la pietra grezza in pietra levigata.

La vera alchimia è quindi un cammino spirituale, un mezzo di conoscenza che cerca di penetrare i segreti dell’uomo e della natura e cogliendo le potenze invisibili dietro quelle visibili.

Scrive il Sendivogius nel De Sulphure: “Nel suo Regno (cioè in quello dello zolfo) sta uno specchio nel quale si vede il mondo intero. Chiunque guardi in quello “specchio” può vedervi e apprendere le tre parti della sapienza di tutto il mondo”.

La realizzazione alchemica si esprime anche in termini di conquista della “pietra filosofale”: chi possiede tale pietra può trasmutare i metalli vili in oro. Ridotta in polvere viene chiamata “polvere di proiezione”, ha cioè la facoltà di trasformare qualsiasi altro corpo trasmettendogli quella energia solare che ne è il fondamento.
Ridotta allo stato liquido, costituisce l’ “Elisir di lunga vita”, la “fontana dell’eterna giovinezza”, motivi che ritroviamo in tante favole e racconti letterari.

L’ottenimento della “pietra, oltre a dare la conoscenza perfetta, comunica a colui che la possiede, poteri meravigliosi, (come ad esempio, rendersi invisibili, spostarsi a piacimento nello spazio, acquistare qualità terapeutiche, comunicare con le potenze angeliche). La conquista della pietra filosofale si esprime anche in termini di conquista del “Toson d’Oro”.

E’ quanto promette il Marchese Massimiliano Palombara, alchimista romano del sec. XVII, autore delle epigrafi della Porta Magica di Piazza Vittorio (Roma) a chi varca la soglia della sua villa.

VILLAE IANUAM
TRANANDO
RECLUDENS IASON
OBTINET LOCUPLES
VELLUS MEDEAE
1680

 

LA PRATICA

L’alchimia insegna l’unità della sostanza, sotto la molteplicità delle apparenze fenomeniche. La “sostanza unica” sarebbe l’Etere Cosmico di cui le tre polarizzazioni danno:

  • + = Aod = = Agente (Forza) – Fuococeleste
  • – = Aob = = Paziente (Resistenza) – Umido radicale
  • ∞ = Aor = = Centro d’equilibrio, o substrato di tutta la materia (secondo alcuni, Luce astrale)

I tre principi generatori:

(Archè) (Azoth) (Hylé)
Zolfo  Mercurio Sale

danno origine alle cose sensibili mediante i quattro elementi corrispondenti ai quattro stati di aggregazione della materia:

Solido Liquido Gassoso Igneo
(Terra) (Acqua) (Aria) (Fuoco)

Psicologicamente i tre principi nell’uomo corrispondono:

  • Zolfo: lo Spirito, il Nous, il Sè superiore.
  • Mercurio: l’Anima, intermediaria tra lo spirito e la materia quindi non perfetta. E’ lei che dovrà cercare di purificarsi dalle scorie del corpo per identificarsi con lo Spirito.
  • Sale: il corpo, anch’esso elemento da lavorare perché diventi perfetto.

Mentre lo Zolfo naturale rappresenta l’anima incarnata e quindi appesantita dai vizi ecc., l’Oro o Zolfo celeste simbolo della purezza dell’Anima, splendente di Luce divina (v. AUR da cui deriva il latino Aurum).

L’alchimia riconosce nell’uomo un:

Ente Terrestre
Piombo, corpo, scheletro; è il fisso che conosce solo l’aspetto sensibile delle cose. E’ Saturno matrice di corpi che poi periscono (divora). Suo colore è Nero.

Ente Acqueo, Lunare
Mercurio, forma sottile attraverso cui avvengono le sensazioni e le percezioni normali e paranormali; è l’energia alla base delle passioni e dell’immaginazione. Corrisponde al sistema nervoso ghiandolare e alla vita vegetativa. Suo colore è Bianco.

Ente Aereo
E’ il mercurio igneo, l’Androgine, unione acqua e fuoco, cioè l’Acqua ardente. Suo colore è Rosso.

Ente Spirituale
E’ il Sole, l’Oro, il Fuoco. L’Anima stante e non cadente (Agrippa). Suo colore è Oro.

Nell’uomo normale queste quattro entità si trovano confuse e miste. E’ il caos da cui l’arte ermetica deve estrarre le singole nature. “Per separare il figlio della sapienza, fa che gli Elementi, distinti, siano ognuno nella propria sede” (Stolcius). E’ necessario quindi il passaggio attraverso i quattro elementi, dalla terra all’acqua e dall’aria al fuoco e cioè attraverso stati di coscienza più sottili (3)

Si tratta di liberare le energie che sono alla base del piano fisico, emotivo e mentale.
Colla separazione del “sottile” dallo “spesso”, lo Zolfo che era prigioniero sotto “dura scorza”, torna libero nelle Acque Celesti, e si riconcilia con i suoi “custodi” ed elargisce i suoi doni.

La prima operazione è sciogliere il corpo che lavato e purificato, invece di ardere nel fuoco delle passioni, permette al bambino divino di manifestarsi.

Come scrive F.M. Santinelli in un suo bel sonetto, quando il Sale, che è visibile, si scioglie, lo Spirito universale, che è invisibile e che è la semenza occulta di tutti gli esseri e di tutte le cose, si tramuta in Oro vivo.

“Sal’è, visibil sperma che si solve,
E l’invisibil spirito universale
Che in esso è seme, in un vivo Or risolve” (4).

L’oro una volta fissato ha il potere di trasmutare ogni metallo; “Quando l’oro (dei Saggi), perfettamente calcinato ed esaltato fino alla purezza ed al biancore della neve ha acquistato, grazie al magistero, una simpatia naturale con l’Oro astrale, di cui è divenuto visibilmente il vero magnete, egli attira e concentra in sé stesso una grande quantità di Oro astrale e di particelle solari, che riceve dalla continua emanazione che proviene dal centro solare e lunare, sino a trovarsi nella disposizione prossima ad essere l’Oro vivente di Filosofi” (Limojon de Saint Didier – p.68).

Il passaggio attraverso gli elementi può essere anche simboleggiato dal passaggio attraverso i sette pianeti, i sette metalli. I vari regimi (di Saturmo. Di Giove, di Venere, ecc.) rappresentano i differenti stati che la materia sotto l’azione del fuoco assume durante le operazioni del Magistero.

Tutti i metalli dunque sono formati da zolfo e mercurio le cui differenti proporzioni danno luogo alla “differenziazione minerale”. Nella concezione alchemica i metalli sono considerati come esseri viventi. Essi crescono e si maturano nel seno della miniera e si moltiplicano attraverso “il seme o zolfo di natura” (5). Scrive F. M. Santinelli, un alchimista poeta del secolo XVII, “I metalli che crescono e hanno moto nelle loro miniere, sono vivi e hanno il seme onde possono moltiplicarsi così bene come il vegetale e l’animale”. Ed aggiunge: “Questo seme aurifero non va cercato nei metalli volgari, ma in quelli filosofici, esso nobilita i metalli imperfetti rendendoli perfetti”.

Gli alchimisti riconoscono nell’uomo 7 metalli, due perfetti, l’oro e l’argento simboleggiati dal Sole e dalla Luna, e cinque imperfetti, rame, ferro, stagno, piombo e mercurio, ma fanno una netta distinzione tra oro, argento, rame ecc. dei filosofi e quelli volgari.

Ogni metallo è messo in rapporto con il pianeta che li ha generati e con il mutare delle loro corrispondenza astrali, cosa che crea uno stretto legame tra Alchimia e Astrologia.

Essi nascono per opera dello “spirito universale” che secondo i vasi “crassi, o spessi, o rari” (6) da origine ai vari metalli (“benché da un seme sol vengano tutti”). Basilio Valentino specifica : “L’influsso celeste discende dall’alto per volere e ordine di Dio e si mescola alle proprietà astrali. Non appena si ha questa congiunzione, i due partoriscono la sostanza terreste come un terzo, che è il principio del nostro seme e della sua prima origine”.

I metalli da utilizzare sono l’oro e l’argento considerati i corpi più ricchi di zolfo e mercurio (7).

Ogni sostanza, ogni metallo ha un aspetto filosofico e uno volgare: si parla quindi di oro, di argento, di mercurio dei filosofi per indicare le loro intime essenze (psicologiche e spirituali), e di mercurio, oro e argento volgari per indicarne gli aspetti che ricadono sotto i nostri sensi.

Quindi nella pratica alchemica c’è una parte rivolta all’esterno che comprende lo studio di metalli, pietre e medicamenti da cui è poi nata la nostra chimica, e una parte rivolta verso l’interno che mira alla purificazione e alla liberazione attraverso il fuoco della volontà, della nostra anima aurata oscurata dal piombo delle passioni, perciò l’alchimia è continuamente rivolta a una ricerca che è interiore e esteriore.

“Tutto il magistero, dicono i filosofi, non è altro che cuocere argento vivo e zolfo finché non diventino una cosa sola”.

Per trasmutare i metalli vivi in oro la pratica era sempre la stessa: si trattava di separare, sciogliere la materia scelta nelle due qualità di umido e secco, maschile e femminile, per poi farli di nuovo unire (“separai la terra dal fuoco, il sottile dallo spesso”), realizzando le nozze alchemiche rappresentate nell’iconografia alchemica dal Re vestito di rosso e la Regina vestita di bianco.

“Se la bianca sposa viene maritata al rosso marito, scrive Aurach, subito si abbracciano e dopo essersi abbracciati si congiungono, si sciolgono da sé, da sé si consumano, sicché dei due che erano, diventano un corpo solo” (p.41).

Ma prima di congiungersi Re e Regina devono purificarsi. La purificazione dell’oro e dell’argento è simboleggiata da una fontana in cui la coppia regale va a bagnarsi. L’abluzione va ripetuta tre volte, in modo da ottenere l’oro e l’argento dei filosofi.
Ottenuta quindi la materia dell’Opera, simboleggiata da un liquido chiuso ermeticamente nell’ampolla, inizia la cottura nell’atanor: “Coque, coque, coque, ne tedeat” scrive Trismosino.

“Sappiate, esorta Morieno, che tutto il magistero non è altro che l’estrazione dell’acqua dalla terra, e la discesa di quest’acqua sulla terra finché la stessa terra imputridisce e si pulisce; e quando sarà purificata con l’aiuto divino, tutto il magistero sarà compiuto.

L’ampolla, sottoposta ai regime del fuoco, è chiamata “uovo filosofico” perché da esso nascerà il fanciullo regale e anche “camera nuziale” poiché è lì che avviene il matrimonio di Re e Regina; è ancora detta “sepolcro” poiché gli sposi prima di essere uniti devono morire.

La materia sotto l’azione del fuoco passa attraverso i colori dei sette metalli, tra cui i più importanti sono il nero, il bianco, il rosso; se non si libera il mercurio lunare da Saturno non si può liberare il mercurio vicino allo zolfo.

Gli alchimisti distinguono una Piccola e Grande Opera rappresentate da due alberi, l’albero lunare e l’albero solare (v. Rosarium). Con la “piccola Opera” o “piccolo Magistero” si ottiene la pietra bianca; con la “grande Opera” o “grande Magistero”, la pietra rossa.

Il passaggio attraverso gli elementi si ottiene in tre fasi:

Fase al nero: è la putrefazione, il solve, la morte iniziatica – E’ lo stacco da Saturno, il passaggio dalla stato individuato ad uno non individuato. Finché gli elementi sono concatenati tra di loro, noi non possiamo percepire che il fisico attraverso il fisico. Liberando il Mercurio lunare da Saturno si liberano anche il mercurio vicino allo Zolfo, cioè il Mercurio igneo e si arriva alla propria Essenza solo dopo aver rinunciato al corpo, all’io individuato. Nel distacco da Saturno, l’io non avendo più corpo come sostegno, ha momenti di crisi e di paura: è la prova del vuoto, è l’incontro con il “guardiano della soglia”, è la “notte oscura dell’anima” di S. Giovanni della Croce. Gli alchimisti esortano ad accertarsi che il nero sia “più nero del nero” altrimenti si rischia il “sorgere degli avvoltoi” che simboleggiano i residui delle passioni non ancora domate. Portato a perfezione il nero, bisogna resistere, finché comincia a diradarsi e ad apparire un bagliore che annuncia il Bianco.

Fase al bianco: è la luce che sorge dalle tenebre; è la realizzazione di un corpo sottile che sostituisce il corpo fisico, grossolano. E’ la vita che continua oltre la morte, è il figlio che nasce dalla Vergine. Si tratta di spostare il centro del corpo nella “forza di vita”, cioè in quelle forze che producono, formano e sostengono il corpo. La materia viene concepita come moto dello spirito. Il Saturno pur restando quello che è esiste solo in rapporto dello spirito. E’ la fase dell’argento, della colomba di Enea, della Rosa bianca. Si realizza l’aspetto psichico delle cose fisiche, si tira fuori l’anima del sottile, cioè la filosofia del sottile.

Fase al rosso: è la fenice che rinasce dalle ceneri. La coscienza arrivata al bianco non deve rimanere nello stato puramente psichico, ma tornare sul piano fisico, agire sulla materia. In fondo al vaso rimangono delle ceneri che sono preziose e l’Opera non viene compiuta se non sono utilizzate. E’ la prova del Fuoco: bisogna vivere come la salamandra tra le fiamme senza bruciarsi. La coscienza deve essersi tanto sottilizzata da percepire direttamente oltre i sensi corporei. E’ in questo stato che si può raggiungere il “profondo della terra”, il VITRIOL.

E’ il frutto del matrimonio di Re e Regina, la nascita del fanciullo coronato. E’ la realizzazione del Rebis, dell’Androgine spirituale.

Con la fase al rosso si estraggono dal corpo le energie rinchiuse negli organi. “ La nostra Pietra, scrive Limojon de Saint Didier, è un fuoco astrale che simpatizza con il fuoco naturale e che come una vera salamandra, nasce, si nutre e cresce nel fuoco elementare che le è geometricamente proporzionato” (p.126). E’ la pietra rossa la corporizzazione dello spirito. Ma per essere utilizzata la pietra deve essere “moltiplicata”, cioè portata alla massima potenza aumentando in quantità e qualità e anche fermentata, cioè mescolata a una piccolissima parte d’oro fuso. In questo modo la sua forza trasmutatoria sarà più rapida e diretta. Con la pietra ridotta in polvere si ha la polvere di proiezione. Essa si presenta sotto forma di una polvere rossa brillante simile al rubino; gettandone una piccolissima parte nel crogiolo, sul metallo fuso si possono effettuare, come scrive Trismosino, trasformazioni meravigliose (v. Tintura del Leone Rosso). E’ la conquista di un potere spirituale che trasmuta altre nature nelle propria natura: accendendo in sé questa fiamma, si possono accendere altre fiamme.

(1) Due coppie di simboli importantissimi giustificherebbero tale ipotesi: il cuore fiammeggiante di Cristo e la figura dell’Androgine, simbolo per eccellenza della “coniuctio oppositorum” alchemica, che sovrasta l’arco del portale; e il sigillo del pentagramma sullo stipite sinistro, cui corrisponde, sullo stipite destro, il monogramma di Cristo, composto da due palme incrociate su una “ro”. Tutto l’iter alchemico è indicato da un mercurio alato nell’angolo sinistro del bassorilievo con il .

(2) Limojon de Saint Dedier, Il Trionfo ermetico, a cura di M. Barracano, Ediz. Medit. Roma, 1974, p. 108

(3) I quattro elementi nell’uomo si riscontrano in modo spicciolo in alcune frasi come: mi sento a terra, mi squaglio, m’infiammo, mi sento leggero come l’aria.

(4) F.M. Santinelli, Sonetti alchemici, a cura di A.M. Partini, Roma, Ediz. Medit., p. 46

(5) Seme o Zolfo dei metalli è il potere di organizzazione e individuazione; cioè la potenza che da forma e vita e che può essere ridestata e dominata dall’Arte divenendo “magico fuoco filosofale”.

(6) F.M. Santinelli, Carlo V
Così nascon quaggiù metalli vari
Benché da un seme sol vengano tutti
Secondo i vasi crassi o spessi o rari
E Piombo e Stagno e Rame escon produtti…………

(7) Mercurio: l’anima delle cose, la forza fluidica.
Zolfo: principio attivo di individuazione, il quale come corpo ha fissato e organizzato un certo quantum di energie cosmiche. Queste due forze sono precipitate nel corpo e per liberarle bisogna scioglierlo per poi vivificarlo e fissarlo. Allora il corpo cessa di essere materia e inconscio e si fa “pietra filosofale”, corpo incorruttibile.

Fonte: www.simmetria.org

Considerazioni su Lost

Voglio condividere con tutti voi le mie considerazioni finali su quel grande capolavoro televisivo che è Lost, che giudico la migliore serie TV di ogni tempo. Un concentrato di filosofia, religione e simbolismo davvero impressionante, sul quale si snodano le indimenticabili storie dei protagonisti. Il senso della ragione di Jack, la fede di Locke, i loro memorabili scontri sulle decisioni da prendere, gli incredibili deja vu del misterioso Desmond, l’arte manipolatrice di Ben e il suo rapporto ambiguo con Locke, il ruolo oscuro di Richard, le macchinazioni sofisticate di Faraday, il misterioso Progetto Dharma.

Credo che il tema principale sul quale si snoda tutta la trama sia lo scontro tra destino e libero arbitrio. Ritengo che alla fine non abbia vinto nessuno, o meglio, hanno vinto entrambi. Perchè è proprio col libero arbitrio che noi realizziamo il nostro destino.
Jack non ha salvato l’Isola perchè era destinato a farlo, ma ha salvato l’Isola perchè ha scelto di essere destinato a farlo, infatti Jacob non ha mai imposto nulla, dando a chiunque una libertà di scelta. Già a Ben era stato affidato questo compito ma è diventato indegno perchè ha sfruttato questo ruolo per acquisire potere e manipolare la gente. E inoltre, senza saperlo, faceva il gioco di Smokey, il fratello-nemesi di Jacob, che lo ha usato per uccidere John Locke e assumere le sue sembianze, facendo credere così che il nuovo leader del gruppo era “resuscitato” miracolosamente. Sotto le spoglie di Locke, Smokey si serve di Ben per portare a termine il suo piano: uccidere Jacob e distruggere l’Isola. Per far questo deve convincerlo che Jacob gli aveva raccontato un mucchio di balle e che non c’era nessuna Isola da dover proteggere. Alla fine infatti Ben viene manipolato, e ciò accade proprio perchè lui non aveva mai scelto liberamente di proteggere l’Isola, perchè se avesse sentito nel profondo l’importanza di questo lavoro mai nessuno avrebbe potuto manipolarlo per convincerlo del contrario.

In sostanza Ben credeva di dover proteggere l’Isola per volere di qualcuno, per cui si vede crollare tutte le sue certezze quando si rende conto che sarebbe stato libero di poter scegliere. Per questo è stato manipolato. Evidentemente durante il suo mandato Ben non era mai stato veramente in contatto con Jacob, credeva di ricevere i suoi ordini ma in realtà era proprio Smokey, il fumo nero, che lo comandava. Jacob infatti non avrebbe mai dato ordini, del resto vediamo che non interferisce mai nelle vicende umane. Porta la gente sull’Isola per farle capire che sono lì per una ragione e che hanno una missione fondamentale da portare a termine, ma si astiene dal dare suggerimenti su come procedere perché vuole che ognuno lo capisca da sé. Siamo noi a dover scegliere e comprendere l’importanza di questo lavoro, ma questo Ben non l’ha mai capito perchè ha sempre creduto di dover rispondere a qualcuno. E questo qualcuno non era Jacob, ma il mostro di fumo, che lo ha portato a sbagliare.

Jack invece usa il libero arbitrio, capisce il senso del vero rapporto con Jacob, capisce che l’Isola è un’opportunità di riscatto dalle miserie di un’esistenza, e che proteggerla vuol dire bloccare il propagarsi del Male. Di conseguenza, fa la sua scelta. La scelta di salvare e proteggere l’Isola. Come dire, per essere guardiani della Luce non dobbiamo aspettarci di ricevere ordini da qualcuno e contare sulla nostra predestinazione. Non sarebbe nessuna prova di forza o di coraggio. Può proteggere la Luce soltanto chi opera una libera scelta perchè è da soli che dobbiamo essere in grado di discernere il Bene dal Male, e solo questo percorso può realmente arrecarci quella consapevolezza necessaria per ricoprire questo ruolo. Anche a costo di sacrificarci.

Il sacrificio di Jack infatti è l’unica speranza per salvare l’Isola, che poi sarà protetta da Hurley il quale diventerà così il successore di Jacob. E ad affiancare Hurley ci sarà proprio Ben che comprende i suoi errori e coglie questa opportunità di riscatto, perchè in fondo in lui c’è del buono. Tuttavia il suo karman non è stato espiato completamente, infatti nella scena conclusiva della serie Ben rimane fuori dalla chiesa perchè evidentemente non è ancora pronto. Così come Michael che non compare affatto nella realtà “virtuale”, segno che è stato trattenuto dall’Isola a causa di quello che ha fatto. L’Isola quindi ci trascina in un limbo e ci mette alla prova, e se non superiamo queste prove non ci permette di andare oltre.

C’è un altro fatto molto interessante. Avete notato come muore Jack? Con una ferita nel costato, proprio come Gesù. Mi pare ovvio, è lui quello che si sacrifica per salvare l’Isola proprio come Gesù ha sacrificato sé stesso per salvare le Scintille di Luce intrappolate nel mondo. L’Isola infatti contiene al suo interno una sorgente di Luce che non deve mai essere spenta altrimenti il Male imperverserà sulla terra e distruggerà tutto. E il mostro di fumo vuole appunto impadronirsi di questa Luce per diffondersi e seminare distruzione ovunque. E’ necessario quindi che l’Isola sia protetta da qualcuno che decida consapevolmente di ricoprire questo ruolo, anche a costo di sacrificarsi. Chi assolve questo compito diventa allora il protettore della Luce, del Fuoco Sacro. Ergo: un Cristo.

In sostanza l’Isola è una possibilità di salvezza, di riscatto, che Jacob dà ai candidati presenti sul volo 815. Tutti erano stati portati lì per una ragione. Le loro vite di prima infatti erano a pezzi e conducevano tutti una squallida e patetica esistenza, senza qualcosa che desse un senso alla propria vita, ma l’Isola dà loro l’opportunità finalmente di trovare uno scopo e di impegnarsi in una missione piu’ grande. La ricerca della Verità. Qui i personaggi vengono sottoposti a prove durissime, affrontano finalmente i propri demoni e possono manifestare pienamente le loro potenzialità. Cominciano a chiedersi chi sono realmente e qual è il senso della loro vita, in breve sono spinti a cercare e capiscono che hanno l’opportunità di cambiare il loro destino. Attraverso questo cammino di redenzione avranno la possibilità di espiare il Karman accumulato nella vita precedente e cogliere questa occasione di riscatto per accedere ad una dimensione più profonda dell’esistenza. Qualcuno ci riuscirà, qualcuno no.

Stiamo parlando proprio di quell’occasione di riscatto che Cristo ha concesso alle anime per liberarle dalla prigionia del mondo e condurle alla salvezza, addossandosi tutto il karman dell’umanità. Si badi bene. Non la salvezza. Una chance di salvezza. Siamo noi che dobbiamo scegliere di voler stare da una parte o dall’altra. L’Isola ha dunque una funzione cristica, redentrice, ci strappa alla vecchia e inutile vita per condurci nel luogo dello Spirito ove potremo attuare pienamente la potenzialità divina del nostro essere. E’ interessante notare poi che il padre di Jack si chiama Christian=Cristo. E’ lui infatti che nel finale apre le porte ai candidati per farli uscire dalla realtà illusoria in cui si trovavano e condurli nel Mondo Reale, conquistato faticosamente grazie al sacrificio di Jack. Abbiamo quindi il Figlio che ritorna dal Padre, dopo aver completato la sua missione: l’evento finale che prepara l’ingresso alle anime nel Regno della Luce.

Tutto il resto, come il Progetto Dharma, le botole, il pulsante, la chiave di sicurezza, il punto interrogativo, i numeri maledetti, i geroglifici nel bunker, i viaggi nel tempo, sono solo un contorno per rendere la trama più avvincente, ma bisogna andare oltre la semplice concatenazione degli eventi per cogliere il messaggio subliminale che ne sta alla base. Ciò che realmente conta è il potere spirituale dell’Isola che fornisce una possibilità di riscatto a chiunque è in grado di cogliere questa immensa opportunità che ci viene concessa. Dobbiamo farci una ragione della nostra squallida, patetica e inutile vita e scegliere di rinunciarvi per impegnarci in una missione più grande.

C’è chi dice che erano tutti morti già dall’inizio, lo fa intendere Jack proprio nei primi episodi quando dice “siamo tutti morti tre giorni fa”. Da un punto di vista iniziatico effettivamente è così. Quando una persona viene portata sull’Isola il suo passato non conta più, non importa chi era, che cosa faceva, è ormai morta alla vecchia vita. E’ sull’Isola che i personaggi iniziano a vivere veramente, affrontano finalmente i propri demoni e iniziano il loro personale viaggio alla ricerca della Verità. Ricordiamo cosa dice John Locke a Shannon: “Tutti hanno una nuova vita su quest’Isola. Forse è ora che la inizi anche tu.”

C’è da dire inoltre che la rivelazione finale sulla verità dell’Isola non è stata così totale ed esplicita perchè in realtà Lost ci lascia con pochissime verità e tantissime domande. Ma proprio per questo lo ritengo un capolavoro. Per come è strutturato da ad ognuno di noi la possibilità di dare la sua interpretazione dei fatti e costruirsi una sua personale verità sulla base di quanto narrato nel corso nella storia. Il finale è aperto perchè molte cose comunque non vengono chiarite del tutto. Non so voi, ma nel corso delle puntate ho sempre avuto difficoltà a capire chi stesse dicendo veramente la verità, chi aveva ragione e chi aveva torto, chi erano i buoni e chi i cattivi, e il dubbio permane anche rivedendomi le puntate. Alla fine viene spiegato perchè erano stati portati lì ma i misteri dell’Isola non vengono mai veramente svelati. Il pulsante? La chiave di sicurezza? Il punto interrogativo? I geroglifici nel bunker? A che servivano veramente? Che ruolo avevano all’interno del piano di Jacob? Domande che resteranno insolute, ma che consentono allo spettatore di avere un ruolo attivo nella trama perchè alla fine ognuno di noi sarà libero di trovare le sue risposte e stabilire un suo personale rapporto con l’Isola e quanto contiene.

La grandiosità di Lost a mio avviso è che lo spettatore partecipa egli stesso alla storia e indaga i misteri dell’Isola proprio come fanno i personaggi. La situazione di disorientamento e smarrimento che Jack, Kate e gli altri provano una volta arrivati sull’Isola è la stessa che provi tu davanti allo schermo, le domande che si pongono sui misteri dell’Isola sono le stesse che ti stai ponendo tu, i dubbi che nutrono verso gli altri abitanti sono gli stessi che stai avendo tu, la loro sete di verità per cercare di capire cosa sta succedendo è anche la tua. E, così come loro, anche tu apri botole, ti poni il dubbio di cosa possa succedere se quel pulsante non viene premuto, ti chiedi se c’è una ragione specifica per la quale sei stato portato lì, e sei tu stesso a confrontarti con l’enigma dell’Isola. Non c’è separazione tra te e i personaggi. Loro sono smarriti come lo sei tu e la loro ricerca della verità è anche la tua. Partecipi alle loro vite, e alla fine anch’io, come loro, desideravo ritornare sull’Isola perchè su questo mondo non c’era nulla per cui valesse la pena di restare. Proprio per questo il feeling che si stabilisce con i personaggi è unico, sono una parte di te e ne avverti la mancanza una volta terminata la storia.

Lost è stato l’unico prodotto televisivo e cinematografico che mi ha provocato emozioni da brividi tali da farmi piangere in determinati momenti della storia. E questo mi basta per giudicarlo un capolavoro.

Destino o libero arbitrio?

Esiste un destino che muove completamente i fili della nostra vita programmando tutte le tappe del nostro percorso esistenziale, o invece siamo noi a scegliere per mezzo del libero arbitrio?

E’ estremamente difficile rispondere a questo interrogativo, alla fine credo che ognuno di noi arriverà ad una sua forma di verità sulla base delle proprie esperienze di vita personali. In ogni caso penso che i due punti di vista precedentemente accennati non siano in realtà contrastanti, ma che si completino a vicenda, l’uno implica l’altro.

Ritengo che effettivamente un destino esista, o meglio, tutti nasciamo sotto il segno di un destino che ci segna e ci programma per la vita in società. Ma questo è un destino che ci conduce alla schiavitù, al servilismo, a fare ciò che gli altri vogliono che noi facciamo. Le sovrastrutture, le abitudini, le convenzioni sociali, i luoghi comuni, sono il sistema attraverso il quale ci asserviamo al mondo e rinunciamo a liberare le nostre potenzialità. Finchè permaneremo in questo stato non saremo mai liberi, ma solo pedine su una scacchiera inconsapevoli dei giocatori che comandano le nostre vite. Noi crediamo di agire per conto nostro, ma in realtà facciamo solo il gioco di forze più grandi che ci governano e pianificano il corso degli eventi a loro piacimento. Questa è Matrix, il triste destino degli uomini deboli che non ricercano il senso ultimo delle cose e che non vogliono migliorarsi.

Qualcuno però riesce a liberarsene. Esiste a mio parere, infatti, la Volontà Superiore del Padre che può aiutarci a sfuggire dalle catene del destino inferiore, fornendoci di volta in volta tutto quello di cui abbiamo bisogno al posto giusto e al momento giusto per poterci guidare verso la liberazione. Ci vengono lanciati segni, istruzioni, e noi dobbiamo essere abili a coglierli se vogliamo realmente risvegliarci. Ma quest’aiuto divino non si mette in moto da solo, è necessario cercarlo e desiderarlo con tutte le nostre forze, anche a costo di sacrificarci, altrimenti non verrà mai a soccorrerci. E qui entra in gioco la forza di volontà, l’energia mentale. Attraverso la profondità e la potenza vibrazionale dei nostri pensieri noi possiamo veramente scrivere il nostro destino e creare la nostra realtà.

Bisogna capire che noi giochiamo un ruolo fondamentale nello scrivere il nostro destino, e che starcene seduti con le mani in mano ad accettare ogni situazione perché “era destino che accadesse” non ci porterà a nulla di positivo, anzi, ci farà precipitare nella rassegnazione e in uno stato di totale rinuncia di volontà. Alcuni diranno: Quello che è successo è successo. E’ accaduto così perchè così doveva accadere. In realtà non vogliono assumersi la responsabilità delle loro scelte sbagliate e così incolpano il destino. Davvero molto comodo fare affidamento sempre sulla presenza di un destino che giustifica ogni nostra azione, così infatti non siamo mai responsabili di niente.
Tutti gli eventi che si verificano nella nostra vita non vanno accettati passivamente, bisogna avere la capacità di capire quali possono essere quelle situazioni dannose per la nostra evoluzione spirituale ed avere il coraggio di cambiarle perché tutto può essere modificato, dipende solo da noi. Nell’equazione arcontica che pianifica le regole di questo mondo, noi siamo le variabili che possono scegliere di sganciarsi dal programma e cambiare il corso della loro vita. Se cerchiamo di migliorarci, se incominciamo a “scegliere di fare o non fare qualcosa”, allora il Destino Superiore ci verrà in soccorso perché Lui vede tutto, è sempre presente, sa che cosa noi realmente desideriamo nel profondo e ci darà quello di cui abbiamo bisogno. Tutto però dipende da noi, se non lo cerchiamo Lui non verrà. Esiste quindi un Destino però siamo noi a metterlo in moto e a crearlo in base a come interagiamo con la realtà, così ognuno avrà il destino che avrà scelto di avere.

Talvolta possono verificarsi delle situazioni in cui la Volontà del Padre il si comporta in modo apparentemente strano. Spesso accade che una persona faccia degli sforzi in una certa direzione, ma poi si accorge della presenza di forze superiori alle proprie che cercano di portarlo da un’altra parte. A questo punto si incomincia a maledire, a imprecare contro un destino che sembra crudele perché non ti dà quello che tu desideri. Ritengo che questi eventi rispecchino un modo di agire del Super-Destino, il quale molte volte opera in maniera apparentemente incomprensibile ai nostri sensi, ma è sempre finalizzato ad aiutarci.

Quando facciamo una richiesta all’alto affinché arrivi un cambiamento, non è detto che la risposta sia immediata o che quello che abbiamo richiesto arrivi subito come noi lo desideriamo. E’ necessario aspettare. Magari adesso non riusciamo a comprendere il perché di una certa situazione, ma ci sarà chiaro in seguito. Il Logos agisce a lungo termine, bisogna aspettare e passare attraverso tutta una serie di tappe intermedie spesso molto dure e faticose. E’ la fase in cui siamo messi alla prova, in cui viene testata la nostra fede. Infatti, nel momento in cui scegliamo di intraprendere un certo percorso, ma tutta una serie di eventi ci impedisce di realizzarlo per ora, dobbiamo continuare a credere in questa possibilità. Ci è richiesto un atto di fede. Questo è il test per vedere se siamo degni o meno di ricevere quell’aiuto.

Possiamo quindi distinguere due destini.

Un Destino Inferiore, cioè quello che ci viene assegnato alla nascita e che ci rende schiavi della società. Finchè rinunciamo a scegliere di voler cambiare le cose dormiremo sonni profondi e mai si apriranno a noi le porte della Verità. C’è poi un Destino Superiore che viene in aiuto a quanti operano tale scelta e cercano di migliorarsi. Ma deve essere desiderato intensamente per poter essere messo in atto, e soprattutto bisogna credere nella possibilità che possa guidarci lungo il cammino. Trascinati dalla corrente divina del Padre, riusciremo a liberarci dalla gabbia del Destino Inferiore e diventare finalmente creatori della nostra realtà. Non ci sono persone destinate a farlo, ma persone che hanno scelto di essere destinate a farlo.

E’ attraverso il libero arbitrio che noi scriviamo il nostro destino.

Diventare Jedi

di Khayel

INIZIO DI SAPIENZA E’ IL TIMOR DI DIO.
La paura, l’umiltà, la sottomissione, la pazienza, l’impegno, il distacco.
In STAR WARS V – L’IMPERO COLPISCE ANCORA c’è un dialogo illuminante fra Yoda, Obi Wan Kenobi e Luke su come diventare un JEDI.
L’ho trascritto parola per parola dal film e lo conosco a memoria.
Ma divenire un JEDI non è facile per niente!

Y: Perchè diventare vuoi Jedi?

L: Sopratutto per via di mio padre…

Y: Padre…potente Jedi era lui…potente Jedi…

L: Ah…andiamo cosa ne sai di mio padre? Non sai neppure chi sono io…non so neppure cosa ci faccio io qui…STO PERDENDO TEMPO…

Y: Ah…NON POSSO ISTRUIRLO IL RAGAZZO, NON HA PAZIENZA…

O: IMPARERA’ LA PAZIENZA…

L: Yoda???

Y: MOLTA RABBIA IN LUI…come suo padre…

O: ERO DIVERSO IO QUANDO TU MI INSEGNASTI?

Y: Lui non è PRONTO…

L: Io…io…sono pronto…io…Ben…io posso essere un Jedi…Ben…digli che sono pronto…

Y: PRONTO SEI TU? CHE NE SAI TU DI PRONTO? PER 800 ANNI HO ISTRUITO IO JEDI…ED IL MIO GIUDIZIO DARO’ IO SU CHI ISTRUITO DEVE ESSERE. Un Jedi deve avere PROFONDISSIMO IMPEGNO, SERISSIMA MENTE. Questo qui per lungo tempo ho osservato. Durante tutta la sua vita lui guardato lontano, al futuro, all’orizzonte; MAI LA SUA MENTE SU DOVE LUI ERA, SU COSA FACEVA. AVVENTURA. PUAH! EMOZIONI. PUAH! UN JEDI QUESTE COSE NON AMBISCE! TU SEI AVVENTATO!

O: LO ERO ANCH’IO…SE RICORDI…

Y: E’ troppo vecchio…si …troppo vecchio per iniziare l’istruzione…

L: Ma ho già imparato molto…

Y: Finirà ciò che lui comincia?

L: Non tradirò la tua fiducia…IO NON HO PAURA

Y: TU L’AVRAI…TU L’AVRAI…

Messaggio subliminale

Guardate attentamente l’immagine. Se ingrandite bene, nel pannello sul retro  della statua di Mitra riuscirete a leggere sacrifice-sacrificio. E poi, cosa incredibile, qual è il numero associato al pannello? Il numero 33!!! La combinazione tra Mitra, Sacrificio e 33 non è per niente casuale, questo è chiaramente un messaggio subliminale che deve essere colto. Mitra è chiaramente il Cristo!!! Mitra, Horus, Oannes…sono sempre la manifestazione dello stesso archetipo: il Logos che risveglia l’uomo dal sonno e lo riporta al suo stato edenico originario.

La Vita gettata nel mondo

Nella Pistis Sophia Gesù spiega bene ai suoi discepoli come sia disceso segretamente nel mondo attraversando in incognito Arconti, Sfere, Eoni. Entrato nella Sub-Creazione, ha immesso una Forza in particolari individui destinati a portare a termine la sua missione di salvezza dal dominio arcontico. Gesù informa i discepoli che le loro anime hanno ricevuto questa Forza da Lui, così come Giovanni Battista, e tutto questo si è verificato prima che fossero concepiti dalle rispettive madri biologiche. Gesù rivela poi che tutte le altre anime del mondo che non hanno ricevuto tale informazione sono anime di Arconti, mentre le loro sono anime della Luce che si trovano in questa dimensione ma non appartengono ad essa. Sono nel mondo ma non del mondo. E gli Arconti, pensando che tali anime fossero anime di Arconti, le hanno ugualmente gettate nei corpi come tutte le altre, ignorando la Verità.

Sembra allora che gli Arconti non sappiano della presenza delle Scintille nelle anime che gettano nel mondo, come spiega chiaramente Gesù nella Pistis Sophia. Dice di aver dovuto nascondere la Scintilla-Forza all’interno dell’anima per fare in modo che non fosse riconosciuta dagli Arconti, altrimenti non l’avrebbero gettata nel corpo fisico. Quindi, da qui deduco che gli Arconti pensano di possedere esclusivamente anime di loro fabbricazione, ignari della presenza di Scintille nella loro creazione. In tal caso allora la funzione delle Scintille sarebbe quella di operare in clandestinità per far collassare il sistema dall’interno, ma ignoro in che modo.

D’altro canto, se così fosse, non avrebbe più senso la caduta della Luce nel mondo perchè gli Arconti non ruberebbero nessuna Scintilla, anzi, sarebbero le Scintille a discendere di proposito in questo piano. E se gli Arconti non sanno che alcune anime possiedono la Luce Primordiale, perchè dovrebbero spegnere le loro coscienze? Perchè far bere loro un calice dell’oblio se non c’è nessuna origine divina da dover dimenticare? E che senso avrebbe poi lo spirito di opposizione se non c’è nessun avversario contro cui dover combattere?

Però allo stesso tempo sarebbero fessi a rinchiudere in una gabbia delle creature che possiedono la chiave per liberarsi.

Probabilmente la Verità sta nel mezzo…

Gli Arconti attingono anime dal loro serbatoio astrale nel quale però sono immerse anche le Scintille di Luce dell’Uomo Primordiale decaduto e trascinato nella creazione arcontica. Quindi sarebbero consapevoli di aver rubato al Padre la Luce Purificata. Evidentemente, per trattenere le Scintille e sfruttarle come fonte di energia hanno bisogno di condensarla in una pasta astrale e poi richiuderla in un corpo fisico, e da qui potrebbero nascere le anime degli pneumatici, la loro riserva di energia. Per controllarle, immettono questo spirito di opposizione che le vincola ai piaceri del mondo. Allo stesso tempo, però, creano anche altre anime dotate di sola pasta astrale e non di Luce, che probabilmente vanno a svolgere una funzione di comparse nella loro creazione per impedire il risveglio delle Scintille. Proprio come accade nei videogiochi dove puntualmente vengono introdotti dei personaggi-mostri che hanno il compito di bloccare l’accesso ad un livello del gioco.
Se dunque gli Arconti sono consapevoli di aver scaraventato Luce nella loro creazione, perchè gli dovrebbe essere nascosta la natura divina di un’anima che stanno per gettare in un corpo?

Credo allora che qui risieda la funzione del Cristo. La necessità di nascondere la Scintilla non riguarderebbe le anime degli pneumatici che gli Arconti si preparano a scaraventare nel mondo, perchè Essi sarebbero perfettamente consapevoli di tutto ciò. E’ il Logos invece che ha bisogno di nascondersi per discendere nel mondo degli Arconti perchè è Lui la minaccia per la stabilità del loro Regno. Le Scintille disperse nel mondo probabilmente da sole non sarebbero in grado di uscire dal mondo e ricomporre l’Uomo Primordiale, c’è bisogno di una unità esterna che faccia da attivatore per questo processo. E il discorso del virus ritorna di nuovo in campo. Deve essere così che funziona. Evidentemente prima della venuta del Cristo non c’era nessuna possibilità di aprirsi il varco verso il Regno della Luce e solo con la Sua Missione è stato possibile ricevere le chiavi per la salvezza. Ecco probabilmente perchè c’era la necessità di nascondere questa Forza che doveva essere miriadi di volte più splendente di tutte le altre…

Anzi, se il Logos non fosse stato inviato dal Padre, gli Arconti avrebbero incatenato a vita le Scintille alla legge del Karman condannandole ad un ciclo infinito di morti e rinascite, precludendole definitivamente la Via del Ritorno. Senza la venuta del Cristo, tutta l’umanità sarebbe sprofondata nel sonno senza alcuna possibilità di salvezza. Ma Lui si è addossato tutto il Karman del mondo proprio per darci la possibilità di lavorare su noi stessi affinchè potessimo recuperare le nostre origini divine. Questa proroga scadrà prima o poi, forse sta per scadere, e chi non avrà compiuto l’Opera in tempo troverà le porte sbarrate.

Ecco perchè era necessario nascondere la Forza immessa nell’anima di Gesù ed in tutte in quelle anime che facevano parte della missione segreta della Luce (discepoli, Giovanni Battista, ecc.).

Il DNA divino

Il DNA è una molecola costituita da 4 basi diverse che si ripetono secondo una certa sequenza. Tuttavia, solo il 2% circa dell’intera molecola contiene i geni, ossia quelle sequenze di basi che codificano per le proteine e che specificano le caratteristiche di ogni organismo.

Possiamo pensare il DNA come l’hardware di un computer, il serbatoio di informazioni, la banca dati, mentre le proteine sono il software, il sistema operativo, ossia lo strumento che ci permette di utilizzare questa informazione. Così come noi utilizziamo Windows per richiamare tutte le informazioni del PC contenute nell’hardware, allo stesso modo le proteine utilizzano i dati del DNA per costruire un organismo con tutte le sue caratteristiche.

L’informazione genetica di un organismo, il suo genoma, risiede dunque nei geni, ossia in quelle sequenze di basi che codificano proteine. Ma, come dicevo precedentemente, questo è solo il 2% circa dell’intera sequenza di basi del DNA. Tutto il restante 98% sembra essere vuoto, dal momento che non sono stati identificati geni, e non si capisce quale funzione abbia. Per questo è stato chiamato junk DNA o DNA spazzatura.
Mi risulta difficile però pensare che solo il 2% della molecola abbia una funzione e il restante 98% non serva a niente. Se c’è evidentemente una funzione ce l’avrà. Forse questo 2% serve a specificare le caratteristiche visibili di un organismo ma tutto il resto potrebbe essere associato ad eventuali potenzialità insite in noi ancora inesplorate. Magari, sotto particolari condizioni, queste sequenze mute inizieranno a parlare e riconquisteremo quel potenziale prima solo latente.

Ora mi chiedo…e se quel DNA fosse stato “spento” di proposito da chi non vuole che sprigioniamo certe potenzialità? Una manovra arcontica? Può darsi che nel DNA si trovi racchiusa tutta l’informazione pleromatica delle anime della Luce e gli Arconti, conoscendo il potenziale, ne hanno oscurato la maggior parte per impedirci di attuare questa potenzialità. Così hanno lasciato parlare solo il 2% della molecola che evidentemente ci mantiene al livello della Nephesh, l’anima carnale, quanto basta per rispondere ai bisogni vitali dell’esistenza e nulla più.

Può darsi allora che il processo alchemico di trasmutazione sia finalizzato al risveglio di quelle sequenze mute per attuare il DNA divino dell’uomo pneumatico che, avendo recuperato l’informazione dimenticata, potrà sprigionare il potenziale divino-Luz e riconnettersi alla dimensione pleromatica.

Genesi

Condivido pienamente la dissertazione di Chiara sul tema della Genesi, anche se restano ancora molti interrogativi e questioni insolute.

Ho cominciato a riflettere su questo punto quando mi sono trovato a confrontare il mito della creazione gnostica con quello giudaico dell’Antico Testamento. Personalmente, la questione della Genesi non mi è per niente chiara, anzi, più la leggo e meno ci capisco, ci sono troppi elementi contrastanti da entrambi i lati. Non si capisce il YHWH di Genesi chi effettivamente sia, se l’Altissimo o il Demiurgo.

Se si tratta dell’Altissimo El Elyon, come dice la Genesi ebraica, perchè allora crea i cieli e la terra? La creazione del firmamento e di tutto il mondo fisico è di pertinenza del Demiurgo, non dell’Altissimo che si trova al di là di questa creazione.

Poi viene detto che plasma l’uomo dalla polvere e insuffla in lui lo spirito vitale. Ma questa non è la tipica azione del Demiurgo mediante la quale conferisce vita agli esseri del mondo? Gli Arconti plasmano le anime con la loro materia astrale e poi immettono l’anima carnale per dare vita biologica al corpo.

E perchè poi addormenta Adamo per estrarre da lui la donna? E’ il Demiurgo che fa sprofondare Adamo nel torpore e lo polarizza come elemento maschile distruggendo l’Androginia Primordiale.

E perchè, dopo che Adamo ed Eva mangiano del frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, si adira dicendo: “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi, per la conoscenza del Bene e del Male”? Per quale motivo la conoscenza del Bene e del Male dovrebbe far adirare il Vero Dio? Che minaccia potrebbe essere per l’Ineffabile? A meno che non si tratti del Demiurgo che deve nascondere all’uomo la verità sull’inganno di questo mondo.

E infine, perchè inserisce delle tuniche di pelle prima di scaraventare Adamo ed Eva nel mondo?

Insomma, tutti questi elementi mi fanno venire il forte dubbio che nella Genesi si parli della Creazione Arcontica del Demiurgo, come sostengono i racconti gnostici della creazione ma…

…se veramente l’Albero della Conoscenza del Bene e del Male è l’Albero della Gnosi che il Demiurgo vieta all’uomo per non fargli acquisire consapevolezza, che senso ha parlare di peccato? Peccato verso chi? Non certo verso Dio perchè in tal caso l’uomo si sarebbe ribellato all’incantesimo del Demiurgo per conoscere la Verità che gli è stata nascosta, col serpente che rappresenterebbe il Cristo.

Ma se allora è stato Cristo a spingere l’uomo verso l’Albero del Bene e del Male, come è possibile che poi il Demiurgo si riappropri di nuovo dell’uomo scaraventandolo nel mondo fisico immerso in una tunica di pelle, inebriato dal calice dell’oblio? E come è possibile che il Demiurgo riesca a sottomettere il Serpente-Cristo condannandolo a strisciare per terra e mangiare polvere per tutti i giorni della sua vita?

Non so, questo racconto della Genesi mi sembra tutta un’accozzaglia di elementi sparsi buttati qua e là senza un minimo di coerenza. C’è davvero da uscire pazzi. Secondo me la trattazione della Genesi presente sia nella Bibbia che in certi gnosticismi è decisamente corrotta perchè mi sembra che nè gli uni nè gli altri avessero le idee molto chiare sull’argomento. Personalmente, propendo per la versione gnostica che traspare dal racconto della Pistis Sophia che secondo me esprime in maniera decisamente più efficace il processo di caduta dell’Adamo Primordiale.

La questione è comunque aperta. Che ciascuno tragga le proprie conclusioni.

Adamo ed Eva

di Chiara Rovigatti

Sulla inesauribile disputa se YHWH della Genesi sia il Padre Inconoscibile oppure lo gnostico Grande Arconte, desidero esprimere un personale ragionamento che non oso chiamare intuizione.

Adamo ed Eva sono già espressione della scissione dell’Adam Qadmon in quanto mostrano già che è avvenuta la separazione fra il maschile ed il femminile. L’Uomo Primordiale della prima Creazione, androgino in essenza, è già decaduto e scisso nell’intimo ed il suo DNA (ADN/Eden) ha sigillato, in quello che viene definito il DNA Spazzatura, la sua principale caratteristica immortale: l’androginia. E’ un occultamento opportuno perché, quello che ora si è trasformato in Adamo ed Eva, non è più degno né di essere chiamato Figlio della Luce né di sopportare l’enorme vibrazione che tale stato comporta.

Il Padre Inconoscibile è perfetto e come tale non può che autogenerare perfezione: Adamo ed Eva non sono perfetti e quindi non possono essere frutto di autogenerazione divina. Chi è allora il loro creatore? Chi è colui che ha occultato in loro la divinità primordiale? Che cos’è l’Albero del Bene e del Male del quale è loro proibito mangiare i frutti? Incominciamo da quest’ultimo, dall’albero.

Di solito si proibisce qualcosa perché si vuole proibire a qualcuno, che si reputa indegno di sapere, qualcosa, oppure perché non si vuole che qualcuno sappia quale sia in realtà il suo vero stato e lo si vuole lasciare nella completa ignoranza affinchè non possa porre rimedio ad una situazione di pericolo.

Nel caso di Adamo ed Eva direi che si tratti di quest’ultimo caso.

Il bene ed il male sono espressione di dualità che, a sua volta, costituisce la base della realtà fenomenica: la nostra, proprio lo stato di noi umani che siamo i discendenti di quella prima coppia edenica. Quindi, conoscere il bene e il male significa anche sapere che non facciamo più parte dell’Unità che è sempre Se stessa e mai altro da Sé.

Si dice che i nostri progenitori mangiarono la “famosa” mela dell’albero (Eva per prima): quella mela(tonina) che costituisce l’unico elemento alchemico per operare in noi l’autogenerazione della Grande Opera Alchemica: mangiando QUELLA mela(tonina) seppero automaticamente anche come essere in grado di ritornare all’Unità.

Chi mai, allora, poteva impedire la conoscenza di tale albero imponendo la conseguente proibizione di cibarsi dei suoi frutti? Non certo l’Ineffabile El Elyon che non può non amare tutto ciò che è parte di Sé, bensì il Grande Arconte, il Demiurgo che ha voluto separare il femminile dal maschile (la costola di Adamo da cui forgiò Eva) perché è il femminile che costituisce il lato creativo dell’Altissimo, quello Spirito Santo/Colomba simbolo del Logos creatore primigenio.

Ecco perché la vendetta finale nel Dies Irae sarà femminile: perché il potere creativo che è stato separato deve ricongiungersi a quello penetrante e inseminatore dato che è solo così che avviene LA nascita, la generazione. L’uomo (decaduto) non separi ciò che Dio ha unito e che è UNO in quanto è Tutto.

Quindi, personalmente, credo come gli gnostici che YHWH della Genesi biblica sia il Demiurgo. Del resto si sa bene come gli Arconti usino ed abusino dei Nomi divini appropriandosene creando così inesauribile confusione.

Gesù disse che non era venuto ad abolire la Torah da cui non deve essere sottratto neanche una iota (Lui disse uno Yod), ma che era venuto per completarla. Questa Sua asserzione ha ingenerato secondo me confusione perché i più pensano che intendesse dire che la Torah era perfetta e non abbisognava di alcuna correzione. Ed aveva ragione Gesù, però credo fermamente che Lui si riferisse alla Prima Creazione dell’Altissimo e non alla seconda (quella dell’Adamo fisico): vista in quest’ottica i tasselli dell’intera questione vanno al loro posto.

La struttura dell’anima secondo la Cabala

di Chiara Rovigatti

I cabalisti dicono che l’anima umana è composta principalmente da 3 parti:

  1. NEPHESH: è l’anima carnale, istintuale, concupiscibile-emotiva, quella della vita elementare del’uomo. E’ emanata dagli Arconti e ritorna a loro perchè fa parte della loro materia astrale (tra l’altro si può così capire come gli anima-li posseggano solo Nephesh). Ha sede nel fegato. Entra nel corpo al momento della sua formazione (embrione) e ne esce a putrefazione completa: è l’ultima a lasciare il corpo, il che è comprensibile visto che il suo supporto è unicamente carnale.
  2. RUACH: è il soffio, l’anelito, l’anima-sentimento vivente e fluttua tra l’anima divina (Neshamah) e quella corporale arcontica (Nephesh). Ha sede nel cuore. Entra nel corpo al momento del primo respiro (nascita) e ne esce (dalla bocca) con l’ultima espirazione: è la seconda a lasciare il corpo. Questo fa presupporre che la parvenza del divino entri in noi solo al momento della nascita il che innesca una discussione se l’aborto sia da considerare omicidio oppure no. Forse sì dal punto di visto unicamente fisico e no da quello divino.
  3. NESHAMAH: è l’anima spirituale. Entra nel corpo materiale per ultima al momento dell’età puberale e lo lascia di solito ancora prima del momento che viene definito da noi come morte. L’individualità umana può sussistere anche senza la presenza effettiva di Neshamah dato che per vivere il corpo ha unicamente bisogno di una Nephesh. Ha sede nel cervello e corrisponde in un certo modo al Terzo Occhio, alla Colomba dello Spirito Santo: è la prima a lasciare il corpo. E’ associata a Hokmah (Sapienza, Sophia) ed è la Paredra di Kether (l’Altissimo in noi). Faccio notare che in greco paredra significa “colei che siede accanto”.

Per ricapitolare, se la Neshamah è la Paredra di Kether (cioè lo Spirito Santo/Logos), ne deduco che sia anche il Luz. Infatti il Luz ha sede nel coccige che, a sua volta ha sede in Yesod/Fondamento. Dico questo perche l’anno scorso la mia Voce Interiore mi disse: IL FIGLIO E’ IN YESOD PERCHE’ IL FIGLIO E’ IL LUZ. Quindi, dato che il Figlio è il Cristo/Logos ne deduco una volta di più che Neshamah/Cristo-Logos/Luz siano la medesima Sostanza. Però, dato che il corpo può sussistere anche senza la presenza di Neshamah, mi viene da credere come sostenevano gli gnostici che non tutti gli uomini posseggano la Neshamah/Luz.

Al di là dei 3 livelli dell’anima c’è Kether, l’Altissimo.

C’è poi una questione interessante che merita di essere analizzata. Se Nephesh è l’anima carnale emanata dagli Arconti mentre Neshamah è l’anima spirituale sede della scintilla divina, da chi proviene la Ruach?

Mi sovviene che nella tradizione indù esiste il concetto di prana. Il prana è formato da scintille di energia intelligente, più sottile di quella atomica, che costituiscono la vita; il prana è un termine che Paramahansa Yogananda chiamava con la parola “lifetrons” (vitatroni) e in questa parola il concetto. Nella loro essenza, sono pensieri condensati di Dio, sostanza del mondo astrale e principio vitale del cosmo fisico.

Nel mondo fisico ci sono 2 tipi di prana:

  1. l’energia cosmica vibratoria onnipresente nell’universo che struttura e sostiene tutto;
  2. lo specifico prana o energia che pervade e sostiene il corpo umano.

Ora, si sa che il pranayama è il controllo cosciente del prana ed è la scienza yoga che è la via diretta per disinnestare coscientemente la mente dalle funzioni vitali e dalle percezioni sensorie che legano l’uomo alla coscienza sensoria del corpo. Il pranayama libera la coscienza dell’uomo perchè possa comunicare con Dio ed è il massimo metodo yoghico per raggiungere questa unione divina.

Perchè ho parlato del prana? Perchè, se la RUACH è l’anello di congiunzione fra Nehsmah e Nephesh, se ne deduce che funge da ponte fra le 2: la parte vicina a Neshamah è più spirituale, quella vicina a Nephesh è più materiale; voglio dire che Ruach viene influenzata da entrambe e, laddove Nephesh è pesantissima questa trascina a sè Ruach interrompendo così il contatto con il Luz/Neshamah.

Di conseguenza, se il prana è pensiero condensato di Dio e sostanza del mondo astrale (la terra di mezzo fra materia e Spirito), così è pure la Ruach: una terra di mezzo che può pendere da una o l’altra parte a seconda della qualità della forza che la traina. La Ruach proviene dal Padre, ma essendo suo pensiero condensato, è già sufficientemente pesante per correre il rischio di decadere del tutto.