Salmo dell’Anima naasseno

“Per la sua salvezza mandami, Padre.
In possesso dei sigilli io scenderò,
attraverso gli Eoni mi aprirò la via,
aprirò tutti i misteri,
renderò manifeste le forme degli dei,
i segreti della Via sacra,
conosciuti come Conoscenza,
io trasmetterò.”

(Salmo dell’Anima, naasseno)

Anche gli animali possiedono il Luz

di Chiara Rovigatti

Come ben sapevano gli gnostici la natura è mescolanza di Luce e Tenebre. Un passo del Vangelo di Maria infatti recita: “TUTTE LE NATURE, TUTTE LE FORMAZIONI, SUSSISTONO L’UNA NELL’ALTRA E L’UNA CON L’ALTRA, E SARANNO NUOVAMENTE DISSOLTE NELLE PROPRIE RADICI. POICHE’ LA NATURA DELLA MATERIA SI DISSOLVE SOLTANTO NELLE RADICI DELLA SUA NATURA”.

Cosa significa tutto ciò? Significa che siamo stati obbligati a vivere in una realtà dove tutto vi si trova mescolato: sia materia che Luce. Il nostro mondo si chiama dunque “miscela” e, ciò che è più prezioso (il Luz, la Scintilla Divina) è soffocata nel fango della fisicità, il che ci porta a considerare che tutto ciò che esiste (nature e formazioni) convive assieme contemporaneamente.

La parte finale del passo del Vangelo di Maria ci informa che, alla fine dei tempi, ogni tipo di materia si dissolverà in ragione della natura che la compone. Così la materia verrà distrutta e la Luce si riapproprierà del suo stato: le Scintille potranno ritornare a Casa, si reimmergeranno definitivamente nel Pleroma.

Caduta, mescolanza, separazione, fissazione. Cosa vi ricorda? I vari stadi della Grande Opera Alchemica.

Ciò che mi commuove sempre è quando mi accorgo che le varie Tradizioni si danno la mano, sono tutte unite dal medesimo filo conduttore espresso con le parole proprie ai popoli di cui sono ontologica eredità. La Verità si è frantumata ed equamente distribuita fra le varie Tradizioni, diventando così patrimonio dell’intera umanità. Basta fare molta attenzione, per rendersi conto che è solo il linguaggio che differisce. La sostanza no.

Infatti ora, per dimostrare quanto dianzi affermato, faccio un salto e mi richiamo alla Qabalah: la grande tradizione sapienziale ebraica.

La cosmogonia cabalistica ci parla di un evento fra i più importanti: LA ROTTURA DEI VASI. Questa espressione si riferisce ad una serie di eventi che causarono la distruzione dei mondi precedenti a quelli descritti in Genesi.

Quelli erano mondi fatti di Luce (il Pleroma gnostico?), ma di una Luce così pura data la loro vicinanza con la Sorgente tanto che furono distrutti (la Caduta?) per permettere la manifestazione nella molteplicità (la Sub-creazione arcontica?).

Qualunque ne sia stata la causa, il risultato che più ebbe impatto fu che parte della loro Luce si frantumò in Scintille che caddero nei piani vibrazionali inferiori (la caduta dell’Adam Kadmon?).

Conseguenza fu che queste Scintille si occultarono in ognuno dei regni della natura (naturata): l’umano, l’ANIMALE, il vegetale e il minerale.

Tanto più in basso si trovano come livello coscienziale, tanto più densi sono gli strati (i gusci) che le rivestono, obnubilando in loro la percezione della loro origine e trattandole come vero e proprio cibo energetico per la loro sussistenza (dei gusci).

Quanto precede è fondamentale adesso per capire perchè S. Francesco chiamasse gli animali “i nostri fratelli inferiori”. Come si è visto, anche gli animali, come noi, possiedono degli archetipi di natura ontologica, ma il loro stato di occultamento permette loro unicamente la coscienza dei modelli che riguardano la sfera fisica e animica (cioè i sentimenti), ma non quella spirituale non avendo gli animali coscienza di averne una. Ecco perchè quello che risalta in loro è l’anima carnale, la Nephesh. Quello che manca è quel salto qualitativo dal passivo all’attivo: la presa di coscienza individuale; ma questo non significa che non possiedano la Scintilla anche loro, solo che è più nascosta della nostra, ma molto meno di quello che non sia quella posseduta da minerali e vegetali.

E’ una scala gerarchica dal minerale all’uomo coi suoi vari livelli intermedi, ma in ogni essere esiste la Luce Pleromatica.

L’opera degli Arconti è un’opera di velamento totale, e il processo alchemico di purificazione che in noi è cosciente perchè richiede un preciso atto di volontà, nel resto della natura naturata è in certo qual modo incosciente, ma purtanto presente. Si tratterà di un disvelamento progressivo per riportare alla Luce la Scintilla, solo così si inquadra il discorso alle creature di S. Francesco e la sura 6,38 del Corano che parla della Resurrezione degli animali laddove recita: “OGNI ANIMALE CHE VA SULLA TERRA, OGNI UCCELLO CHE VOLA CON LE SUE ALI E’ COME VOI IN COMUNITA’. NOI NON ABBIAMO OMESSO NULLA NEL LIBRO. AL SIGNORE SARANNO RICONDOTTI”.

In questa ottica allora non era sbagliato il concetto di metempsicosi degli antichi perchè l’anima umana, a questo punto, potrebbe essere il frutto di un upgrading di quella animale se, come intuisco, possiede anche lei un Luz benchè occultato e inconsapevole.

E’ vero che gli Arconti usano gli animali sia nello Zodiaco che per incarnare i nostri difetti, ma è altrettanto vero che tutto ciò che esiste su questo piano è duale, simboli compresi. Basta allargare la nostra percezione e, laddove avvertiamo psichicità, non dobbiamo dimenticare che questa non è mai disgiunta dalla spiritualità. E’ solo questione di grado di presa di coscienza. Ora capisco perchè gli animali abbiano anche loro un certo qual karman (anche gli animali hanno destini differenti come gli umani) che, non è dovuto come il nostro da un apporto volontario, bensì dal fatto che anche loro hanno un piccolo Luz atrofizzato. Ma sappiamo bene che ciò che ora può sembrare arido e privo di vita, con la giusta Acqua può risorgere a nuova… Vita.

E, infine, ora capisco anche perchè molti dicono che gli animali abbiano un’anima collettiva. E’ un modo di dire improprio che si riferisce sicuramente alla famosa natura mescolata di questa creazione.

Il culto gnostico della Maddalena

Dal mosaico di Otranto alle basiliche paleocristiane di Cimitile, attraverso opere letterarie ed architettoniche fino agli ultimi custodi, i Catari ed i Templari

di Sabato Scala

Introduzione

In un precedente (doppio) articolo[1] dedicato al mosaico di Otranto, intrigante e complessa opera musiva realizzata tra il 1163 ed il 1165 dal monaco Pantaleone della abbazia di Casole, abbiamo proposto un nuovo percorso interpretativo ripartito in due distinte fasi:

a. L’analisi del significato filosofico e teologico della macchina simbolica musiva effettuato attraverso gli stretti (a nostro avviso) legami tra il mosaico e gli scritti gnostici scoperti nel 1945 a Nag Hammadi con particolare riferimento al Vangelo di Filippo.

b. L’analisi del messaggio criptico dell’opera in chiave storica a partire da quello che poteva essere il punto di vista di uno gnostico, quale a nostro avviso era Pantaleone, collocato nel quadro della cultura medioevale del 13mo secolo. In particolare abbiamo illustrato la possibilità di leggere nell’opera un complesso messaggio nascosto che illustra l’origine e la fine della stirpe Merovingia collegandola attraverso leggende medioevali ed eresie di origine gnostica al viaggio di Maria Maddalena in Francia avvenuto dopo la morte di Cristo. In particolare abbiamo evidenziato lo stretto legame tra la corona del mosaico ed i re Merovingi con particolare riferimento a re Dagoberto II di Austrasia del quale vengono, a nostro avviso, chiaramente indicate la data di morte, le modalità, le cause ed il mandante del suo assassinio.

In questo nuovo lavoro proporremo un viaggio attraverso i documenti che avvalorano la chiave interpretativa storica proposta nella seconda parte del precedente articolo. Avremo occasione, proprio a partire dai suggerimenti che nascono da questi documenti letterari ed architettonici, di ampliare il quadro dell’analisi ed approfondire alcuni elementi simbolici dell’opera di Pantaleone non completamente sviscerati. Prima di procedere, però, in questo nuovo viaggio attraverso l’opera, segnaliamo l’imminente, uscita del nuovo lavoro dell’amico Corona[2] che ha, ormai un anno fa, ispirato le nostre ricerche ma che propone un percorso interpretativo radicalmente diverso dal nostro individuando nella chiave spirituale più che in quella teologico-politica il metro di lettura del simbolismo musivo. Il nuovo lavoro del Corona ricostruisce lo sfondo culturale in cui si forma l’opera di Pantaleone soffermandosi su interessanti aspetti quali la preghiera isicastica basiliana e l’ebraismo nell’Italia meridionale del tempo. Singolari sono i paralleli tra alcune raffigurazioni musive e brani danteschi della Divina Commedia.

La Legenda Aurea e la Maddalena

Il più antico documento che propone la incredibile storia della presenza della Maddalena in Provenza dopo la morte di Gesù, è la Vita di Maria Maddalena, opera pubblicata intorno al IX secolo da Rabanus Maurus arcivescovo di Mainz (Magonza), ma il testo che più ampliamente affronta questo tema e che aggiunge maggiori dettagli è di certo la Legenda Aurea scritta nel 1260 da Jacopo de Varagine. Qui di seguito proponiamo una sintesi ottenuta stralciando parti del libro quarto che l’autore dedica alla leggenda della Maddalena[3].

Maria Maddalena prende il nome da Magdalo, un castello, nacque da nobile lignaggio e da genitori di sangue reale. Suo padre si chiamava Ciro e sua madre Euchasia. Lei con suo fratello Lazzaro e sua sorella Marta possedevano il castello di Magdalo, che sorge a due miglia da Nazareth e da Betania … In quel tempo all’apostolo S. Massimino, che era uno dei 70 discepoli del signore cui fu affidata la Maddalena per ordine di S. Pietro, in seguito dopo che i discepoli furono partiti, S. Massimino, Maria Maddalena, Lazzaro suo fratello, Marta sua sorella, Marcella serva di Marta, e Santa Cetonia che era nata cieca e che aveva riacquistato la vista grazie al Signore, insieme ad altri cristiani furono catturati dai miscredenti e caricati su una barca priva di remi e timone perché affogassero. Ma la bontà di Dio onnipotente li condusse tutti a Marsiglia … In seguito accadde che il principe della provincia e sua moglie fecero sacrifici per ottenere un figlio e Maria Maddalena che aveva parlato loro di Gesù Cristo gli impedì di compiere quei sacrifici … allora il principe disse io e mia moglie saremo lieti di adempiere a tutte queste cose se tu riuscirai ad fare in modo di farci avere un bambino attraverso le preghiere al tuo dio … il Signore ascoltò le sue preghiere e la donna concepì. Suo marito decise che sarebbe partito per andare da S. Pietro e verificare se era vero ciò che aveva ascoltato dalla Maddalena. Sua moglie … gli chiese di portarla con lui. Dopo che ebbero veleggiato un giorno ed una notte vi fu una grande tempesta … a causa del temporale e della tempesta il bimbo che portava in grembo morì … Ahimè disse, cosa farò? Desideravo avere un figlio e ho perso moglie e figlio … E pensarono che fosse meglio indirizzare la nave verso terra e seppellirlo lì per evitare che fosse divorato dai pesci del mare … Quando giunse da Pietro, egli vide la croce sulla sua spalla e gli chiese chi fosse e perché era giunto fin lì, così egli gli raccontò tutto quanto era accaduto … Quindi Pietro lo condusse a Gerusalemme e gli mostrò tutti i luoghi ove Gesù aveva predicato e fatto miracoli ed il posto ove aveva sofferto ed era morto e dove era asceso al cielo. Dopo che fu ben istruito nella fede da S. Pietro e dopo che furono trascorsi due anni egli ripartì per Marsiglia … Veleggiando sulla rotta di ritorno giunsero, per volere di Dio, nel luogo in cui aveva abbandonato i corpi della moglie e del figlio … Il piccolo che aveva ottenuto grazie a Maria Maddalena si alzò ed andò verso la spiaggia e come tutti i bimbi piccoli, prese delle piccole pietre e le lanciò in mare … Quando il bimbo li vide, non avendo mai visto altre persone prima, ebbe timore e corse a nascondersi sotto il mantello della madre … il padre sollevò il mantello e vide il bimbo che poppava al seno della mamma … Allora prese suo figlio tra le braccia e disse: Oh Maria Maddalena ora io so e credo davvero che sei stata proprio tu a darmi mio figlio, lo hai alimentato e tenuto in vita due anni su queste rocce ora ridonami sua madre e riportala così com’era a me. A queste parole la donna iniziò a respirare e prese vita … Giunsero in fretta a Marsiglia … e trovarono Maria Maddalena che pregava con i suoi discepoli … e le raccontò ciò che era accaduto … ricevette, così, il battesimo da S. Massimino. Distrussero i templi degli idoli a Marsiglia e costruirono le chiese di Gesù Cristo. S. Lazzaro fu scelto quale vescovo di quella città e dopo di ciò si trasferirono ad Aix … e lì S. Massimino fu ordinato vescovo … Egesippo con altri libri di Giuseppe, concordano abbastanza con la storia narrata … .Al tempo di Carlo Magno nell’anno di nostro signore 771, Gerard duca di Burgundia non aveva avuto figli da sua moglie sebbene avesse dato sempre elemosine e avesse costruito molte chiese e molti conventi. Dopo che ebbe costruito l’abbazia di Vesoul, egli e l’abate del convento spedirono un monaco per trovare e portare al convento, se possibile, le spoglie di Maria Maddalena. Quando giunse nella città la trovò distrutta dai pagani … Poi, per fortuna, trovò il sepolcro … quindi egli tornò … Presto il duca ebbe un figlio dalla moglie … Alcuni dicono che Maria Maddalena fosse sposata con San Giovanni quando Cristo lo chiamò dal matrimonio e quando egli fu chiamato via da lei ella si indignò per l’abbandono di suo marito e si diede ad ogni tipo di lussuria, ma poiché non era giusto che la chiamata di San Giovanni fosse occasione per lei di dannazione, nostro Signore la convertì …

Non vogliamo entrare nel merito della attendibilità storica della narrazione, ma è evidente che quest’opera costituisce una incredibile commistione di tutte le tematiche e le leggende, più o meno antiche, che ruotano intorno alla Maddalena. La sua collocazione cronologica non distante da quella del mosaico e la presenza di testimonianze ancor più antiche che precedono di circa 200 anni la data di costruzione del mosaico, ci suggerisce l’esistenza di un complesso substrato consolidato di tradizioni legate alla presenza della Maddalena in Provenza e che certamente erano patrimonio del colto monaco casolano.

Legenda aurea, Jacobus de Varagine
Manoscritto francese prima metà del 14mo sec.
Phyllis Goodhart Gordan Collection
Legenda aurea, Jacobus de Varagine
Nuremberg: Georg Stuchs de Sulczpach, Ottobre 1488
Bryn Mawr College Library’s Collections.

 

Codice XXXV
sec. XIV, foll. 318
in pergamena (cm 37 x 25)

Vita Diversorum Sanctorum et Praecipue Vita S.ti Eusebii cum Ethimologiae Dictorum Sanctorum Iacobi de Varagine Conservato presso il museo del Duomo di Vercelli

Le ipotesi interpretative avanzate, assumono una dimensione diversa anche osservando lo stretto legame tra il mosaico ed il Vangelo di Filippo, unico apocrifo che propone un legame tra Gesù e la Maddalena che andava ben oltre quello discepolo-maestro (“e spesso la baciava sulla bocca” Vang. Fil. 64,2).

Chi disponeva delle conoscenze esposte così in dettaglio nella Legenda Aurea, delle informazioni intriganti sulla centralità della Maddalena e sul suo rapporto privilegiato con Cristo tratte dal Vangelo di Filippo e comuni a tutta la letteratura gnostica, poteva a ragione collegarle così come abbiamo proposto nei precedenti lavori.

Ma andiamo a vedere nel dettaglio alcuni elementi che riteniamo rilevanti ai nostri fini:
– Nel testo viene chiaramente legata l’origine del nome Maddalena all’ebraico Magdal (torre) attraverso la discendenza della donna da una stirpe nobile ed il fatto che abitava in un Castello. Questa osservazione rende l’immagine della torre un ottimo sostituto simbolico della Maddalena chiaramente comprensibile al pubblico medioevale cui si rivolge Pantaleone. Di conseguenza l’associazione proposta tra la torre di Babele che campeggia nel mosaico e l’albero (simbolo della croce di Cristo nel Vangelo di Filippo) diviene più che legittimo. Non va dimenticato, inoltre, che Pantaleone raffigura una torre di Babele merlata tipica di un castello fortificato.

– La Legenda parla dell’arrivo della Maddalena in Francia e dei suoi rapporti con un principe del luogo legando la fede del principe alla nascita di un figlio dalla moglie sterile grazie alla intercessione della Maddalena. In questo quadro la leggenda sul capostipite della stirpe Merovingia, Mervee, nato dallo stupro della madre di Mervee ad opera del mostro marino denominato Quinotauro, poteva, a ragione, essere collegato alla Maddalena specie stante l’assonanza tra il nome del bimbo (Mervee appunto) e quello di Maria di Magdala.

– Il legame tra la leggendaria origine dei Merovingi, il Sangue Reale (Sang Real – SanGraal) e quindi il sangue di Cristo è avvalorato dalla incredibile storia del ritorno in vita prima del figlioletto e poi della madre. Il figlio, morto e poi tornato alla vita, nasce dal grembo di una madre morta ed in seguito tornata in vita, tutto grazie sempre alla Maddalena. Il bimbo sopravvive miracolosamente, per due anni privo di cibo. La sterilità dell’uomo, e la storia nel suo complesso, collegata al mare ed alla presenza solitaria del cadavere della donna per due anni nei pressi di una spiaggia sconosciuta, poteva essere legittimamente collegato al mostro Quinotauro ed allo stupro della moglie del primo re dei Merovingi fino ad allora rimasto privo di eredi. La mente sottile e teologicamente preparata dal substrato gnostico del Vangelo di Filippo, di Pantaleone, non doveva far altro che ricollegare il “rapporto particolare” della Maddalena con Gesù al bimbo che lo stesso principe riteneva, chiaramente, figlio “spirituale” della Maddalena.

– Il viaggio che il padre della Legenda compie verso Roma e successivamente verso Gerusalemme insieme a Pietro, descrive, chiaramente, l’itinerario di un pellegrinaggio che, in epoca di Crociate, pochi anni dopo la nascita dell’Ordine Templare sorto in difesa dei pellegrini diretti in Terra Santa, assumeva un significato simbolico particolarissimo. Per un uomo, come Pantaleone, folgorato dalla sua visione gnostica dovuta, forse, al possesso di una vasta biblioteca di testi ritrovati durante le missioni dei crociati, immerso e convinto del legame tra i Merovingi ed il Sang Real, vissuto fin da piccolo in una città che era porto fondamentale verso la Terra Santa poteva legittimamente essere visto come il ritorno della stirpe regale di Cristo alla sua terra finalmente riconquistata.

– Il matrimonio tra Giovanni e la Maddalena, precedente la sua chiamata all’apostolato, non fa altro che avvalorare la presenza di voci non ortodosse che ipotizzavano legami tra i discepoli e tra questi ed il Cristo, diversi da quelli puramente spirituali. Possiamo immaginare a quali conclusioni fosse giunto Pantaleone affiancando una simile ipotesi al rapporto stretto tra Gesù e la Maddalena chiaramente indicata nelVangelo di Filippo.

– La Legenda indica in Aix la prima tomba della Maddalena, ma parla anche del trasferimento delle spoglie nell’abbazia di Vesoul nella parte centro orientale della Francia.

– La Legenda riporta anche alcuni miracoli compiuti dalle reliquie della Maddalena collegati sempre, a sterilità miracolosamente risolte e a persone miracolosamente tornate in vita. Il tema della fertilità e della resurrezione è chiaramente vincolato alla Maddalena e di conseguenza è logico ipotizzare un legame più o meno inconscio, tra i poteri miracolosi del Graal in grado di guarire ma anche di resuscitare i morti, il sangue di Cristo ed il grembo della Maddalena. In questo caso, però, c’è un chiaro substrato leggendario, dimostrato dal presente testo, che rende non solo legittimo ma pressoché automatico questo legame.

Una volta legittimato su base documentale, lo sfondo culturale e leggendario che riteniamo abbia guidato Pantaleone nella realizzazione del mosaico, passiamo ad analizzare l’elemento più enigmatico dell’opera: la raffigurazione di re Artù.

La leggenda di Re Artù nei documenti dell’epoca

Il richiamo esplicito alla leggenda arturiana, che nel mosaico di Otranto è segnalata dalla raffigurazione di Re Artù a cavallo di un caprone, non rappresenta affatto un caso isolato nel territorio pugliese, ma è cronologicamente preceduto e seguito rispettivamente, da altre due rilevanti opere architettoniche: la cattedrale di S. Nicola di Bari realizzata tra il 1087 ed il 1108 e lo stupendo ed enigmatico edificio di Castel del Monte realizzato tra il 1240 ed il 1250.

La chiesa di S. Nicola fu edificata per contenervi le spoglie del santo riportate il 7 maggio del 1087 in Italia dalla Terra Santa, grazie ad una ardita spedizione di alcuni mercanti. Le caratteristiche miracolose attribuite alle spoglie del Santo hanno non poche affinità con i poteri di guarigione attribuiti al Graal, ma l’aspetto più interessante di quest’opera è di certo, la raffigurazione di Re Artù insieme ad una rappresentazione stilizzata del nascondiglio della preziosa coppa[4]. Particolarmente interessante è la raffigurazione dei cavalieri in lotta armati alla normanna con scudo lancia e spadone che combattono ai lati di una costruzione a forma di torre munita di una vistosa serratura. La raffigurazione è stata collegata a quella simile del “Duomo di Peschiera” a Modena che reca i cavalieri del ciclo arturiano indicandone i nomi.

Diverso è il discorso per Castel del Monte. costruzione voluta da Federico II e che la leggenda vuole sia stata realizzata con il solo scopo di tenervi nascosta la preziosa coppa. Che la leggenda sia vera o meno, è certo che il Castello non sembra essere stato costruito né come dimora né come semplice fortezza e lo scopo pratico rimane ad oggi non chiaramente identificabile. La costruzione è ricca di simbolismi esoterici. Una leggenda vuole che i Cavalieri Templari[5] avessero affidato il Graal all’Imperatore, affinché lo preservasse dalle distruzioni scatenate dalle Crociate.

A questo punto è interessante sapere quando fanno apparizione sulla scena letteraria, le storie connesse a Re Artù ed al Graal. La più famosa opera che parla del Graal risale al 1190 anno della pubblicazione del Perceval le Gallois ou le Compte du Graal ad opera di Chrétien de Troyes, ma la prima vera apparizione letteraria della storia di Re Artù è databile al 940 anno in cui furono pubblicati gli Annales Cambriae le cui storie coprono un arco di tempo di ben 533 anni a partire dal 447. Il testo che, però, dà origine alla leggenda di re Artù è la Historia Regnum Britannie opera di Geoffrey of Monmouth completato nel 1139. Possiamo, quindi, affermare con certezza che Pantaleone possedeva, anche da questo punto di vista, tutti gli elementi leggendari già ben formati che sono alla base delle leggende arturiane, ma resta da comprendere il motivo per il quale egli rappresenta il Re nel mosaico.

Re Artù nel mosaico: analisi tra storia e leggenda

Cominciamo subito dallo strano modo con cui Pantaleone scrive il nome di Artù nel mosaico e che abbiamo ricostruito nella immagine seguente:

Si nota subito il modo anomalo con cui sono state separate le lettere US e che pare vogliano indicarne un uso sia nella lettura della seconda riga che della terza. Altro elemento interessante è lo spazio che Pantaleone lascia tra la R e la U dell’ultima riga: tale spazio poteva essere utilizzato per inserire le due lettere US collocate all’esterno delle tre righe, eppure Pantaleone non ne approfitta: perché?

Sulla base di queste osservazioni, il testo segnato da Pantaleone contiene, la seguente dicitura:

REX ARTUS UR-US

che non può non suggerire la lettura:

REX ARTUS URSUS

A ben pensarci, e ragionando al contrario, se questa fosse stata la vera intenzione di Pantaleone, non poteva scegliere un modo più indicato per una rappresentazione, che pur contenendo il nome del re mantiene relativamente chiara ed accessibile anche questa seconda chiave di lettura. Artus Ursus è il nome scientifico con cui viene indicato l’Orso Marsicano, diffuso in Italia ed il Grizzly tipico delle regioni americane, ma quale senso può avere? Chi era il Re Orso, quali documenti attestano un rapporto tra questo nome e Re Artù? Cominciamo con l’evidenziare una prima chiave di lettura basata, ancora una volta, su una lingua diffusa nel territorio francese e ricollegabile al periodo Merovingio: il celtico.

In questa lingua art o arth ha il significato, appunto, di Orso, ed Orso era un nome tipico assegnato ai guerrieri più valorosi. I Celti, infatti, avevano una vera e propria venerazione per questo animale dotato di impressionante potenza, ma le affinità tra i Celti e la storia di Re Artù non finiscono qui. La terra in cui sono ambientate le storie arturiane Avalon è un altro termine di origine celtica e significa Terra Sacra o Terra Santa. A questo punto è evidente che con la sua rappresentazione, Pantaleone suggerisce non solo la connessione tra Artù ed i Celti, ma anche un implicito rimando alla conquista della Terra Santa da parte delle truppe crociate, che pare essere l’unico elemento che non ha mai rappresentazione esplicita nel mosaico. Re Artù è quindi, il ponte tra il Re Orso, l’origine del nome ed il fine della sua missione: la riconquista della Terra Santa, obiettivo delle crociate.

A questo punto spostiamo l’attenzione su un’altra leggenda moderna, quella del Priorato di Sion, fantomatico ordine le cui origini sono narrate nel testo di Michael Baigent, Richard Leigh, Henry Lincoln: Holy Blood, Holy Grail (Ed. Random House, 1982; tr. it. Il Santo Graal, Ed. Arnoldo Mondadori, Milano, 1982), ed in altre opere come quelle di Lionel Fanthorpe. Prima di addentrarci nelle ipotesi e nei presunti antichi documenti del priorato, inclusi in questo testo, vogliamo ricordare che sulla attendibilità del contenuto sono stati sollevati fortissimi dubbi che riguardano, non solo la falsificazione di documenti genealogici (sebbene fatta a partire da informazioni parzialmente vere) ma anche la controversa figura del personaggio chiave che si ritiene ultimo Maestro del fantomatico priorato e discendente dei Merovingi e quindi di Cristo: Plantard. Tratteremo più approfonditamente l’argomento nel successivo paragrafo dedicato alla chiesetta di Rennes-le-Château, altro recente mito di cui si è spesso abusato. Tra le notizie riportate da questa novella leggenda c’è quella della fondazione del monastero di Orval da parte di un gruppo di monaci basiliani calabri guidati da un certo Principe Orso che, partiti intorno al 1090 si spostarono, stranamente, in Francia, nelle Ardenne, lì dove probabilmente fu ucciso Dagoberto II (personaggio a noi noto per i richiami nella interpretazione musiva). La strana storia è confermata anche dallaCatholic Encyclopedia che data al 1071 la fondazione dell’abbazia da parte di un monaco Calabro e del suo abbandono nel 1110.

Resta il problema della identificazione del misterioso Principe Orso che avrebbe guidato la spedizione. Prima di tutto va verificata la plausibilità di un simile nome in Italia nel periodo in esame. Cominciamo subito, con l’osservare che nel 1058 Goffredo di Buglione ed il Duca Guglielmo di Normandia invitati da Papa Stefano IX scendono in Italia meridionale giungendo fino alla Calabria. L’occupazione Normanna poneva fine a quella Longobarda. In questo periodo inizia a diffondersi un nome sconosciuto nelle terre meridionali e di chiara origine nordica: Ursus. Ecco di seguito uno dei primi documenti che attesta la presenza di questo nome in Campania (www.solofrastorica.it/Normanni.htm). Il testo, datato ottobre del 1127, riporta un atto notarile effettuato di fronte al giudice Alferio in cui un tale Urso de Inga, figlio di Falco, divide i suoi possedimenti di Montoro e Sant’Agata:

Ante me Alferium iudicem de castro, quod dicitur Muntorium, Ursus, qui dicitur de Inga filius quondam Falconi, conuinctus est cum Urso filio suo, at dividendum inter se per convenientiam rebus stabilius, quas inter se habuerunt in eodem loco Muntorium et in tota pertinentiam eiusdem locis et quas habuerunt in pertinentia de vico quit de Sancte Agathe dicitur.

Al nome Ursus è legata l’origine della famosa famiglia Orsini che, cui secondo una tradizione appartenevano i papi Paolo I (787) ed Eugenio II (824) e cui di certo apparteneva Papa Celestino III (1191) figlio di Pietro Bobo. Un altro fondamentale documento è la 18ma epistola di S. Paolino vescovo di Nola databile al 398 e destinata al vescovo di Rouen in Normandia, nella quale Paolino parla di un cristiano di nome Orso confermando la presenza antichissima del nome in quella zona della Francia. Quindi Ursus è un nome che ritroviamo in Francia e che è plausibile in Italia, nell’anno in cui viene collocato l’episodio del viaggio dei monaci Basiliani; esso è legato a nobili di origine normanna e fa la sua comparsa in coincidenza con la discesa di Goffredo di Buglione in Italia. La storia narrata è quindi attendibile relativamente alla fondazione del monastero e plausibile relativamente al nome del principe che guidò la spedizione dei monaci basiliani calabri.

Non può sfuggire, inoltre, il ritorno, nella storia, dei monaci Basiliani: basiliano era lo stesso Pantaleone. Ma perché un gruppo di monaci Basiliani doveva recarsi a fondare un monastero in una terra così lontana e proprio nel territorio di Goffredo di Buglione? Il fantomatico Re Orso, potrebbe ragionevolmente essere lo stesso Goffredo di Buglione, infatti sembra logico desumere che sia stato proprio quest’ultimo, dopo la conquista dell’Italia meridionale e della Calabria, ad invitare i monaci presso i suoi possedimenti in Francia. Ciò che manca è, però, ancora una volta, il legame tra il Buglione ed il principe Orso. Stando a quanto narra il citato volume di Baigent, Leigh & Lincoln, Goffredo di Buglione era un discendente della stirpe dei Merovingi. Di seguito indichiamo l’albero genealogico della famiglia di Goffredo[6]:

Goffredo di Buglione (1062-1100) Eustacchio II (1030 – 1093) Eustacchio I (1004 – 1049)
Ugo di Plantard (____ – 1015) Giovanni I (____ – 1020) Ugo I (951 – 971)
Sigisbert VII (____ – Abt 980) Bera VI “The Architect” (___ – 975) Arnaud (____ – 952)
Guglielmo III (874 – 936) Gugliemo II (____ – 914) Sigisbert VI “Principe Ursus” (____ – Abt 885)
Ildedrico I (____ – 867) Bera V (794 – 860) Argila (775 – 836)
Bera IV (755 – 813) Gugliemo or Guilhelm (____ – ____) Bera III (715 – 770)
Sigisberto V (695/698 – Abt 766) Sigisberto IV (676 – 758) Dagoberto II (651 – 23 DEC 679)
Sigisberto III (629 – 656) Dagobert I “the Great” (605 – 19 JAN 639) Clotario II DI NEUSTRIA (584 – 629)
Chilprico I (523 – 584) Clotaire I “the Old” (497 – 561) Clovis I “the Great” (Abt 465 – 27 NOV 511/514)
Childerico I (436 – 26 NOV 481/484) Merovee “il giovane” (Abt 415 – 457) Clodio (380/395 – 448)
Faramondo o Faramundo (Abt 370 – 427/430) Marcomiro (Abt 347 – 404) Clodio (Abt 324 – 389)
Dagoberto (Abt 300 – 379) Genebaldo (Abt 262 – 358) Dagoberto (Abt 230 – 317)
Walter (Bef 298 – 306) Clodio III (Bef 272 – 298) Barthero (Bef 253 – 272)
Hilderico (Bef 212 – 253) Sunno or Huano (Bef 186 – 213) Faraberto (Bef 166 – 186)
Clodomiro IV (Bef 149 – 166)o Marcomero IV (Bef 128 – 149) Odomiro o Odomar (Bef 114 – 128)
Richemero (____ – 114) Ratherio (____ – 0090) Antenore IV (____ – 0069)
Clodomiro III (0003 – 0063)

Sempre stando ai documenti del fantomatico priorato, Sigisberto VI, il Principe Ursus, condusse una rivolta infruttuosa contro il re Luigi II: la storia riporta la rivolta ma non parla né di Sigisberto, né, tantomeno, ricorda l’appellativo di Principe Orso. Goffredo potrebbe, da questo punto di vista, essere a ragione ritenuto il legittimo discendente del principe Orso, sempre a patto che la genealogia sia attendibile e che il principe Orso sia davvero esistito. In questa ipotesi (quella di Plantard riportata nel testo di Lionel Fanthorpe) Sigisberto IV figlio di Dagoberto, non sarebbe deceduto nell’agguato che vide la morte del padre, ma scampato avrebbe continuato a vivere di nascosto dando origine all’albero genealogico illustrato. Una cosa è certa la leggenda che lega Mervee alla Maddalena è incompatibile con l’anno dell’arrivo ipotetico della Maddalena in Francia (35 d.c.), da cui la data di nascita ipotetica di Mervee dista ben 380 anni. Se si fosse voluto dar credito, nel I Secolo, alla leggenda, la connessione corretta doveva essere con Clodomiro III (ferma restando la cautela sulla attendibilità della genealogia). Resta il dubbio che, sulla base di questa leggenda, Pantaleone possa aver rappresentato simbolicamente l'”Albero genealogico”, al centro della sua opera.

Torniamo, però, alla raffigurazione di re Artù nel mosaico. Che senso ha la cavalcatura del caprone? Il cavalcare la capra era, nel Medioevo, un modo di dire abbastanza diffuso per indicare una persona che parla o agisce in modo sciocco, riportiamo a riguardo due emblematici esempi d’uso della locuzione[7]:

Mi pare che ser Bernabò, disputando con ser Ambrogio cavalcasse la capra inverso il chino (Decamerone II,10) / Gli facean cavalcare la capra delle maggiori sciocchezze del mondo (Ibidem VIII,9)

Non va trascurato nemmeno lo scettro di Re Artù che sembra, invero, essere una verga da pastore. La scena, insomma, sembra voler sottolineare o l’atteggiamento sciocco di Artù, oppure quello di coloro che credono alla sua leggenda.

Il Gatto con gli stivali, Parsifal ed Excalibur nel mosaico

Interessante è la presenza di un altro personaggio fantastico: il Gatto con gli stivali posto innanzi la capra cavalcata da Re Artù. Il Gatto, notoriamente, trasformò, con le sue furbate, il suo povero padrone, di lignaggio tutt’altro che nobile, in un principe consentendogli anche di pervenire a nozze con una nobildama, e consolidando, così, una stirpe nobile nata da un raggiro. Esistono due problemi, il primo è, evidentemente, il senso che Pantaleone vuol dare a questa storia fantastica, anche alla luce di quanto si è detto, il secondo, invece, è la constatazione che la storia, che sembrerebbe apparire per la prima volta nei racconti del poeta napoletano Gianbattista Basile intorno al 16 secolo, esisteva invece già ben 400 anni prima. A nostro avviso, anche in linea con l’interpretazione delle storie arturiane proposta da David Lodge[8], il gatto con gli stivali non ha solo la funzione immediata che abbiamo dato ma anche una funzione implicitamente sessuale e suggerisce, ancora una volta, che qualunque chiave di lettura dell’opera musiva non può prescindere da questo parametro, ricordato, in forma più o meno esplicita, fin troppo spesso nel mosaico: basti ricordare la donna nuda che cavalca uno dei due lunghi rami alla base dell’albero (a destra in alto in figura).

La raffigurazione si completa con i due elefanti di sesso diverso (vedi i due cerchi che li contrassegnano) che sorreggono l’intero albero ritratti nell’atto dell’accoppiamento[9], evidenziato anche dalla protuberanza che dall’animale di destra si infila sotto la coda di quello a sinistra. Per comprendere la storia di re Artù non ci si può limitare ad osservare ciò che si narra o si vede nel mosaico (Re Artù che cavalca la capra), ma bisogna spingersi oltre cercando di “ascoltare” l’opera. Non a caso, dietro Re Artù c’è la figura di Parsival nudo (con chiaro riferimento alla purezza e mancanza di preconcetto che deve precedere la interpretazione) che porta la mano alla bocca nell’atto di gridare a Re Artù qualcosa. Ma la purezza di intenzione non è sufficiente, è necessario tener conto che la regalità di Artù gli viene dalle opere del furbo gatto, che rampante gli mostra il modo per pervenire al trono pur non avendo sangue reale: la spada Excalibur.

Resta, però, da capire dov’è nascosta la spada nel mosaico: la figura successiva la mostra, credo, con fin troppa evidenza ed è lo stesso Re Artù che ci indica il posto in cui è conficcata. La spada è, quindi, lo stesso albero conficcato nell’altare. Quindi l’albero è la Croce (nell’interpretazione gnostica), la genealogia (in quella storica) e la spada (in quella leggendaria e simbolica) insieme. Il suo manico è il Graal ed il grembo che dà vita nell’incontro casto (i due elefanti come indicato nel precedente lavoro) alla nuova stirpe regale trasformando un principe che in realtà non lo era (Clodomiro III, se si vuol credere alla genealogia) in un re la cui stirpe discende direttamente da Gesù attraverso la Maddalena (la torre – Magdal compagna-Miriam dell’albero-Yoshua).

E’ ancora una volta il vescovo di Nola S. Paolino che avvalora la nostra ipotesi attraverso una delle sue più comuni metafore: la coppia Croce-Albero. Questa metafora era, per Paolino, talmente scontata che nella dodicesima lettera datata 398 non si premura nemmeno di spiegarla:

… ritrovati in conseguenza di un albero (la Croce), ritrovati per opera di una vergine …
(Epistolario Paolino, Lettera 12,4)

Un altro interessante particolare è relativo alla “roccia” in cui è infissa la spada ed al Graal. La forma che prende la mitica coppa nell’opera Parzival di Wolfram von Eschenbach del 1220, è una pietra (lapsit exillis, o lapis exillis), con il significato probabile di “pietra della morte” che è stata associata, forse non a torto, alla pietra filosofale alchemica. L’obiettivo dichiarato di Wolfram è di correggere la versione di Chrétien de Troyes che, a dire dell’autore, non contiene tutte le informazioni disponibili, ma, cosa singolare, la storia ampliata e corretta, secondo Wolfram, gli viene da un certo Kyot di Provenza (identificabile in Guiot de Provins), monaco templare. Nella storia il Graal-pietra è custodita da un gruppo di Cavalieri (Templari) che Wolfram definisce <> in un Castello (e chissà che proprio questi racconti non abbiano ispirato a Federico II il progetto di Castel del Monte). Ma quello che appare l’elemento più singolare della storia è sicuramente la figura di Cundrie il <>, che Wagner sostituì secoli dopo (1882) con Kundry, e che non esitò ad identificare con la Maddalena. Il personaggio, infatti, come la Maddalena porta un’ampolla di balsamo (che rievoca il Graal) con cui lava i piedi dell’eroe asciugandoli (proprio come la Maddalena) con i suoi lunghi capelli. Che Artù, nel mosaico, indicandoci il punto in cui è infissa Excalibur-albero voglia indicarci che il segreto del Graal va ricercato in quella roccia?

Il segreto dei Templari nel mosaico

L’ordine dei Templari fondato da Hugo de Paganis nel 1118 per difendere i pellegrini e la stessa città di Gerusalemme, ha una parte rilevante nel mosaico anche se non direttamente evidente. L’elemento simbolico che meglio rappresenta l’Ordine nell’opera è di certo la scacchiera di 8×8 = 64 quadrati bianchi e neri la cui collocazione alla base dell’albero, affiancata al medesimo cervo ferito(vedi figura in altro a destra) che appare anche nella corona e che abbiamo già analizzato nel precedente lavoro, è tutt’altro che casuale. La scacchiera è uno dei principali simboli templari.

Abbiamo supposto che il cervo nella corona del mosaico rappresenti Dagoberto II trafitto al capo da una lancia durante una battuta di caccia[10]. Nella corona del mosaico il Sagittario scaglia la freccia che uccide il cervo; in questo caso chi scaglia la freccia è Diana cacciatrice. Si è detto (vedi precedente articolo) che il cervo della corona rappresenta sia Dagoberto che il figlio leggendario Sigisberto IV[11]. Qui, invece, gli animali sono due, il primo appare ferito e morente (vedi il capo reclinato) ma il secondo appare in fuga (vedi la gamba sinistra alzata) e per di più è rappresentato come un cervo dal volto d’uomo. La stessa Diana ci riporta al culto storicamente accertato dei primi Merovingi (Merovee e Clodoveo) per la dea cacciatrice. Interessante è anche constatare che il cervo morente ha in testa, com’è normale che sia, vistose corna simbolo della sua regalità (infatti “corona” ha una etimologia ebraica derivante da KRN, Keren), mentre il cervo che sfugge a Diana, con la testa d’uomo, ha sulla testa la scacchiera simbolo Templare. Egli quindi, ed il personaggio che rappresenta, Sigisberto IV, diviene il Re o primo Gran Maestro dell’ordine Templare (che è insito nel simbolo della scacchiera). Quindi alla base della spada c’è l’episodio con il quale i mandanti dell’omicidio di Dagoberto II ritenevano di aver estinto la dinastia dei Merovingi, legittima titolare del trono di Francia, e, attraverso la leggenda della Maddalena e di Gesù, anche di quello di Israele.

In realtà, sempre volendo dar credito alla leggenda ed alle genealogie di Plantard, la discendenza dei Merovingi sopravvive con Sigisberto IV fino a Goffredo di Buglione che attraverso la conquista di Gerusalemme completa il progetto di riunificazione dei legittimi regni[12].

Ma torniamo alla scacchiera. La leggenda vuole che il simbolo sia legato ai nascondiglio del mitico tesoro del Tempio di Salomone che sarebbe entrato in possesso dei Templari insieme ad altre importanti reliquie come il Graal fisico (la coppa dell’ultima cena), la croce di Gesù e la Sacra Sindone. E’ interessante notare come la scacchiera con le sue 64 celle (8×8) sia davvero simbolicamente legata al mitico Tesoro da un famosissimo documento scoperto nel 1945 a Qumran: il Rotolo di Rame. Questo rotolo contiene, in forma più o meno esplicita, 64 luoghi nei quali sarebbero stati seppelliti i tesori del Tempio, forse per sottrarli al saccheggio Romano. Milik, personaggio centrale nella storia dei ritrovamenti e delle ricerche sui papiri qumraniani[13], condusse tra il 1959 ed il 1960, una serie di scavi in alcuni dei luoghi indicati nel rotolo senza alcun successo, tanto che lo stesso prof. Moraldi, massimo studioso italiano dei rotoli, insieme ad altri studiosi finì per credere che l’opera fosse solo un componimento letterario simbolico in cui il tesoro aveva un valore esclusivamente metaforico. Se i Templari fossero venuti in possesso del Rotolo, la storia delle ricerche da loro condotte in Terra Santa avrebbe un saldo fondamento. Inoltre se il, Rotolo di Rame fosse entrato in loro possesso, quale oggetto poteva essere più indicato a simboleggiare la mappa del tesoro del Tempio se non la scacchiera?

E’ anche interessante notare come Pantaleone effettui un particolare accostamento formale e cromatico tra la scacchiera bianca e nera, con la quale rappresenta la Torre a sinistra dell’Albero, e la scacchiera bianca e nera del mosaico, alla base dell’albero ed nel cavo della coppa-Graal, rappresentata metaforicamente dai due rami curvi. Se, come crediamo di aver dimostrato, Pantaleone entrò in possesso delVangelo di Filippo, opera gnostica conosciuta solo dopo i ritrovamenti del 1947 a Nag Hammadi in Egitto, è possibile che questo sia stato uno dei reperti portati alla luce dai Templari. Lo stesso simbolo della sirena presente nella corona e di cui più volte abbiamo parlato, proprio nella forma di Abraxas costituisce uno tra i vari sigilli che sono stati adoperati dall’Ordine, ne vediamo di seguito alcune immagini:

L’Abraxas, chiaramente raffigurato come un cavaliere con elmo, è presente nella raffigurazione con una emblematica scritta “Secretum Templi”[14]. Interessante è anche la presenza delle tre torri tipiche di alcuni dei suddetti sigilli templari talora sostituite una torre centrale e due pesci, o una torre con tre merli, raffigurazioni molto simili alla torre di Babele del mosaico di Otranto:

O ancora il simbolo del calice-nido con il pellicano che si strappa il petto per nutrire i tre piccoli insidiato da un serpente, contiene in sé le principali allegorie del mosaico:

Il mosaico di Otranto ed il mistero di Rennes-le-Château

Passiamo ad un’altra coincidenza cronologica che ci riporta che al citato libro Holy Blood, Holy Grail e che riguarda, ancora una volta, i Templari. Sappiamo che il mosaico di Otranto fu realizzato tra il 1163 ed il 1165. Tra il 1156 ed il 1169, Bertrand de Blanquefort o Blanchefort fu Gran Maestro dell’ordine Templare. Blanchefort fu fatto prigioniero nello stesso anno della sua elezione a Gran Maestro (1156) e fu liberato tre anni dopo (1159) per intercessione di Manuel Commène imperatore di Costantinopoli. Combatté con valore al fianco di Raymond Roger de Trencavel, celebre cataro, che gli fece dono di alcune terre nei dintorni di Rennes-le-Château e di Bezu à l’Ordre[15]. E’ proprio questo legame cronologico con il mosaico, affiancato a ciò che abbiamo già evidenziato e che ricollega il mosaico all’ordine Templare a farci fare un’ulteriore passo verso un’altra intricata e tutt’altro che limpida storia: quella della chiesetta di Rennes-le-Château proprio nel territorio che fu donato al Gran Maestro. L’argomento è stato oggetto di un numero enorme di pubblicazioni articoli e di recente ha acceso fantasie di diverso genere, tanto che è oggettivamente difficile se non impossibile capire dove è la realtà e dove, invece, comincia la fantasia. Pur rimandando alla vastissima letteratura più o meno fondata pubblicata intorno all’argomento vogliamo soffermarci sui fatti oggettivi che la storia della chiesetta contiene e che vanno doverosamente riconnessi al mosaico di Otranto nella interpretazione che abbiamo proposto nel precedente numero di Episteme. Sono, infatti, a nostro avviso diversi gli elementi oggettivi che accomunano la storia di questa oscura chiesetta a quella dei templari ed il nostro mosaico.

Cominciamo dagli elementi cronologici e geografici.

La chiesetta di Rennes nacque, probabilmente, come Cappella di famiglia nell’VIII secolo e fu consacrata nel 1089[16] a S. Maria Maddalena. Di certo si sa, grazie ad un registro parrocchiale datato 1694, che nella chiesa venivano inumati i discendenti della famiglia Blanchefort. La chiesetta sorge, come detto, nel territorio di Carcassone in Linguadoca.

Quel territorio vide la nascita e l’ascesa della eresia catara fino al 1244 anno in cui la Linguadoca cade sotto il dominio francese segnando la fine della esperienza catara sviluppatasi in quella regione.

Prima di proseguire soffermiamoci per un istante sulla eresia catara. Il catarismo ultima derivazione del pensiero gnostico nacque, probabilmente, come sviluppo di due precedenti filoni di origine manichea e quindi post-gnostica: i Pauliciani diffusisi in Asia Minore (VIII-IX sec.) e successivamente i Bogomili della penisola balcanica (XI-XIV sec.) che, si crede grazie agli scambi culturali favoriti proprio dalle crociate, e sulla spinta delle invasioni turche, si spostarono in Linguadoca. Gli studiosi propongono quali possibile evoluzione del pensiero gnostico le seguenti tappe:

cristiani delle origini > gnostici > manichei > pauliciani > bogomili > catari occidentali[17].

Nel 1167 (solo due anni dopo la realizzazione del mosaico), un concilio cataro tenutosi a Tolosa stabiliva ufficialmente una sorta di organizzazione territoriale dell’eresia, con l’istituzione di quattro diocesi nella zona di Tolosa, Albi, Carcassonne, quest’ultima città a pochi chilometri da Rennes. Esiste quindi, una compatibilità temporale e spaziale spinta che lega:

– il fiorire del pensiero gnostico in Francia attraverso il catarismo

– il culto della Maddalena centrale per lo gnosticismo e che ha interessanti echi nel catarismo (vedere capitolo successivo)

– la leggenda della Maddalena in Francia

– il trasferimento dei Bogomili dai Balcani alla Francia

– la figura di Bertrand de Blanquefort gran Maestro templare tra il 1156 ed il 1169 divenuto tenutario di possedimenti nel territorio di Rennes grazie alle donazioni del cataro Raymond Roger de Trencavel

– le crociate e l’anno di costruzione del mosaico di Otranto (1163-1165)

– la rotta privilegiata delle navi crociate tra Otranto ed i Balcani.

Ritorniamo, ora, alla piccola chiesa di Rennes. Nel 1781 il curato di Rennes-le-Château, Antoine Bigou, ricevette, in confessione ed in punto di morte, dalla marchesa d’Hautpoul, Marie de Negri D’Arlès, un segreto di famiglia, che avrebbe dovuto essere tramandato. La marchesa, stranamente, non viene inumata lì dove giacevano i resti di famiglia (nella chiesa) ma fuori da essa nei pressi del campanile. Dieci anni dopo il curato fece collocare sulla tomba della marchesa una pietra tombale proveniente da un’altra tomba che si trovava nella zona di Les Pontils ad Arques nella valle de la Sals. Che fine abbiano fatto i resti di questa misteriosa tomba profanata, non è dato sapere. Nello stesso anno, il curato depone alcuni manoscritti in un pilastro visigoto lì vicino. Poi fa posare all’incontrario, sempre vicino all’altare, a copertura di quella che poteva essere la tomba dei d’Hautpoul (il condizionale lo spiegheremo tra breve), una lastra di pietra conosciuta come la “dalle des Chevaliers”[18]. François Bérenger Saunière viene nominato curato di Rennes-le-Château il 1° giugno 1885. Viste le condizioni disperate della chiesetta cui era stato destinato avvia i lavori di restauro che, come vedremo, stravolgeranno la costruzione introducendo una serie incredibile di raffigurazioni e simbolismi enigmatici, ma ciò che ci interessa è il ritrovamento della lastra capovolta che copriva un locale il cui unico contenuto pervenutoci (visto che l’abate chiese agli operai di lasciarlo solo durante il sopralluogo) è un teschio forato. Soffermiamoci su questa lastra che costituisce un ulteriore elemento oggettivo.

La lastra, purtroppo fortemente deteriorata poiché lasciata dall’abate esposta alle intemperie, è costituita da due Pannelli raffiguranti due portali. Sotto il primo appare una figura a cavallo che suona un corno, sotto l’altro un cavaliere ed un fanciullo a cavallo.

Quest’ultima immagine non può non richiamare il sigillo templare, anche se il secondo cavaliere è qui raffigurato come un fanciullo. Una immagine simile la troviamo nel mosaico, sempre nella parte inferiore lì dove è presente la raffigurazione dei due cervi ma in posizione diagonalmente simmetrica:

A questo punto ritorniamo al secondo ritrovamento dell’abate: i documenti. E’ proprio dai presunti documenti ritrovati che inizia la storia da noi adoperata per desumere la discendenza presunta di re Dagoberto II, che vede come protagonista il fantomatico Priorato di Sion e Plantard. Il primo dei due documenti era l’albero geneologico di Dagobert II dal 681 al 1244 e dal 1244 al 1644, redatto su pergamena e accompagnato da un secondo documento, un testamento di Francois-Pierre d’Hautpoul registrato il 23 novembre 1644 da Captier, notaio in Esperaza (Aude), entrambi recanti il sigillo della Regina Blanche de Castille. Quindi siamo di fronte al classico “cane che si morde la coda”. Non è il caso di addentrarci nella miriade di critiche mosse a Plantard cui vengono attribuite falsificazioni progressive della documentazione effettuate depositando falsi reperti, utilizzando informazioni talora vere, talora palesemente false ma, comunque e sempre, storie inventate con tanto di pezze d’appoggio destinate a dimostrare il suo lignaggio. Riteniamo, doveroso, comunque, segnalare che le obiezioni che abbiamo letto, espongono in maniera scrupolosa, i torbidi retroscena della vita di Plantard ed il suo legame con il governo collaborazionista di Vichy durante la seconda guerra mondiale, ma anche con il nazismo e con le fazioni antimassoniche ed antisioniste della destra francese, ma sono altrettanto superficiali quando devono addurre le motivazioni per le quali i documenti indicati da Plantard sono ritenuti falsi[19].

Potremmo, a questo punto, entrare nella marea di simbolismi introdotti a seguito della ristrutturazione voluta dall’abate Saunière, verificando l’analogia tra il pavimento a scacchiera di 64 caselle bianche e nere e la scacchiera del mosaico, o l’ossessiva presenza della Maddalena dentro e fuori la chiesa, o la sequenza delle statue dei santi le cui iniziali descrivono la parola Graal – che ci riporta all’Artù nel mosaico – o la impressionante somiglianza tra la costruzione voluta dall’abate denominata Torre Magdala e la torre del mosaico, e infinite altre analogie, ma sposteremmo l’attenzione su opere realizzate ad oltre 700 anni di distanza, peraltro di pessimo gusto e fattura volute da un sacerdote avente controversi legami con ambienti esoterici.

Ciò che ci preme sottolineare e che, anche nella storia di Rennes, il fulcro pare essere la tomba della Maddalena e la sua venuta in Francia, e che il mistero è quindi legato, ancora una volta, a questa donna e ad antichi manoscritti o reliquie che sembrano avere un valore rilevante non solo di tipo simbolico-gnostico, ma per una qualche informazione in esse contenuta che deve rimanere segreta.

Il mosaico di Otranto e la cattedrale di Chartres

Per proseguire in questa carrellata dedicata ai documenti ed alle opere architettoniche ed artistiche che avvalorano la nostra ricostruzione del simbolismo adoperato da Pantaleone nel mosaico di Otranto non possiamo non ricordare una delle più spettacolari realizzazioni dell’arte gotica: la cattedrale di Chartres. Essa presenta, sebbene adottando forme artistiche variegate (vetrate, bassorilievi, sculture) tematiche e accostamenti che sono comuni anche al mosaico di Otranto. Interessante è, ad esempio, il bassorilievo che ritrae insieme Melchisedek, la regina di Saba e re Salomone. Melchisedek reca tra le mani una coppa e nella dicitura che campeggia sotto il bassorilievo vi è una enigmatica scritta in latino “HIC AMITITUR ARCHA CEDERIS”. In questa forma la frase è priva di significato.

Una delle possibili alternative potrebbe essere “HIC AMICITUR ARCHA FOEDERIS”, in pratica “Qui è nascosta l’arca dell’alleanza”, ma indipendentemente dal significato, l’accostamento tra Re Salomone e Melchisedek, la regina di Saba e il Graal è interamente presente nel mosaico con un simbolismo più criptico ma simile. Nel mosaico, infatti, ritorna la doppia funzione della immagine di Salomone che è allo stesso tempo Re di Salem (Jerusalem o “città della Pace” con etimologia ebraica) ma anche Re di Giustizia (essendo egli stesso il simbolo massimo della giustizia e della saggezza) così come l’enigmatico Re di Salem (Gerusalemme nel papiro qumraniano 11Qmelch) Melchisedek è, nella etimologia ebraica il re (melek in lingua ebraica) di giustizia (sedek in lingua ebraica). I due personaggi rappresentano il doppio messianesimo tipico dell’essenismo (il messia di Aronne ed il Messia di Davide) che, se vogliamo, ci riporta alla doppia funzione del Messia: sacerdotale e politica che si unisce nel Cristo, in particolare in quello giudaico-cristiano prima, e gnostico dopo. La centralità di Melchisedek è un elemento fortemente caratterizzante delle scritture qumraniane (papiro 11Qmelch, Libri di Enoch), di quelle gnostiche (scritti di Nag Hammadi) e di quelle di matrice giudaico-cristiana (la Lettera agli Ebrei, chiaramente rivolta ai giudeo-cristiani come invito alla unificazione con la corrente paolina del cristianesimo, è l’unico tra gli scritti neotestamentari che fa un chiaro riferimento a questa figura). Quindi Melchisedek è, di per sé, un primo forte indizio che colloca gli autori della cattedrale di Chartes e del mosaico di Otranto nell’ambito della teologia gnostica o al più giudaico-cristiana. La figura della regina di Saba, invece, è un elemento simbolico che caratterizza le opere chiaramente ed univocamente come gnostiche. La regina di Saba è il simbolo della saggezza (caratteristica questa della Maddalena), ma è anche la regina nera che richiama alla mente il culto di Iside, e il culto della Madonna nera, introdotto, proprio da Re Dagoberto. Ed è proprio l’ambiguità del nome Maria che consente agli eretici gnostici di nascondere il culto della Maddalena dietro quello della Vergine, e forse il culto del figlio avuto da Gesù dietro Gesù stesso. Questa ambiguità è presente, come indicato, nel mosaico attraverso la pantera (chiaro richiamo alla tesi del polemista Celso ed alle scritture Toledot ebraiche che volevano Gesù figlio di un soldato romano di nome Pandera) che regge l’ariete e che segnala il passaggio da un era, quella dell’Ariete, ad un’altra, quella dei Pesci, (rappresentati dalla sua compagna la sirena a due code) attraverso Gesù. La pantera ha una compagna, la Sirena Melusine, che è nel contempo la Madre dell’Ariete (Gesù) e compagna (Miriam in ebraico) dello stesso Gesù e quindi progenitrice della stirpe Merovingia (per il dettaglio di questa tesi rimandiamo ai precedenti due articoli pubblicati su Episteme n. 5). Nella raffigurazione di Chartres, Melchisedek regge una coppa chiaramente indicante il sangue e la coppa dell’ultima cena. Il fatto che sia lui a tenere in mano la coppa lo ricollega al sacerdozio eterno cui è destinato, e che ha in Gesù il legittimo successore.

Per finire non possiamo non soffermarci su quella che è una ulteriore evidente prova a sostegno della diffusione della leggenda della Maddalena in Francia in epoca medioevale: la raffigurazione del viaggio della Maddalena in Francia in una delle vetrate della cattedrale di Chartres.

Soffermiamoci sulla parte centrale della vetrata (abbiamo isolato unicamente questa in figura) che, come il mosaico, va letta dal basso verso l’alto. Al centro, in basso a sinistra La Maddalena vestita con un mantello azzurro da cui fuoriesce una tunica rossa, sale su una nave. Giunge in Francia con la sorella Marta ed il fratello Lazzaro ove S. Massimino vescovo li accoglie(al centro in basso). Nella scena in basso a destra è raffigurata una sorta di castello che pare richiamare l’accoglienza che il principe francese dette alla Maddalena. Nel semicerchio superiore la morte della Maddalena e la sua deposizione in un sepolcro (che a questo punto si trova, chiaramente, in Francia). L’anomala scena appare ripetuta e nella seconda il cadavere è bendato. Questo, può, a nostro avviso, avere un sol senso: la prima è la raffigurazione della morte della Maddalena, mentre la seconda raffigura il ritrovamento del corpo o, meglio, una deposizione in un diverso sito, visto che il sarcofago appare chiaramente diverso nelle due raffigurazioni.

La Maddalena nelle basiliche di Cimitile

La più incredibile e significativa raffigurazione della Maddalena è ancora oggi visibile nel complesso delle basiliche paleocristiane di Cimitile in provincia di Napoli. Il complesso rappresenta la più antica testimonianza del Cristianesimo in Italia ma è anche uno dei più sensazionali e prestigiosi documenti del Cristianesimo mondiale. La sua importanza risiede, non solo nella vetustà delle opere ma soprattutto, paradossalmente, nella incuria in cui è stato relegato e che ha consentito, anche se in pessimo stato di conservazione, la sopravvivenza del prezioso patrimonio monumentale e pittorico. Il restauro iniziato nel lontano1988 e culminato con gli interventi per il giubileo, ha restituito al patrimonio artistico mondiale questo prezioso gioiello, eppure, paradossalmente, oggi che queste opere sembrano essere state salvate dall’abbandono, finiscono per essere seriamente minacciate da interventi inutili, eseguiti con incredibile imperizia e superficialità sui quali torneremo doverosamente alla fine di questo capitolo. La principale opera pittorica, sulla quale vogliamo attirare l’attenzione non solo del lettore, ma anche dei critici e degli storici, è allocata nella basilica detta dei Martiri. La basilica costituisce la più antica del complesso e, quindi, si colloca tra le più antiche basiliche paleocristiane mondiali. È un locale di dimensioni ridottissime composto da tre vani risalenti al II-III secolo. Il vano centrale, a cupola, rappresenta il vero gioiello pittorico del complesso, sebbene i dipinti siano in condizioni che si possono eufemisticamente definire disperate. Questo locale contiene sulla parete ovest una rappresentazione della passione di Gesù relativamente convenzionale se non per la collocazione del Cristo in croce che appare dipinto, in parte, su un contrafforte che sorregge la volta. La parete nord ospita vari dipinti che raffigurano episodi evangelici. In questa parete fu ricavato dal vescovo Leone III nel IX secolo il nuovo ingresso all’edificio sostitutivo di quello preesistente orientato a sud. Il primo dipinto della parete nord, situato subito sopra l’ingresso, ritrae la Maddalena e la Vergine inginocchiate ai due lati del Cristo risorto. La scena è quella che tradizionalmente viene identificata con le parole “Noli me tangere” rivolte dal Cristo risorto alla Maddalena. (“Non mi toccare poiché non sono ancora salito al Padre”, Lc 20,17).

Altro dipinto di questa parete è la incredulità di Tommaso che immerge la mano nel costato di Gesù. Un terzo affresco rappresenta la chiamata di Pietro e Andrea raffigurati sulla loro barca durante la pesca. Interessante è uno dei tre ambienti dedicati all’apostolo Giacomo con un apposito altare e con la volta affrescata di cui rimane ben poco. La parete est presenta due altarini ai lati di un arco che funge da ingresso alla cappella di S. Giacomo. I due altarini sono costituiti da due strutture che fuoriescono dal muro e che ospitavano due acquasantiere o un piano destinato, probabilmente, ad oggetti votivi (lo stato di conservazione dei piani orizzontali non consente un migliore dettaglio). I due altarini sono sovrastati da due dipinti ricavati nelle due lunette nel muro incavato di dimensioni identiche di circa 60 cm di altezza. Quello straordinario, a nostro avviso, è il dipinto presente nell’altare a destra della volta.

Esso raffigura la Maddalena, il cui nome è chiaramente visibile a destra della testa, in abito regale che reca sulla testa una vistosissima corona. Singolare è il modo in cui l’artista ha scritto il nome adoperando per la M una sorta di omega capovolta e per la D di Magdal un cerchio. L’autore del dipinto ha posto sulla Maddalena un velo bianco (nimbo) che dista dalla testa alcuni centimetri: l’effetto complessivo è un’amplificazione delle dimensioni della corona che risalta in maniera del tutto inconsueta. Nel ritratto la Maddalena regge tra le mani un vaso chiuso associabile a quello che ospitava l’olio profumato della unzione che precedette l’ultima cena. Interessante è notare che il complesso basilicale contiene svariate raffigurazioni della Madonna, ma nelle più antiche essa appare priva di corona. Il primo dipinto che ritrae la Vergine in veste regale è sito nella basilica di S. Maria degli Angeli ed è stato realizzato nel 1344, come segnala la iscrizione in basso allo stesso dipinto. Esso, quindi, si colloca successivamente alle possibili date proposte per il dipinto della Maddalena. Questa constatazione rende ancor più incredibile la raffigurazione in veste regale della Santa che, quindi, risultava, almeno fino al XIV secolo, l’unico personaggio femminile incoronato presso il vasto complesso basilicale.

Il Reau[20] – irrinunciabile riferimento per l’iconografia cristiana – riporta in analitica carrellata, tutte le possibili raffigurazioni della Santa nei vari secoli e culture, identificando nel vaso il principale tratto iconografico ed aggiunge:

Il vestito muta a seconda che sia rappresentato prima o dopo il suo pentimento. Nel periodo della vita mondana è rappresentato in vesti da cortigiana … una acconciatura civettuola, orecchini pendenti, maniche con spacchi, guanti che il maestro della tavola di Sainte-Barthelemy le fa portare anche ai piedi della croce. Ritiratasi a Saint Baume, la si vede stesa seminuda o vestita solo del manto d’oro dei suoi capelli biondi, di modo che malgrado il teschio davanti cui ella medita, è generalmente meno casta quando è rappresentata nel suo pentimento che durante il suo smarrimento. A partire dal Rinascimento, la maggior parte dei pittori hanno visto in questo motivo privo di ogni carattere religioso, nient’altro che un tentativo per eccitare la sensualità degli osservatori…

Nel sottolineare la singolarità iconografica nulla ci viene, però, detto, pur nella vasta analisi, di possibili raffigurazioni della Maddalena con corona e, nonostante i nostri sforzi, non siamo stati in grado di trovare altri dipinti simili a quello cimitilese[21]. All’infuori della Vergine, esistono rarissime tradizioni di Sante incoronate, legate o alla effettiva regalità (es.: Sant’Elena imperatrice), o alla regalità acquisita attraverso la verginità consacrata in matrimonio mistico a Cristo (es.: S. Agata). E’ evidente che la verginità e la regalità sono attributi non applicabili alla Maddalena. Infatti, la Maddalena era una prostituta e, sebbene proveniente da famiglia di sangue regale, come ricorda la Legenda Aurea, non ci viene presentata come una regina[22]. Il motivo della sua regalità va, quindi, cercato altrove.

Proviamo, quindi, ad analizzare il simbolismo attraverso le parole di S. Paolino vescovo di Nola, artefice primo del complesso basilicale, che alla santa dedica una notevole parte della sua 23ma lettera. Ne stralciamo una sintesi.

Con chiome siffatte anche la famosa donna del Vangelo, simbolo della Chiesa, asciugò i piedi di Cristo, irrigandoli di lacrime e di olio profumato … In lei il signore non amò l’unguento profumato, ma la carità per cui, modesta nell’impudenza ed audace nel suo amore, senza temere l’oltraggio e la ripulsa, penetrò nella casa a sé estranea del fariseo, vi entrò senza essere invitata, petulante ed usando quella violenza con la quale si rapisce il regno dei cieli … non corse alla tavola riccamente imbandita di quel fariseo, ma ai piedi del Cristo e si lavò e si nutrì in essi … compì la sua libagione col pianto, fece l’offerta con l’unguento, sacrificò con l’amore … meritò non solo la remissione dei peccati ma anche la gloria che il suo nome fosse proclamato insieme col Vangelo … Beata lei che gustò Cristo nella carne e ricevette il corpo di Cristo nella realtà fisica … Beata lei che meritò di essere presentata con questa immagine come simbolo della Chiesa… Vale molto di più l’inopportunità di questa donna. Infatti l’ordine del ministero preparato fin dall’eternità … richiedeva che nelle tende di Sem passasse l’abitazione di Jafeth, cioè che nella casa della Legge e dei Profeti fosse giustificata piuttosto la Chiesa … [23]

L’ambiguità di alcune frasi, in Paolino, è solo apparente. L’ortodossia e l’immediatezza dei suoi scritti impedisce di trarre indicazioni nascoste relative ad un rapporto privilegiato della Maddalena con Gesù, ma è del tutto inconsueto il paragone che Paolino propone, e che fa della peccatrice il simbolo stesso della Chiesa conferendole una implicita regalità: la regalità della Chiesa, sposa di Cristo. Esperti del calibro della professoressa Castelfranchi di Lecce, profonda conoscitrice dell’arte bizantina in Italia meridionale, che abbiamo contattato per un parere sulla possibile datazione del dipinto, ritengono, a partire dalla foggia della corona, che il dipinto sia collocabile con certezza nel periodo Svevo-Angioino; eppure vari sono gli elementi che, a nostro avviso, possono consentirci di anticiparne notevolmente l’epoca di composizione. La raffigurazione potrebbe essere stata ispirata direttamente dagli scritti di Paolino e, potrebbe essere stata realizzata, non molto dopo la composizione dell’epistolario (V sec.). Ritorneremo tra breve su questa ipotesi.

Paolino parla raramente di sante nel suo epistolario e ancor più raramente eleva queste a simbolo della Chiesa; la cosa che, però, meraviglia di più è la equivalenza tra questa raffigurazione della Maddalena neotestamentaria e quella che Paolino dedica alla Regina di Saba veterotestamentaria che egli chiama Regina del Sud nella quinta epistola:

Ella (la Regina del Sud) non possedeva la legge della Scrittura, ma aveva la fede della legge, incisa nello spirito della sapienza e della pietà delle tavole del suo cuore. Venuta dagli estremi confini del mondo sospinta dal suo interesse e dal grande desiderio di conseguire la salvezza, bramò ascoltare la sapienza di Dio per ricevere ciò che non possedeva ed attingere la luce della conoscenza di cui era priva. Vuol dire che fin d’allora quella regina destinata a venire dalle genti, desiderava il suo sposo: circondata di varietà del suo vestito intessuto d’oro dimentica del suo popolo e della casa paterna, correva verso l’odore di Cristo che abbondantemente spirava dal suo Profeta (Salomone) …

Perciò ella è ritenuta degna non solo del premio celeste della beata resurrezione, ma anche della potestà degli Apostoli di giudicare i Giudei infedeli per bocca del Giudice in persona, in quanto, avendo ammirato Cristo nella persona di Salomone, aveva compiuto l’amore vero di regina celeste nella mistica immagine della provvida Chiesa.[24]

La esegesi in apparenza ardita di Paolino, che lo porta a riconoscere in Salomone il precursore di Cristo e di conseguenza nella Regina di Saba l’immagine della Chiesa, è estremamente indicativa del clima culturale del primo Medioevo e ci riporta (anche se a distanza di 700 anni) alle raffigurazioni della regina di Saba e di Re Salomone nel mosaico di Otranto. Relativamente al mosaico, si rafforza la nostra convinzione che la prima riga della corona musiva rappresenti da un lato la Regina di Saba ed il Re Salomone come simbolo della coppia veterotestamentaria Gesù-Maddalena, dall’altro la coppia Sirena-Pantera come equivalente della medesima coppia neotestamentaria. Paolino, del resto, non fa altro che commentare e desumere da Matteo il suo paragone:

La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall’estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c’è più di Salomone! (Mt 12,42)

E’ proprio il “ritorno” della Regina del Sud che ci riporta alla Maddalena ed al dipinto che sembra voler suggerire questa interpretazione. Il viso che l’autore del dipinto ha marcatamente brunito, pare voler confermare la associazione tra la scura Regina di Saba e la Maddalena. Paolino era originario della Aquitania e quindi era nato e vissuto in una regione che vide un florido sviluppo del culto della Maddalena: non ci meraviglia, quindi, che alla Maddalena ed alla sua immagine equivalente veterotestamentaria, la Regina di Saba, Paolino dedichi non solo uno spazio inusuale nella sue lettere ma addirittura il titolo di “immagine dalla Chiesa”; ciò che desta meraviglia, è che il culto, se così fosse, era già presente nella Provenza del V secolo. E’, altresì, indicativo constatare che le due lettere furono scritte nei primi 5 anni di permanenza a Nola e quindi non risentono ancora della cultura italica e della evoluzione teologica subita dal pensiero e dalla lingua di Paolino nelle epistole successive. La triade sposa-regina-peccatrice che emerge dagli scritti di Paolino ci sembra, se non la ispirazione diretta del quadro, sicuramente una spiegazione convincente delle motivazioni teologiche alla base di questa raffigurazione, facendo emergere, anche se Paolino mai l’avrebbe sottoscritta, l’esistenza di una tradizione di origine francese, che vedeva nella Maddalena ben più di una sposa mistica di Gesù.

Ma le sorprese della cappella dei Martiri non finiscono qui. A destra della raffigurazione della Maddalena campeggia una figura intera, riccamente vestita priva, purtroppo, del volto, che, cosa estremamente strana, non è stata mai identificata. E’ sufficiente uno sguardo per rendersi conto che la figura in questione è ancora la stessa Maddalena[25]. La testa della figura reca il medesimo velo della Maddalena e, sebbene il volto sia andato perduto, si nota la medesima distanza del velo dalla testa, tanto che, per le identiche dimensioni, il volto della Maddalena nell’altare potrebbe essere perfettamente sovrapposto a quello della figura intera. La figura reca il medesimo mantello e la veste scura della Maddalena nell’altare, ma, i particolari che la identificano, a nostro avviso, definitivamente come la Maddalena, sono il disegno della cintura, il ricamo nelle maniche della veste e i bracciali identici nelle due figure.

Altro particolare che accomuna il metodo realizzativo delle due figure è nella cucitura dorata dei quadroni in cui sono intarsiate le stesse pietruzze che ritroviamo incastonate nella corona. Perché mai allora, l’artista ha voluto raffigurare la Santa sia a mezzo busto che a busto intero?

Il dipinto a figura intera collocato a destra della Maddalena.

Dettaglio: si notano il velo sulla testa, le maniche e la cintura decorata, ed il rotolo ed i bracciali.

Rappresentazioni replicate della medesima figura a mezzo busto e a busto intero, oltre che essere difficilmente spiegabili sono anche alquanto inconsuete. Indubbiamente la figura a busto intero appare ancor più maestosa e regale della immagine a mezzo busto nell’altare. Interessanti sono i particolari della stupenda veste a quadroni.

Comparazione delle decorazioni della cintura della Maddalena a mezzo busto (in alto), e del ricamo della veste della figura a busto intero(in basso). Entrambe presentano una corona circolare contenente una margherita.

Comparazione del velo (nimbo) nella figura a busto intero (a sinistra) ed in quella a mezzo busto (a destra).

Comparazione delle maniche delle due vesti. Figura intera a sinistra e Maddalena a destra.

Decorazioni tipiche di una dalmatica bizantina
del V-VI sec.
Si noti la similitudine con le spirali sulla cintura e sulla veste o con la decorazione della manica della tunica nella Maddalena.

Come abbiamo precedentemente indicato, sia la corona nimbata che la veste sono state classificate come Svevo/Angioine, ma può essere davvero esclusa l’ipotesi della contemporaneità al periodo paolino[26]? Del resto alcune preziose corone come quella dello stesso Federico II e della moglie Costanza di Aragona, ma anche quelle raffigurate in alcune miniature del periodo, sembrano particolarmente distanti dalla foggia della corona della Maddalena.

La corona imperiale di Ottone il Grande
ereditata da
Federico II.

Il cumuleuco di Costanza d’Aragona moglie di Federico II, Palermo, tesoro della cattedrale.

Il matrimonio tra la giovane Jolanda di Brienne e Federico II, dalla Cronica del Villani.

In particolare abbiamo notato che il tipo di tunica della figura intera e della Maddalena sembra essere una tipica dalmatica imperiale bizantina che era dotata di lunghe e larghe maniche come quelle nel dipinto. Abbiamo ritrovato foto di decorazioni adoperate per le maniche ed i bordi di questo tipo di abbigliamento databili al IV-V sec. comparabili alla dalmatica della Maddalena. Va sicuramente detto, che le dalmatiche, solitamente, avevano colorazione chiara e non possedevano decorazioni così diffuse (quadroni scuri nel dipinto a figura intera) ma quasi sempre concentrate (maniche, bordi). Esistono, comunque, raffigurazioni che, ritraggono simili variazioni. In un mosaico del IV secolo che si può ammirare nella chiesa di S. Vitale a Ravenna (525-548), raffigurante la imperatrice Teodora ed il suo corteo di cortigiane, ritroviamo non solo la corona nimbata (sebbene diversa da quella del dipinto come diverso è il tipo di corona), ma anche una decorazione a rombi (bordo inferiore di una delle figure a destra del dipinto) estremamente simile a quella a quadri con bordo decorato che adorna la dalmatica nella figura a busto intero cimitilese.

Corteo della imperatrice Teodora (chiesa di S. Vitale a Ravenna 525 -548)
Notare la decorazione a rombi della ultima cortigiana a destra.

Le figure con bordi marcati del mosaico, l’assenza di chiaroscuri, lo sviluppo totalmente bidimensionale ed in particolare la fattura dei volti con contorni marcati ed allungati accomunano, a nostro avviso, i due affreschi cimitilesi e le figure musive del ravennate.

Altro elemento che non andrebbe trascurato, è il fatto che il dipinto verticale cimitilese, pur trovandosi sulla parete in cui era presente il precedente ingresso chiuso da Leone III, campeggia in una zona esterna a quella in cui era situata l’apertura. Quella zona muraria è, quindi, potenzialmente rimasta inalterata. Parimenti, va osservato che, salvo ritenere successivo il muro di separazione con le due lunette e gli altarini che contengono Eusebio (di cui parleremo tra breve) e la Maddalena, il muro stesso potrebbe risalire al III-IV secolo e quindi sarebbe anomalo che, pur essendo state ricavate due aree incavate destinate chiaramente a contenere figure o statue votive, queste non siano state affrescate per oltre 600 anni.

Ma andiamo ad analizzare altre singolari similitudini con alcune opere del patrimonio pittorico e musivo italiano. Una particolare affinità la ritroviamo comparando la Maddalena ad un altro mosaico altrettanto anomalo: quello che ritroviamo nella basilica di S. Prassede a Roma.

Soffermiamo l’attenzione sui primi due personaggi dei 4 che compongono il mosaico databile al IX sec.. Interessante è il primo dei due denominato “Episcopa Theodora”.

Probabilmente si trattava di una persona in vita quando è stato eseguito il mosaico e, pur ritenendo il personaggio in aura di santità, lo si è rappresentato con una corona quadrata per distinguerlo dagli altri quattro (Santa Prassede, la Madonna e Santa Prudenziana). Non ci soffermeremo sull’altro interessantissimo particolare riguardante il fatto che il personaggio rappresenta chiaramente un vescovo di sesso femminile e che, quindi, costituisce una prova della apertura, nella chiesa delle origini, al sacerdozio alle donne[27].

Va notato che la Theodora del dipinto non è mai divenuta santa, suggerendoci la flessibilità che il concetto di santità aveva nel primo Medioevo e sul quale torneremo in relazione al dipinto che a Cimitile raffigura S. Eusebio. Molto interessante, ai nostri fini è il personaggio di S. Prudenziana rappresentato con una corona a tre punte simile alle tre punte che ritroviamo nella corona della Maddalena. Ciò aggiunge un tassello alla nostra ipotesi di predatazione, portandoci a soli 400 anni dalla data che presumiamo sia quella di composizione del nostro dipinto.

Altro sito fondamentale per la nostra elaborazione è la antichissima basilica di S. Maria Maggiore a Roma ed anche in questo caso le opere che ci interessano sono due stupendi mosaici il primo dei quali orna la facciata. La basilica del IV secolo fu ristrutturata da Papa Innocenzo II nel XII secolo dandogli l’attuale aspetto. Il mosaico in facciata mostra una stupenda Vergine in trono priva di corona, circondata dalle vergini savie e da quelle stolte della famosa parabola evangelica. Giungiamo, così, alla prima stranezza. Le vergini savie posseggono sia aureola che corona. Per essere più precisi, le vergini stolte posseggono solo l’aureola e portano una lampada ad olio spenta, mentre quelle savie posseggono aureola e corona con lampada ad olio accesa.

Difficile è dire quale sia il motivo che ha spinto l’autore del mosaico a raffigurare anche le vergini stolte con l’aureola. Se questa era strana per quelle savie, visto che si tratta di personaggi di fantasia, ci pare assurda per quelle stolte che non sono in alcun modo collegabili al concetto di santità. Raffrontando le raffigurazioni delle Vergini con quella della Maddalena nelle basiliche di Cimitile emergono svariate similitudini che non possono essere solo frutto del caso. Prima di tutto, osservando le vergini savie, si nota il ripetersi costante della presenza di una corona a tre punte simile a quella della Maddalena, ma è evidente che questo è solo uno degli aspetti e forse il meno interessante. La veste di tutte le vergini ha una fattura pressoché analoga a quella della Maddalena a figura intera cimitilese. Si ripetono i quadroni anche se in questo caso sono disposti romboidalmente.

Ritornano il bordo e le maniche ricamate, la cintura decorata e, cosa che risalta in maniera emblematica, la evidente presenza di un nimbo sotto la corona delle vergini savie. Il contrasto tra la Madonna priva di corona e le vergini savie rende ancor più singolare la raffigurazione, specie se si entra all’interno della basilica e si comparano la vergine sulla facciata – priva di corona, ma assisa in trono con il bambino – e quella in trono incoronata che si trova all’interno.

Qui la “Madonna” appare abbracciata al Cristo, e sormontata, da una corona che, ancora una volta, si presenta con tre punte ed ha foggia identica a quella delle vergini sulla facciata. Colpisce l’aspetto giovanile della figura femminile, di fronte alla quale il Gesù barbuto, che poggia una mano sulla spalla della donna (altro atteggiamento singolare), appare visibilmente, più anziano. Comparando le vesti della Madonna in facciata con quella raffigurata sotto l’abside appare stridente la differenza. La veste della Madonna in facciata, sebbene elaborata, non sembra una veste nobiliare. Il drappeggio vistoso e le decorazioni geometriche grossolane sembrano fatte per esaltare la differenza tra la nobiltà delle vesti delle vergini savie rispetto a quella della Madonna. La veste della Madonna sembra molto più vicina a quella priva di decorazioni delle vergini stolte che non a quella riccamente decorata di quelle savie. La Madonna, invece, sotto l’abside è vestita con una sfarzosa veste riccamente decorata ed indossa scarpe, anch’esse decorate che risaltano di fronte ai piedi nudi di Gesù che indossa un semplice paio di sandali.

Crediamo che la sequenza delle 4 immagini, le prime due della Maddalena nelle basiliche di Cimitile, la seconda di una delle vergini della basilica di S. Maria in Trastevere e l’ultima della Madonna in trono sempre nella medesima basilica rendano meglio di ogni altra descrizione le deduzioni comparative che intendiamo proporre. Ad aumentare le nostre perplessità di fronte all’ambigua raffigurazione absidale della chiesa trasteverina intervengono le due iscrizioni: “leva eius sub capite meo et dextera illius amplexabitur me” (la sua sinistra è sotto il mio capo e la destra mi abbraccerà) incise nel rotolo che tiene in mano la Madonna e “veni electa mea et ponam te in thronum meum” (vieni mia eletta e ti porrò sul mio trono).

La scritta riportata nel libro tra le mani del Cristo la ritroviamo anche in un dipinto sostanzialmente identico, successivo a quello in analisi presente presso la cappella paolina ultimata nel 1611.

Qui, però, sparisce l’ambiguo braccio che circonda la spalla della Vergine. Il senso profondo di questa ambiguità si comprende solo risalendo alla fonte che ha ispirato le due scritte che è il Cantico dei Cantici, stupendo poema biblico dedicato al dialogo passionale che intercorre tra due sposi. La radice ambigua di questa ispirazione viene del tutto esplicata nel Pontificale Romanum – Jussu editum a Benedicto XIV et Leone XIII recognitum et castigatum ove essa diviene:

“Veni, electa mea, et ponam in te thronum meum. Quia concupivit rex speciem tuam.”

E’, quindi, evidente che colei che è rappresentata è la Sposa mistica di Cristo: la Chiesa, ma nel contempo è anche la compagna di Cristo che non può essere la Vergine sebbene la teologia cattolica voglia caricare la Madonna anche di questo appellativo. La donna nel dipinto riprende il concetto espresso nell’epistolario paolino, in tal senso essa è, a nostro avviso, ispirata da una iconografia ancora in fase di transizione al momento della composizione del mosaico che aveva sovrapposto l’immagine della Madonna (in vesti umili) a quella della Maddalena (in veste e con corona regale) con l’intenzione di soppiantare quest’ultima. In questa nuova e più tranquilla collocazione teologica, gli artisti possono elaborare il concetto spingendosi fino a porre la “nuova” Maddalena sul posto che le competeva secondo la gnosi e quindi sul trono di Cristo, riprendendo l’inconscia mediazione proposta da S. Paolino: la Maddalena quale simbolo della Chiesa e Sposa mistica di Cristo. Il dipinto cimitilese è, quindi, una preziosa prova di questa transizione dal culto della Maddalena incoronata a quello delle varie Madonne incoronate che popolano le chiese, in particolare, quelle del Sud Italia. Questa prova, già di per se validissima, acquista ancor più forza nella ipotesi da noi proposta, che suggerisce una data anteriore a tutte le opere che abbiamo esaminato, e che esamineremo ancora nel seguito di questa trattazione. E’ la stessa esistenza della Maddalena intatta nelle basiliche che testimonia la sua antichità, riportandoci ad una fase storica, come quella che vide la stesura dell’epistolario paolino, ove tale ambiguità non era ancora colta in tutto il suo potenziale teologico devastante.

Ma torniamo al mosaico romano. La similitudine tra le figure delle vergini nel corteo musivo della facciata di S. Maria in Trastevere ed il corteo della Imperatrice Teodora nella chiesa di S. Vitale sembra tutt’altro che casuale anche se si pensa che nella stessa chiesa viene conservato una delle più antiche raffigurazioni della Madonna databile al VI-VII sec. che mostra evidenti analogie con l’immagine della Imperatrice nella chiesa di S. Vittore.

L’abito presenta la medesima decorazione dell’ampio collare della dalmatica di Teodora, identico è, poi, il copricapo nimbato nelle due figure. Siamo a poco più di 100 anni dalla realizzazione delle basiliche cimitilesi e, sebbene, come si sa, nessuna delle madonne precedenti a quella del 1344 nella basilica di S. Maria degli Angeli porti la corona, a Roma parecchi secoli prima si rappresenta una Madonna con copricapo bizantino ed in veste regale, a testimonianza dell’inizio della fase di transizione iconografica di cui si parlava.

A questo punto, ciò che manca alla nostra ricostruzione è un dipinto che rappresenti il momento di transizione in cui il copricapo bizantino imperiale alla Teodora sulla testa della Vergine sia appaiato alla corona a tre punte sulla testa della Maddalena. Questo dipinto esiste ed è stato di recente scoperto nella chiesa di Santa Susanna[28] in Roma.

Il dipinto rappresenta le tre Marie evangeliche. La Maddalena è all’estrema destra, riconoscibile dal vaso che sorregge con gesto identico a quello della Maddalena nelle basiliche cimitilesi, è sormontata da una corona a tre punte che la differenzia dal personaggio di sinistra che ne è privo. La Vergine, invece, si presenta con il bambino e con il copricapo imperiale bizantino della principessa Teodora nella basilica di S. Vitale a Ravenna. Singolare ci appare anche la similitudine formale tra questo dipinto e quello cimitilese, specie in relazione al modo in cui sono stati delineati i contorni del volto e degli occhi. Si paragonino, infatti, le palpebre della Madonna di questo dipinto con quelle della Maddalena cimitilese.

A questo punto possiamo ricapitolare i passi della transizione di culto ed iconografica. S. Paolino prepara la strada al cambio con la sua ardita teologia che paragona la Maddalena alla Chiesa ed alla Sposa mistica di Cristo, riadattando un culto di origine provenzale, che aveva incamerato nella sua terra e che era di chiara, anche se non dichiarata, sub-origine gnostica. Il dipinto cimitilese della Maddalena incoronata, crediamo, si basi proprio su questa teologia.

Le basiliche di Cimitile e lo stesso Paolino, come testimonia il suo vasto epistolario ed in particolar modo l’epistola 32, divengono promotori di un vasto movimento di uomini ed idee che sfocia nella realizzazione di varie chiese tra la Provenza e l’Italia centrale e settentrionale, che, in qualche modo, vedono una influenza diretta o indiretta del vasto complesso basilicale cimitilese. Il costume di Paolino che commenta le immagini dipinte con un carme esplicativo, diviene la prassi, come dimostra, appunto, la lettera 32. Le immagini non sono importanti in quanto singole, ma in quanto combinate con il complesso delle rappresentazioni di una basilica: questa è l’idea centrale in Paolino che esprime, chiaramente, un costume in uso al tempo. Paolino, spesso consultato dai suoi amici, probabilmente diviene un riferimento non solo per la già vasta e nutrita cerchia di autorevoli personaggi che stimano profondamente il monaco nolano. In questo ambito il pensiero di Paolino sulla Maddalena dovette divenire uno dei momenti iconografici tipici anche se, ben presto, la contraddizione stridente evidente nelle basiliche cimitilesi, tra la Vergine in vesti umili e non regali e la Maddalena in vesti regali, insieme alle idee eretiche della gnosi e del ruolo della Maddalena in quella eresia, dovettero spingere ai primi tentativi di rappresentazione diversa della Madonna di cui il dipinto di S. Maria Maggiore è una delle prime testimonianze. Quel dipinto, come anche quello cimitilese, traggono ispirazione dai mosaici del ravennate ed in particolare dal riferimento primo della regalità al femminile: il corteo nuziale della imperatrice Teodora. Ma Paolino – ritenendo plausibile la datazione da noi proposta per la Maddalena cimitilese – sceglie un modello raffigurativo più libero e che, come mostreremo tra breve, sembra ispirato alla sua origine Provenzale o è, comunque, di origine Francese. Quella raffigurazione della Maddalena e la teologia che Paolino esprime, è ancora presente nel dipinto della basilica di S. Susanna. Qui, però, la Maddalena incoronata è affiancata alla Vergine imperatrice. La Vergine indossa il copricapo bizantino della imperatrice Teodora che pone il suo simbolo regale al di sopra di quello della Maddalena rappresentata con la corona a tre punte. Questo è l’apice del periodo di transizione prima della scomparsa definitiva della Maddalena incoronata.

Sarebbe interessante sapere se lo stato di degrado del dipinto è dovuto ad una deliberata distruzione, ma ciò ci porterebbe fuori tema.

Altro interessante dettaglio, tutt’altro che trascurabile, è costituito dal volto volontariamente e fortemente brunito, della Maddalena nel dipinto cimitilese. E legittimo pensare che, se il culto della Vergine Incoronata costituisce una sovrapposizione sostitutiva di quello della Maddalena, il culto delle Madonne Nere, anch’esse sempre incoronate, è il più chiaro e diretto richiamo alla iconografia cui si ispira e che testimonia il dipinto cimitilese. Attraverso la Maddalena di Cimitile viene, quindi, documentalmente confermata la plausibilità della teoria della transizione di culto dalla bruna Maddalena Incoronata alle nere Madonne Incoronate ed alle Madonne Incoronate in generale.

Resta, a questo punto, il dubbio sulla datazione della Corona e sull’origine di quella particolare foggia che, evidentemente, non era italica, ma francese. A testimoniare l’antichità della corona a tre punte viene la miniatura di una Bibbia carolingia del IX secolo che mostriamo di seguito e che rappresenta Carlo Magno assiso in trono con una corona che non è, evidentemente, la famosa Corona Ferrea.

La forma della corona a tre punte torna anche in altre rappresentazioni come un salterio del IX sec. raffigurante Carlo il Calvo ed i simboli regali[29]. La corona a tre punte, quindi, già esisteva nella Francia della fine dell’VIII secolo, anni in cui salì al trono Carlo Magno.

Possiamo anche proporre una ipotesi sulla sua possibile origine. E’ nostra convinzione che la foggia della corona a tre foglie possa aver preceduto quella a tre punte riprendendo una tradizione ancor più antica che potrebbe aver preso le mosse in Gallia dal costume di coronare la testa dei re e dei vincitori ispirata, probabilmente, a quanto accadeva nel costume romano. Le foglie ed il rami intrecciati a cerchio, potrebbero essere stati ripresi nella formazione della foggia della tipica corona medievale “à fleurons”. Le tre punte dovevano avere una funzione simbolica particolare confermata, a nostro avviso, dalla mano di Dio che si stende sulla testa di Carlo il Calvo nel suddetto salterio. In particolare riteniamo che le tre foglie tripartite rappresentassero l’unità della trinità nella figura regale che manifestava, quindi, la congiunzione tra la funzione regale e quella divina.

Ma torniamo alle basiliche di Cimitile. A rafforzare la nostra convinzione inerente la datazione dei due affreschi delle lunette al IV secolo è l’altro dei due dipinti raffigurante S. Eusebio. Soffermiamoci allora su questa raffigurazione ed in particolare sulla identità del personaggio.

Che si tratti di S. Eusebio ci è confermato dalla dicitura visibile (EUSEBIUS) a destra del Santo. Un interessante particolare che accomuna i due dipinti (la Maddalena ed Eusebio) a quelli del ravennate, non ripreso in alcuno dei dipinti fino ad ora visti, è nella forma e nella realizzazione delle due aureole. Entrambe hanno un bordo scuro in cui sono incastonate pietruzze bianche a mo’ di mosaico. Questo modo di rappresentare l’aureola è comune solo alle basiliche bizantine di Ravenna. Nella immagine seguente sono comparate le due raffigurazioni da cui si evidenzia la similitudine anche nel modo di rappresentare il viso, di marcare i contorni e nello sviluppo piano in cui i chiaroscuri sono pressoché assenti.

 

Ma a quale S. Eusebio si riferisce il dipinto? La presenza del libro, la dalmatica rossa tipico abito vescovile, l’aureola che identifica il santo sembrerebbero ricondurci a S. Eusebio vescovo di Vercelli cui è attribuita la prima traduzione in latino dei Vangeli (il duomo di Vercelli conserva ancora un codice di quella traduzione, attribuito al vescovo), eppure, anche in questo caso, le lettere di Paolino aprono una diversa e straordinaria possibilità di identificazione. In una delle sue primissime lettere scritte dopo soli due mesi dall’avvio della personale attività monastica iniziata con il trasferimento dalla Spagna a Cimitile, Paolino scrive a S. Agostino quanto segue:

In verità io, sebbene inferiore a te in tutto, con un dono che potesse ricambiare in qualche modo il tuo, ti ho procurato, così come avevi chiesto, la famosa Storia Universale di Eusebio, venerabile vescovo di Costantinopoli … Ad ogni modo, poiché ti sei degnato di indicarmi anche i luoghi dove potevi trovarti, così come tu stesso avevi consigliato, ho scritto al nostro padre Aurelio, tuo venerabile collega nella dignità episcopale, di modo che, qualora attualmente tu ti trovassi ad Ippona egli abbia la cortesia di inviarti colà la mia lettera e questo codice membranaceo dopo averlo fatto trascrivere a Cartagine … affinché al nostro parente Domnione non mancasse troppo a lungo il suo codice e quello a te trasmesso restasse a tua disposizione senza necessità di restituirlo.

L’equivoco che porta Paolino a confondere Eusebio da Cesarea con Eusebio vescovo di Costantinopoli è alquanto singolare, visto che il secondo fu, fino alla morte, un acerrimo sostenitore di Ario e della eresia gnostica. L’errore appare ancor più vistoso ed inspiegabile se si constata come Paolino, sebbene non possedesse il testo in precedenza, ne conosceva la fama e se si pensa che egli lo stava inviando ad Agostino in cambio dei suoi scritti appena pervenutigli in cui Agostino confuta le eresie del periodo. Va anche detto che, con questa lettera, la prima che Paolino invia ad Agostino, egli si propone di instaurare una amicizia salda con un personaggio che fino ad allora conosceva solo per fama, probabilmente l’evento avrebbe meritato una maggiore attenzione. Sicuramente né Eusebio da Cesarea né, ovviamente, Eusebio da Costantinopoli sono divenuti santi, ma il termine venerabile, adottato da Paolino, la disconoscenza dei fatti che egli dimostra nella epistola accompagnata dalla importanza che Paolino dà all’opera di Eusebio, suggeriscono una diversa interpretazione delle due rappresentazioni nella cappella dei S.S. Martiri, ma per giungerci dobbiamo operare una breve digressione. Sappiamo che la lettera 3, ora citata, fu scritta nel 359 poco dopo l’arrivo a Nola, mentre la 23, vista in precedenza (quella in cui si parla della Maddalena) fu scritta 5 anni dopo. Ciò che esisteva, all’arrivo di Paolino, era sicuramente la cappella dei Martiri priva dei numerosi affreschi fatti realizzare in parte proprio da Paolino. Sappiamo anche che Paolino fece portare a Nola i frammenti della Santa Croce e che manteneva un particolarissimo interesse per reliquie quali quelle di S. Felice cui era profondamente devoto. La vistosa corona che campeggia sulla testa della Maddalena non può non richiamare quella che compare nella scritta marmorea apposta sotto il protiro realizzato dal vescovo Leone III che recita:

Basilica de’ S.S. Martiri la quale è un intero pozzo, pieno delli corpi e sangue delli suddetti, e si sente bollire ne’ giorni de’ loro natali. Una donna incredula vi calò la corona e la tirò su piena di sangue, le cui gocciole incavarono il marmo. A man destra si vede il luogo ove S. Felice fu difeso dalle tele d’Aragni.

Il giorno dei natali è da intendersi come giorno del martirio fatto coincidere con quello della passione di Gesù, mentre l’ultimo episodio parla di un salvataggio miracoloso di S. Felice che in fuga fu nascosto dalle ragnatele tessute velocemente da un gruppo di ragni. Nella lapide si narra di “una” donna e non di una regina, ma nel contempo di parla “della” corona, come se l’oggetto fosse essenziale nella narrazione e fosse preesistente al fatto. In buona sostanza non crediamo sia peregrina l’ipotesi che la corona fosse una delle reliquie conservate nella cappella, proprio sull’altarino di fronte alla Maddalena, ciò spiegherebbe un gesto, altrimenti alquanto anomalo, quale quello di introdurre una corona in una pozza di sangue: il gesto, probabilmente, racchiudeva un consolidato rituale. Approfittando della leggenda che voleva la Santa di stirpe regale, anche per il suo legame spirituale con Gesù, è possibile che si ritenesse la corona come appartenuta alla Santa, conciliando la leggenda della goccia di sangue che scava la roccia e quella della corona della Maddalena. Il gesto rituale avrebbe avuto anche un forte valore simbolico nell’ottica della funzione che Paolino conferisce alla Maddalena: essendo, infatti, essa il simbolo della Chiesa, la sua corona era la corona stessa della Chiesa che immersa nel sangue dei Martiri assumeva una potente funzione allegorica. Il gesto compenetrava in sé la Chiesa ed il Sangue dei Martiri, e probabilmente, poggiandosi la corona sul capo i fedeli intendevano acquisire una duplice benedizione. Se, allora, l’altarino di fronte alla Maddalena era destinato alla corona vistosamente rappresentata sul capo della Santa, è intuibile che quello simmetrico dedicato a S. Eusebio contenesse il voluminoso libro che egli mantiene sotto il braccio e che quel libro fosse proprio il testo membranaceo della “Storia Universale” che, come si legge dalla epistola, dovette tornare a Nola dopo essere stato ricopiato per Agostino. In quest’ottica la funzione teologica delle due figure è abbastanza chiara. S. Eusebio con la sua Storia Universale rappresenta il cristianesimo come fulcro della storia dell’Uomo. La storia stessa culmina nel cristianesimo e nella fondazione della Chiesa di Roma. La Maddalena, dal canto suo, come Paolino stesso indica, è il simbolo stesso della Chiesa, ed è allora chiara la scelta di decorare con medesimo motivo, la cintura della Santa sul libro che S. Eusebio tiene sotto il braccio.

Cintura della Maddalena – Particolare della decorazione comparato con la decorazione sulla copertina del libro tra le mani di S. Eusebio.

La mancanza di affreschi simili sulla parete (fatta eccezione per il Cristo sul trono e per i dipinti nelle parti interne dell’arco) conferma la nostra convinzione che si sia voluto dare risalto, fin dalla costruzione del muro nella basilica, alla figure in esso rappresentate (Cristo, Eusebio e la Maddalena).

Soffermiamoci, a questo punto, sugli oggetti che le due Maddelene cimitilesi portano tra le mani. L’unica differenza evidente è nell’oggetto che la figura intera ha tra le mani e che ci riporta a quelli che appaiono nella immagine a mezzo busto sotto le maniche del vestito.

Nella figura a busto intero il braccio destro regge un oggetto scuro che sembra l’estremità del medesimo oggetto chiaro che è sotto il braccio sinistro. Sebbene le due estremità diano l’impressione d’essere la testa di due bimbi, l’uno biondo l’altro bruno, la mancanza della parte inferiore dei presunti due corpicini ci porta ad escludere questa ipotesi[30], l’oggetto parrebbe, invece, essere una sorta di rotolo di notevoli dimensioni. E’ proprio l’immagine ridotta del medesimo rotolo nella figura a mezzo busto che emerge sotto le due braccia della Maddalena nell’altare che ci fa desumere che proprio di questo oggetto possa trattarsi. E’, a questo punto, evidente che il rotolo in questione non può che essere il telo sindonico. Infatti la Maddalena nella figura a mezzo busto è raffigurata prima della passione con il simbolo che ne preannuncia l’imminenza: il vaso. Il telo appare ridotto per dare rilevanza al simbolo degli oli profumati della unzione. Nella figura a busto intero, la Maddalena è ritratta dopo la Passione quale depositaria della preziosa reliquia e quindi della prova della resurrezione. E’ infatti, proprio la Maddalena la prima a recarsi nel sepolcro e la prima a vedere il Cristo risorto. La Passione ed il sangue del Martirio con la regalità della sposa mistica che dalla Maddalena si estende a tutti gli apostoli ed ai Martiri, sembra, quindi, essere il tema dominante della cappella. Lo stesso Paolino, nelle sue epistole (es.: nella epistola 3,4) parla di “stirpe regale e sacerdotale” riferendosi all’apostolato.

Come anticipato, vogliamo chiudere questo lungo paragrafo con un forte senso di amarezza.

La foto che riportiamo è tratta dal bel volume di Arcangelo Mercogliano Le Basiliche di Cimitile (ed. Barone) ed espone la situazione al 1988. E’ con sincero dolore che constatiamo l’ulteriore degrado e lo scempio cui è stato sottoposto il dipinto. Oggi la cintura della Maddalena è del tutto scomparsa, come scomparsa è la scritta che appariva a sinistra della testa. Uno sciagurato intervento privo, a nostro avviso, di senso, con il quale sono state coperte con uno spesso strato di intonaco a base cementizia (notoriamente isolante) le pareti della cappella di S. Giacomo subito dietro il dipinto della Maddalena, ha provocato una copiosa traspirazione attraverso il dipinto che risulta, oggi, vistosamente coperto di sali minerali con parti irrimediabilmente perse come il nome stesso della figura. La cintura, probabilmente per effetto di questo e di altri sciagurati interventi che nulla avevano a che vedere con il recupero, è scomparsa del tutto, essendo crollato l’intonaco che la sosteneva.

Ma il danno irreparabile non finisce qui. Il libro di Mercogliano (pag. 224) parla della figura intera della Maddalena, segnalando che la santa (che non identifica) appare riccamente addobbata e sormontata da corona: di quella corona non v’è traccia, essendo stata cancellata insieme all’intonaco che era al di sotto: ma da chi? Evidentissime sono le tracce di schizzi di cemento sulla figura che, quindi, non è stata protetta durante gli interventi. Abbiamo rilevato anche quelle che sembrano abrasioni di spazzola effettuate, forse, per far fronte al danno che si era procurato. E’ indispensabile un immediato intervento per salvare queste due opere di inestimabile valore non solo artistico, ma storico e teologico che gettano una luce definitiva a testimonianza delle trasformazioni del culto cristiano e della epurazione delle componenti ritenute troppo vicine alle eresie gnostiche con assimilazione e trasformazione in altri culti.

Abbiamo doverosamente, segnalato il problema che ha trovato pronto e sensibile riscontro nelle persone dei professori Sersale e Marino del Dipartimento di Ingegneria dei Materiali dell’Università di Napoli, i quali si sono fatti carico di un articolo denuncia che uscirà, probabilmente, in contemporanea alla pubblicazione di questo nostro. Crediamo sarebbe opportuno non alimentare nuove leggende in merito alla deliberata volontà di distruggere tutto ciò che può riportarci alla verità sulla storia del Cristianesimo, già ricca di momenti oscuri per fortuna passati ormai da tempo.

L’eresia catara, il Vangelo di Filippo ed il mosaico di Otranto

Nella convinzione che l’eresia Catara trovi parziale riscontro anche nell’opera musiva di Pantaleone riportiamo di seguito un brano trattato dalla Historia Albigensis di Pierre de Vaux de Cernay31. Il lungo estratto evidenzia gli aspetti principali della eresia che ritroviamo nell’opera musiva di Pantaleone:

Prima di tutto, bisogna sapere che gli eretici ritenevano che ci siano due Creatori; cioè uno delle cose invisibili, che chiamano il Dio buono, ed un altro delle cose visibili, che chiamano il Dio maligno. Attribuivano il Nuovo Testamento al Dio buono e l’Antico Testamento al Dio maligno e quest’ultimo lo rifiutavano interamente, con l’eccezione di alcuni passi che sono accolti nel Nuovo Testamento; questi ultimi li ritenevano degni di essere accolti per la riverenza dovuta al Nuovo Testamento. Essi accusavano l’autore dell’Antico Testamento di falsità, poiché il Creatore disse: “Nel giorno che mangerete dell’albero della conoscenza del bene e del male, morirete”; ma (dicono) dopo averne mangiato non morirono; mentre, invero, dopo aver mangiato il frutto proibito (gli uomini) furono assoggettati alla miseria della morte. Lo chiamano anche omicida, sia per aver bruciato Sodoma e Gomorra ed aver distrutto il mondo con le acque del diluvio, sia per aver scaraventato nel mare Faraone e gli Egiziani. Affermavano anche che tutti i padri dell’Antico Testamento erano dannati; che Giovanni il Battista era uno dei più grandi demoni. Essi dicevano anche, nella loro dottrina segreta, che quel Cristo che era nato nel mondo visibile, nella Betlemme terrestre, e fu crocifisso a Gerusalemme, era malvagio, e che Maria Maddalena era la sua concubina; e che era lei la donna sorpresa in adulterio, di cui leggiamo nel vangelo. Poiché il Cristo buono, dicevano, non mangiò mai, né bevve, né prese su di sé carne mortale, né fu mai in questo mondo, eccetto che spiritualmente nel corpo di Paolo … Dicevano che quasi tutta la chiesa di Roma era un covo di ladri; e che era la prostituta di cui si legge nell’Apocalisse. Erano così contrari ai sacramenti della Chiesa, da insegnare pubblicamente che l’acqua del Santo Battesimo equivaleva in tutto all’acqua di un fiume e che l’Ostia del Santissimo Sangue di Cristo non era diversa da un pane comune, instillando nelle orecchie dei semplici questa bestemmia, che il corpo di Cristo, anche se fosse stato grande come le Alpi avrebbe dovuto da tempo essere consumato e distrutto da quelli che ne avevano mangiato. Consideravano la Cresima e la Confessione inutili e frivole. Predicavano che il Santo Matrimonio equivaleva al meretricio e che nessuno poteva salvarsi in esso, se avesse generato dei figli. Negando anche la Resurrezione della carne, inventavano delle storie inaudite, dicendo che le nostre anime sono quelle di spiriti angelici che, scaraventati giù dal cielo a causa dell’apostasia dell’orgoglio, lasciarono in aria i propri corpi glorificati; e che queste stesse anime, dopo aver dimorato in successione in sette corpi terrestri, di una specie o dell’altra, avendo alla fine adempiuto la propria penitenza, ritornano ai loro corpi abbandonati.

Pur tenendo conto del fatto che la testimonianza è fortemente inficiata dall’atteggiamento negativo che il monaco cistercense premette alla sua analisi va anche detto che le rare testimonianze (principalmente interrogatori della Santa Inquisizione) sono abbastanza concordi. Il primo aspetto rilevante è sicuramente la testimonianza del concubinaggio tra la Maddalena e Gesù in cui credevano i Catari ma che, a differenza di quanto si può pensare visto il puritanesimo estremo dei Catari, è in linea con la loro teologia. In effetti i Catari distinguevano nettamente l’apparenza corporea – che viene da loro associata inequivocabilmente al dio dal male, come ogni cosa visibile – ed il Gesù spirituale. Il Gesù carnale può aver fatto e forse ha fatto realmente, nella visione catara, ogni sorta di male. Se vogliamo questo è il classico dualismo gnostico ed è anche uno dei principi esposti, tra gli altri testi, anche nel Vangelo di Filippo ove la materia è lo strumento con cui gli Arconti ingannano l’uomo. Interessanti sono, ad esempio brani come questo, tratti dal Vangelo di Filippo (54,20):

Gli arconti vollero ingannare l’uomo a motivo della sua parentela con quelli che sono veramente buoni. Presero il nome di coloro che sono buoni e lo attribuirono a coloro che non sono buoni …

Quindi nessuna meraviglia che il nome di Gesù venga associato a pratiche sessuali illecite con la Maddalena. Del resto il disprezzo per il Gesù materiale e l’adorazione per quello spirituale poteva ben conciliarsi con un analogo atteggiamento per la Maddalena e quindi il disprezzo per la Maddalena carnale ed il culto per la Maddalena spirituale massima espressione del pensiero gnostico ed esempio nella ricerca della ricongiunzione al Padre. E ancora, ecco come il Vangelo di Filippo ci aiuta a capire il dualismo del Gesù cataro(55,30):

C’è chi dice<< Maria ha concepito per opera dello Spirito Santo>>. Sbagliano. … Quando mai una donna ha concepito per opera di una donna? Maria è la vergine e non fu mai contaminata da alcuna forza … E il Signore non avrebbe detto:<> se non avesse avuto un altro padre. Egli avrebbe detto semplicemente: <>

Il brano è perfettamente in linea con la polemica delle Toledot ebraiche e quella di Celso che voleva Gesù figlio di un soldato romano di nome Pandera. Anzi l’adulterio è in perfetta linea con la separazione tra il Gesù spirituale e quello carnale cui, proprio perché materiale, sono possibili ogni sorta di perversione. Lo stesso argomento della non credenza nella resurrezione dei corpi è tipico del Vangelo di Filippo(56,30):

Alcuni temono di resuscitare nudi, perciò desiderano resuscitare nella carne. Costoro non sanno che proprio quanti portano la carne sono nudi … <> … <>. Che significa? La sua carne è il Logos ed il suo sangue è lo Spirito Santo. Colui che ha ricevuto questo ha cibo, bevanda e vestito.

Chi avesse letto questo brano e gli altri simili del Vangelo di Filippo non poteva non pervenire alla conclusione che l’eucarestia non aveva valore. Un discorso analogo vale per il Battesimo. Ecco cosa afferma il Vangelo di Filippo in merito (64,30)

Se uno scende nell’acqua e ne risale senza avere ricevuto nulla e dice: <>: costui si prende in prestito il Nome. Ma se riceve lo Spirito Santo, costui ha il Nome come dono. A colui che ha ricevuto un dono non lo si domanda indietro.

Anche per il Matrimonio vale il medesimo discorso, seppure il brano riportato dal monaco non è attendibile in quanto ritroviamo altri brani in cui il matrimonio, pur riconosciuto come fonte di peccato, non lo è se lo scopo resta quello della procreazione. Nella Summa de Chataribus di Raniero Sacconi si legge:

Condannano anche il sacramento del matrimonio, dicendo che i coniugi commettono peccato mortale se si uniscono senza aspettativa di generare – inoltre, non si curano della compaternità, disprezzano i gradi di affinità carnale e spirituale e gli impedimenti degli Ordini (monastici) e del pubblico pudore e le proibizioni della chiesa … dicono anche che la chiesa ha sbagliato nel proibire il matrimonio del clero, mentre la chiesa orientale lo ammette.

Questo duplice atteggiamento sul matrimonio è visibile anche nel Vangelo di Filippo (65,10) ove si legge:

Vi sono spiriti impuri maschili e femminili: i maschi si associano alle anime che hanno preso domicilio in corpi di femmine e i femminili sono associati a quelle dei corpi degli uomini a motivo di colui che disobbedì: e non sfugge loro alcuno – poiché essi lo trattengono – a meno che uno non riceva una forza maschile e una forza femminile e cioè quella del fidanzato e della fidanzata. Questo poi si riceve in immagine nella camera nuziale.

Anche se in Filippo il matrimonio diviene la massima espressione del cristiano gnostico ed è una via indispensabile per la ricongiunzione degli Eoni al Padre (69,30):

La redenzione ha luogo nella camera nuziale. Ma la camera nuziale è superiore ad essa poiché tu non troverai nulla come essa.

Del resto l’accoppiamento casto dei due elefanti (Gesù e Maddalena secondo la nostra ricostruzione) alla radice dell’albero nel mosaico è chiaramente vicino a questa posizione e non a quella estrema dei Catari.

Ma passiamo ora al più interessante degli aspetti: la visione veterotestamentaria dei Catari. Cominciamo col dire che, in periodo post-iconoclasta e sulla base della repulsione che i Catari avevano per le reliquie e per le immagini, la rappresentazione veterotestamentaria può essere consentita solo a patto che non la si ritenga sacra. Tutto ciò che è sacro, invece, se vogliamo addentrarci nella mentalità di un cataro o di uno gnostico vicino a questo modo di vedere il mondo, va espresso in forma allegorica. E’ forse questo il motivo per il quale Pantaleone rappresenta in forma chiara e leggibile le scene veterotestamentarie e in forma simbolica e nascosta quelle neotestamentarie (la croce, la Maddalena, ecc.). Agli occhi di un eretico gnostico che si ispirasse al Catarismo, il Vecchio Testamento appariva come un inganno del Demonio e quindi del Dio del Male. Scene come il diavolo al centro della chiesa (il serpente), le scene grottesche di re Artù nel paradiso terrestre, o dei mostri Leviathan e Melusine (Abraxas) lì dove ci dovrebbe essere Dio o della nascita non verginale di Cristo attraverso il soldato Pandera (la pantera alata) sembrano più che plausibili, anzi obbligate in quest’ottica. La polemica anticlericale di Pantaleone che ci invita ad uscire dalla chiesa seguendo l’albero, pare tutt’altro che irreale.

Il dualismo bene-male lo ritroviamo in tutta la sua forza ed in tutte le parti del mosaico. Due alberi del bene e del male (non inclusi nelle figure del precedente articolo, e grandi un quarto di quello centrale) campeggiano nelle navate laterali, ed entrambi sono alquanto enigmatici. L’albero del male nella navata sinistra, ricco di scene che l’amico Corona ha associato giustamente a varie scenografie dantesche, contiene un elemento emblematico: in cima ad esso, a sinistra (e quindi dallo stesso lato del male nell’albero del male) ci sono i patriarchi Isacco, Giacobbe e Abramo. Solo un cataro avrebbe collocato i Padri del Vecchio Testamento in ciò che è inequivocabilmente l’Inferno. Ma lo stesso albero del bene, nella navata destra, non differisce molto. Scene strane come quella di un leone (scritto in maniera altrettanto strana L Eone?) che mangia la coda di un serpente che a sua volta mangia una capra non sembrano simboleggiare nulla di associabile al bene, tantomeno se si pensa che in basso a destra c’è, addirittura, un Minotauro famoso per i sacrifici umani che gli erano tributati e non a caso un richiamo al labirinto quale quello che campeggia al centro della cattedrale di Chartres. Inutile dire che, nella visione catara, il Vecchio Testamento è un inganno come un inganno è la morte della quale vengono minacciati Adamo ed Eva per aver mangiato dall’albero del bene e del male. Un inganno cui solo gli stupidi possono credere gli stupidi che si credono Re, come Artù, ma che cavalcano una capra usurpando titoli (quelli di cristiani) che non gli appartengono ottenuti anche questi con l’inganno (il gatto con gli stivali). Malvagio è il dio demoniaco dell’Antico Testamento, nella eresia catara, che distrugge il mondo e che al Noè implorante fa costruire una Arca per salvare l’umanità. Eppure la generazione che esce fuori da quell’Arca è una serie tremenda di mostruosi uomini imbestialiti, animali immondi e multiformi ma pur sempre uomini (vedi parte centrale inferiore destra del mosaico). Ed in tutto ciò l’uomo cerca mezzi assurdi per raggiungere Dio: la torre di Babele (al centro a destra) o i grifoni su cui Alessandro vuol raggiungere il cielo (al centro a sinistra).

La stessa Croce – l’albero che campeggia al centro della chiesa, raffigurante quella su cui fu crocefisso Cristo – viene sbeffeggiata, facendo sedere una donna nuda su uno dei bracci e facendola sorreggere da due elefanti che si accoppiano seppure castamente.

Dai Catari al progetto Templare

In tutto questo, però, c’è un problema ineliminabile. I Catari appaiono, sebbene ispirati chiaramente da testi gnostici (a nostro avviso il Vangelo di Filippo), estremamente rozzi e primitivi per elaborare un opera complessa e teologicamente esplosiva come il mosaico.

Inoltre stridente appare il percorso complesso della ricerca gnostica che vede nella Maddalena la massima espressione di colei che intuisce le vie per la ricongiunzione al Padre (vedi Pistis Sophia) con i rozzi Catari. Essi rappresentano, molto più probabilmente, solo la parte visibile di una corrente di pensiero assai più complessa di matrice chiaramente gnostica, che adoperava il catarismo come strumento per combattere e distruggere la Chiesa esponendo solo la parte “popolare” di quel pensiero e riservando a pochi eletti la visione profonda e la ricerca dura, con un “viaggio iniziatico” attraverso diversi livelli di misteri che ritroviamo in opere ancor più difficili da decifrare del mosaico e del Vangelo di Filippo come la Pistis Sophia. In questo quadro il culto della Maddalena e quello della “camera nuziale” del Vangelo di Filippo, resta prerogativa degli Eletti. I Templari erano certamente, tra coloro che oggettivamente e culturalmente potevano aspirare a questo ruolo. Del resto, sebbene le interconnessioni tra essi ed i Catari non siano, stranamente, mai state usate come elemento di accusa nei processi inquisitori, sono ormai molti coloro che ritengono che sia difficile negare una fortissima interrelazione tra questo gruppo di cavalieri e gli eretici di Linguadoca. Abbracciando questa tesi non si può non notare che il disprezzo per la Chiesa ufficiale, tipico del mondo cataro doveva essere solo un pallido riflesso di quello che questo gruppo di Eletti provava.

Eppure se i Templari erano davvero gli ispiratori del movimento o comunque erano in qualche modo collegati ad esso (come vari elementi sembrano indicare e come anche dalla nostra analisi emerge) è evidente che l’aver deciso di operare all’interno della Chiesa per distruggerla comportava una notevole capacita di autocontrollo e di scissione della missione da compiere dallo strumento per portarla a termine che ben si concilia con chi demonizza la materia e la carne ma nello stesso tempo venera il simbolo spirituale che rappresenta (vedi l’atteggiamento dei Catari verso il Cristo). Da quello che abbiamo appurato la missione potrebbe essere stata duplice: fondare politicamente ed economicamente (furono i primi banchieri d’Europa) un nuovo impero cristiano con sede a Gerusalemme e restituire il trono di Francia ai legittimi discendenti (i Merovingi) disgregando e distruggendo la struttura ecclesiastica dall’interno.

Ma era proprio questo l’obiettivo? Tutto ciò, comporterebbe un attaccamento materiale ad un ipotetico regno terreno che mal si concilia sia con l’ideale cataro e con quello gnostico degli Eletti di Dio. Il rifiuto del titolo di re di Gerusalemme da parte di Goffredo di Buglione sembrerebbe smentire questa ipotesi, eppure le ricchezze accumulate, lo sforzo dei Templari nel divenire un riferimento economico mondiale, sembrerebbero indicare il contrario. La pista catara ci consente però di spiegare alcune anomalie tipiche delle manifestazioni Templari:

– gli strani riti con i quali essi manifestavano il proprio attaccamento all’ordine quali quello di sputare sulla Croce: essi, infatti, separavano il Gesù materiale diabolico da quello spirituale. Chi sputava sulla croce, consapevole del valore spirituale del Cristo e non di quello materiale del Gesù in carne, o addirittura del suo simulacro in legno, era degno di entrare nel l’Ordine;

– la loro vita dissennata compatibile unicamente con il doppio status materiale intrinsecamente demoniaco e spirituale, intrinsecamente divino;

– le azioni oltraggiose praticate riempiendo le chiese con simbolismi allusivi. Le chiese erano luoghi privi di valore come le rappresentazioni e le reliquie nella visione catara;

– il modo in cui questi uomini, convinti della loro superiorità e del fatto di essere i prescelti, agivano machiavellicamente, mistificando miti e creando leggende, adoperando qualunque mezzo anche quelli moralmente più riprovevoli.

Purtroppo parallelamente divengono inspiegabili altri costumi e vicende. Tra le cose poco chiare c’è, di certo, la frenetica caccia di reliquie che vede coinvolti i Templari. Nell’ambito della teologia gnostica e catara, non si capisce quale interesse potessero avere i Templari per le reliquie visto che, almeno sulla carta, essi avrebbero dovuto al più ignorarle se non odiarle per il culto materiale che avrebbero generato. Inspiegabile è il loro coinvolgimento nella costruzione dei più stupendi e spettacolari monumenti della Cristianità: le grandi cattedrali gotiche. Tutto sembra portare alla conclusione che il potere terreno e quello materiale, insieme alle opere da essi promosse ed alle ricerche avviate erano uno strumento per un progetto che di terreno non aveva nulla. Diverso sarebbe stato, invece, un interesse per documenti contenenti formulari esoterici, magici o comunque cibo per le menti e gli studi spirituali che essi praticavano come gnostici. Del resto, crediamo di aver provato che essi conoscevano testi come il Vangelo di Tommaso edi Filippo che, però, tenevano lontani dalla portata del volgo ritenendosi, come iniziati-gnostici, gli unici destinatari di quei messaggi. La matrice gnostica che pervade i testi magici dell’epoca e che ispira, insieme al misticismo ebraico, la quasi totalità dei documenti di questo tipo che ci sono pervenuti (un esempio classico è il Papiro Magico di Parigi), ci sembra legata in modo talmente palese all’insieme delle vicende Templari ed alle loro realizzazioni materiali, che non si può non analizzare l’obiettivo non dichiarato dell’azione templare senza tenere ben presente questo aspetto. Sebbene documenti gnostici come ad esempio, la Pistis Sophia ripetano in maniera quasi ossessiva la perdizione cui portano le azioni magiche, condannando la magia come il più grave dei peccati, è anche evidente che molti di questi testi come l’essenza stessa della gnosi invita gli Eletti alla comprensione di questi misteri e di queste pratiche, fornendo essi stessi una miriade di formule ed elementi magico-simbolici più o meno palesi. Proprio la Pistis Sophia rivela, ad esempio, che la venuta del Cristo e soprattutto il suo ritorno nelle sfere celesti ha sconvolto il moto degli astri tanto che questi, dopo la sua azione, emanano i loro influssi in maniera simile a ciò che accadeva prima della venuta di Gesù solo per metà di un ciclo indefinito, mentre per l’altra metà emanano influssi opposti. La Pistis Sophia segnala come questo fa sì che solo una metà delle opere magiche ed astrologiche degli odiati maghi, va a buon fine, mentre l’altra metà è destinata a fallire miseramente. La resurrezione del Cristo, nella visione della Pistis Sophia, ha lo scopo di sconvolgere il normale corso delle cose e l’azione demoniaca delle forze del male e degli Arconti che vogliono la perdizione dell’uomo, abbreviando i Tempi della salvezza delle anime degli Eletti. Insomma l’azione di Cristo risorto è un raggiro ed un inganno per gli Arconti, che reagiscono, di fronte al Cristo risorto ed alla incapacità di riconoscerlo e di comprendere i suoi obiettivi, in modo inorridito cercando, invano, di combatterlo. Nel caos generato Gesù salva Sophia e sconvolge il corso dei pianeti togliendo forza agli Arconti ignari e sconvolgendo lo strumento che consente agli astrologi ed ai maghi (figli di queste forze demoniache) di prevedere il futuro e di portare, in tal modo, con più facilità le anime degli Eoni alla perdizione. In sintesi, quello della Pistis Sophia sembra un invito diretto agli Eletti, a cooperare in questa azione di disturbo creando opere ed elementi che sconvolgano gli Arconti, e partecipando all’azione di salvataggio delle anime degli Eoni che non sanno ancora d’esserlo, per favorirne la ricongiunzione al Padre. La materia e l’inversione dei nomi delle cose buone con i nomi di quelle cattive (vedi precedente brano del Vangelo di Filippo) sono lo strumento “visibile” degli Arconti per ingannare l’uomo nascondendogli la verità del loro losco progetto. Il Vangelo di Filippo invita a diffidare del mondo visibile e dei messaggi che esso trasferisce in forma esplicita all’uomo: essi sono messaggi degli Arconti che vogliono ingannare l’uomo. Nel contempo Filippo invita ad andare oltre la realtà e a cercare non le cose ma la loro immagine ed il loro simbolo consci di questo inganno: lì è la verità. E nostra sincera convinzione che il progetto Templare abbia questo scopo: seminare i simboli di una verità che divenendo falsa nello stesso momento in cui la si palesa visibilmente, viene nascosta dietro le opere visibili ed in particolare nei luoghi di culto per ottenere la salvezza delle anime. Gli uomini, grazie all’opera dei Templari, vengono invitati a venerare la verità che è celata dietro al simbolo da essi creato e non la falsità celata dietro la materia governata dagli Arconti. Un esempio è il culto della Maddalena che essi celano ai credenti dietro il culto delle Madonne nere o dietro i simboli quali la torre nel mosaico di Otranto. Lo stesso albero della vita dietro cui si cela lo strumento di morte e tortura odiato da Catari e Templari, diviene il simbolo della fonte di vita per l’uomo che è il Cristo-Logos. L’inganno, il segreto, la leggenda, le opere letterarie che essi ispirano sono uno strumento simbolico di salvazione per l’uomo e che gli Arconti e le forze del male che sono nella materia non devono comprendere. Gli Arconti nascondono la verità del simbolo dietro all’oggetto materiale che lo rappresenta inducendo l’uomo a credere nella materia e a realizzare, invece, il piano di dannazione nascosto dietro il simbolo materiale. A questo progetto gli Eletti rispondono con altre creazioni materiali i cui simboli, però, descrivono verità e rientrano nel progetto di salvezza di Dio.

Questo è, a nostro avviso, il “piano” Templare, e queste le motivazioni per le quali si svolge in modo così inestricabile.

Conclusioni

Il percorso compiuto pur partendo dal simbolismo criptico del mosaico di Otranto, ha riguardato, opere architettoniche, scultoree e pittoriche che coprono un arco di tempo di quasi 2000 anni:

– le basiliche paleocristiane di Cimitile realizzate tra il 300 ed il 900 d.c.

– la cattedrale di S Nicola di Bari, Il mosaico di Otranto, Castel del Monte in Italia e la cattedrale di Chartes tra il XI ed il XIII sec. d.c.

– la medioevale chiesetta di Rennes con le bizzarre costruzioni postume XIX sec. dell’abate Saunière.

In tutte queste costruzioni ed in modo diverso (talora massimamente esplicito come nelle basiliche di Cimitile, talora celato dietro simboli all’apparenza inestricabili come nel mosaico di Otranto), abbiamo evidenziato la presenza di una costante: il culto per Maddalena che, sebbene abbia trovato massima diffusione della Francia Medioevale trova forte eco anche in Italia paleocristiana. Questo culto vede la sua massima espressione in ambito gnostico. La Maddalena assume, nella gnosi, il ruolo di suprema guida per la comprensione dei misteri del Padre. Essa è la prima discepola di Cristo ed è chiaramente indicata come la sua compagna di vita (Vangelo di Filippo). Ovunque questa figura è presente ci riporta in maniera inequivocabile a questo tipo di cultura ed alla eresia che ad essa si riferisce. La persistenza e l’antichità di questo culto ed il fatto che lo si ritrovi anche in opere antichissime che si sono salvate dall’opera censoria operata dalla Chiesa (vedi il caso delle basiliche paleocristiane di Cimitile o degli scritti di Nag Hammadi) ci fa ritenere che esso non sia una componente transitoria e che sia legata ad una convinzione radicata che è stata perpetuata nonostante la persecuzione durissima della eresia gnostica fino al 1200, per poi insabbiarsi dietro il simbolismo criptico dei monumenti templari o dietro il culto delle Madonne nere. L’evoluzione che il pensiero gnostico assume in testi che seguono di pochi secoli la morte di Gesù, quali il Vangelo di Tommaso fino ad opere di una complessità simbolica e teologica prive di eguali come la Pistis Sophia, testimoniano di uno sforzo costante nel tempo cui si sono dedicate intelligenze non comuni. Il pensiero gnostico, espressione di una fede infinita nelle possibilità dell’uomo e nel suo ruolo di protagonista nella ricerca di Dio, fu perseguitato dalla Chiesa ufficiale e centralista fin dai primissimi secoli dell’era cristiana. Questo pensiero, ha ispirato la ricerca alchimistica e magica ed ha rappresentato una sorta di luce nascosta che si è diffusa in modi rocamboleschi durante i primi 1000 anni di vita della Chiesa aprendo, a nostro avviso, o comunque tenendo acceso il lume della ricerca della verità anche in tempi bui. Gli gnostici avrebbero potuto evitare di esporsi, anche se in forme criptiche, se non avessero voluto, a tutti i costi, diffondere il loro messaggio per renderlo visibile ai pochi uomini “spirituali” e nascosto ai tanti uomini “materiali”. Nella loro teologia la persecuzione è una parte inevitabile della loro azione: gli Arconti ingannatori usano la materia per nascondere il loro piano di dannazione, quel piano lo si legge andando oltre la materia nel mondo del simbolo e quindi dello spirito. Gesù ha ingannato gli Arconti ed ha sconvolto il corso della storia sovvertendo l’ordine degli astri che i maghi e gli astrologi, ignari strumenti degli Arconti, adoperano per prevedere il futuro ed essere avvantaggiati nel loro progetto di dannazione dell’uomo. Gli Eletti, come crediamo si ritenessero i Templari, si fanno strumento di un piano inverso che usa la materia e le scienze esoteriche per realizzare un piano a lunga scadenza, che ha lo scopo di nascondere una verità superiore sostituendola alle falsità degli Arconti dietro i simboli materiali. Consci dei diversi livelli di salvazione cui si perviene nel ciclo delle reincarnazioni culminanti nella reincarnazione in un eletto, estendono il loro progetto facendo sì che tutti possano prendervi parte in diversi modi. A coloro che non sono ancora in condizione di avviarsi nel percorso misterico, viene proposto uno strumento che argina l’effetto del male contrastandolo con gigantesche costruzioni simboliche poste nei luoghi di culto: le cattedrali gotiche e le opere scultoree, musive e pittoriche. Questi elementi simbolici celati nelle cattedrali e nelle opere di questi maestri muratori, nascondono diversi livelli di lettura in analogia a quanto avviene con opere letterarie come la Divina Commedia. In generale solo i primi tre livelli (vedi Pistis Sophia) sono aperti alla comprensione e ciascuno dei livelli contiene chiavi di lettura per i livelli successivi. Abbiamo cercato di illustrare questi diversi livelli di lettura applicandoli al mosaico di Otranto, ma siamo certi di avere raschiato solo il primo strato della serie di messaggi che quest’opera, come le altre realizzate nel Medioevo secondo gli stessi principi, nascondono.

Per concludere vogliamo riportare, sempre dal Vangelo di Filippo, alcuni passi che ci sembra commentino bene il quadro che abbiamo provato a ricostruire, che percorre la storia cristiana fino al Medioevo e che, forse, ha trovato anche successivamente, fino ad oggi, sostenitori occulti di un progetto che esiste ed ha effetti solo se rimane nascosto.

La verità in simboli ed immagini

La verità non è venuta nuda in questo mondo, ma in simboli ed immagini. Non la si può afferrare in altro modo.

Vi è una rigenerazione ed una immagine della rigenerazione. Bisogna veramente rinascer per mezzo dell’immagine. Cos’è la resurrezione? L’immagine deve risorgere per mezzo dell’immagine … (Vang. Fil 67,10)

Il Dio del male

Il mondo ebbe origine da una trasgressione. Colui che lo ha creato voleva farlo incorruttibile e immortale; ma fallì e non realizzò quanto sperava. Poiché l’incorruzione del mondo non esisteva non esisteva l’incorruzione di colui che creò il mondo … (Vang. Fil 75,10)

L’uomo perfetto

Non soltanto non riusciranno ad afferrare l’uomo perfetto ma non riusciranno a vederlo poiché se lo vedessero lo afferrerebbero … (Vang. Fil 76,20)

Didattica della gnosi

Si comporta così anche il discepolo di Dio. Se è saggio, comprende la qualità di un discepolo; le forme corporee non l’inducono in errore; valuta piuttosto la disposizione d’animo di ognuno e parla con lui. Nel mondo vi sono molti animali che hanno forma umana; allorché egli li riconosce, getta ghiande ai maiali, getta orzo, paglia ed erba agli animali, getta ossi ai cani. Ai servi dà gli inizi (delle lezioni), ai fanciulli dà (l’insegnamento) perfetto … (Vang. Fil 80,30)

Generazione e creazione

Chi crea lavora in modo visibile ed è egli stesso visibile. Chi genera genera in segreto ed è egli stesso nascosto stando con la sua immagine. Chi crea crea apertamente, ma colui che genera genera figli in segreto. (Vang. Fil 81,20)

Note

1 Episteme n. 5.
2 “La triplice via del fuoco nel mosaico di Otranto”, di Francesco Corona, ed. Atanor.
3 La versione proposta è stralciata e liberamente tratta da una traduzione inglese del testo disponibile in rete al seguente indirizzo:
www.fordham.edu/halsall/basis/goldenlegend/GoldenLegend-Volume4.htm.
4 Tratto da Il segreto di S. Nicola di Alfredo Castelli (Martin Mystère N. 96, Sergio Bonelli Ed., Milano).
5 Famoso ordine monastico-cavalleresco, di cui riparleremo. Fondato si dice nel 1118, pare fosse in contatto con i mistici Sufi, una setta islamica che adorava il Dio delle tre religioni, Ebraica, Islamica e Cristiana.
6 Fonte: The Bingham Genealogy Project di Douglas K. Bingham che, probabilmente, adotta le fonti adottate dallo stesso Plantard e, come riferito, secondo alcuni da lui stesso adulterate (rif. online: ourworld.compuserve.com/homepages/dkbingham/GENPROJ.htm#Intro).
7 Tratte dal Bestiario medioevale, di F. Maspero e Aldo Granata, ed. PIEMME, 1999.
8 Small World [New York, Penguin Books, 1984].
9 Nel Medioevo si riteneva che questi animali castissimi si accoppiassero solo per proliferare, e che lo facessero di spalle, per pudicizia. Rimandiamo al precedente articolo per i dettagli.
10 Vedi il precedente articolo. Il mosaico indica, con la coppia Antilope del Mare (Capricorno) e Sagittario nella corona, la data del 22 dicembre, e con i 26 cerchi percorsi 26 volte intorno all’Unicorno l’anno dell’ultima assunzione al trono di Dagoberto II, cui vanno aggiunte le tre punte asimmetriche della stella sull’animale mitologico ottenendo infine 679, che è l’anno di morte.
11 Vedi il precedente articolo. Il cervo è il simbolo di S. Hubert, mentre sig in ebraico è l’atto del voltarsi indietro: quindi Sig-Hubert = Sigisberto.
12 Vedi il precedente articolo. La prima riga corona del mosaico – che mette insieme la leggenda di Gesù figlio di Pandera e compagno della Maddalena (la sirena Melusine), insieme alla coppia Salomone-Regina di Saba ed alla leggenda del Mostro Marino Mervee, pure ricollegata da noi alla sirena Melusine dai lunghi capelli (Nazir in ebraico), all’Abraxas (Drago con due code a forma di serpente che nel mosaico è rappresentato con Melusine) ed alla leggenda del figlio mostruoso della sirena – in pratica sembra confermare la leggenda presente nel testo già citato: Holy Blood, Holy Grail.
13 I Manoscritti del Mar Morto, di L. Moraldi, ed. TEA e UTET, ristampa 1999.
14 de Saint Hilaire: Les sceaux templiers, Puiseaux 1991.
15 Dalla rivista Actualité De L’Histoire Mìsterièuse (rif. online:
www.contrepoints.com/jerusalem/pages/06_bblanquefort.htm).
16 Stesso anno della costruzione della cattedrale di S. Nicola.
17 “E’ probabile che le sette – comparse in seguito – dei bogomili e dei catari costituiscano gli anelli di una unica catena, dal momento che il paulicianesimo ha prodotto il bogomilismo, il quale a sua volta avrebbe dato vita, nell’Occidente Medievale, al movimento cataro o ne avrebbe assunto la forma. Tuttavia, la seconda di queste filiazioni è accertata con maggior sicurezza della prima”, Doresse, Rudolph, Puech, Gnosticismo e Manicheismo, VI volume della Storia delle Religioni, edito da Laterza, 1988.
18 “Pierre tombale carolingienne (771) trouvée en 1884-5 sous l’autel de l’église romane de Rennes-le-Château, ancienne capitale bien déchue du Comté du Razès. Actuellement dans le jardin qui précède le cimetière, posée à plat où elle s’effrite, couverte de terre et des feuilles, et sert de plate-forme au monument du souvenir. Détail curieux, la partie sculptée était à l’intérieur, la partie unie à l’extérieur. Henri Guy, 12, Quai d’Alsace, à Narbonne.”, tratto dal Bulletin de la Société d’Étude Scientifique de l’Aude, tomo 31 del 1927, pag 197.
19 Esempio: “L’inganno del priorato di Sion”, di Robert Richardson, da Gnosis, Primavera 1999.
20 Louis Reau, Iconographie de l’art chrétien, vol. 2, 1958, Press Universitaries de France, pag. 850.
21 Va doverosamente segnalato che il Reau, nella sua analisi, prescinde completamente dalle fondamentali scoperte archeologiche dei testi gnostici di Nag Hammadi (scoperti da pochi anni prima del 1958, data di pubblicazione del suo lavoro, e quindi non ancora sufficientemente noti e studiati). Ne consegue che, relativamente al personaggio della Maddalena, centrale nella Gnosi, l’analisi teologica e iconografica è del volume è ampiamente carente, ignorando del tutto questo fondamentale aspetto.
22 La vistosità della corona nel dipinto cimitilese non può essere giustificata con il fugace riferimento alle origini nobili della Maddalena nella Legenda Aurea. Le dimensioni della corona e l’amplificazione dell’effetto ottenuta attraverso l’ampio nimbo, hanno, chiaramente, un più profondo significato per l’autore del dipinto.
23 Paolino di Nola, Le Lettere, epistola 23-32 (a cura di Giovanni Santaniello, edito da “Istituto Anselmi” – Piccola Opera della Redenzione, Marigliano, NA, 1992).
24 Ibidem, epistola 5-2.
25 La professoressa Castelfranchi, da noi interpellata, esclude l’associazione qui proposta tra la Maddalena e la figura intera nella basilica dei Martiri. Su questa ipotesi, invece, abbiamo trovato convergente l’arch. Mercogliano, profondo conoscitore del complesso ed autore del bel volume segnalato più avanti nel testo.
26 Sia la prof. Castelfranchi che l’arch. Mercogliano hanno escluso che l’abbigliamento possa essere bizantino, collocandolo, invece, nel periodo Svevo-Angioino. Inoltre la professoressa Castelfranchi fa notare che in nessuna costruzione di epoca similare si trova due volte la rappresentazione del medesimo personaggio a figura intera e a mezzo busto.
27 Per approfondimenti: “The Problem of the Ordination of Women in the Early Christian Priesthood”, Lecture delivered in the USA in 1991 by Professor Giorgio Otranto, University of Bari, Italy; translation by Dr. Mary Ann Rossi, www.womenpriests.org/traditio/otran_2.htm; Dorothy Irvin, ‘The Ministry of Women in the Early Church: The Archeological Evidence”, in Duke Divinity School Review, Spring 1980.
28 I frammenti dipinti restaurati e ricomposti sono stati ufficialmente presentati il 28 marzo 2000.
29 Per brevità non se ne riporta l’immagine, che è reperibile ad esempio in Storia Universale di Jacques Perenne, pag 36, ed. Sansoni, 1960. In questa immagine la forma a foglia tripartita delle tre punte della corona è ancor più evidente che nella miniatura carolingia riportata nel presente articolo.
30 Non possiamo non ricordare che il particolare dei due bimbi ritorna in alcuni articoli ed opere in cui si parla della esistenza di due figli ottenuti dal matrimonio presunto di Gesù e della Maddalena. In particolare va segnalato La linea di Sangue del Santo Graal, di Laurence Gardner. 1997, Roma, ed. Newton Compton. Nonostante i nostri sforzi non siamo riusciti a trovare quale sia la fonte documentale o leggendaria a supporto di questa teoria che riporta, addirittura, il nome dei due bimbi (Tamara e Giuseppe). E’ nostra convinzione che mescolare, come avviene in questa opera, fatti documentati, leggende, ipotesi e rivelazioni mistiche serva solamente ad allontanare la verità ed a relegare questa, che ci pare una vicenda serissima come crediamo di aver dimostrato con il presente articolo, nel campo delle favole.
31 Il testo è tratto dalla History of the Albigenses and Waldenses (London, C.J.G. and F. Rivington, 1832), pp. 392-394, disponibile in rete all’indirizzo:
www.fordham.edu/halsall/source/heresy1.html. La traduzione adottata, opera dell’amico “Frank Powerfull” è anch’essa disponibile in rete:
utenti.lycos.it/NUOVAENCICLOPEDIA/Religione/eresia/introduzione.htm. Dal sito dell’amico Frank attingiamo anche per i successivi brani riportati nel presente paragrafo.

Il Canto della Perla

Bellissima composizione gnostica contenuta negli Atti apocrifi dell’apostolo Tommaso… La Sacra Famiglia invita l’anima a svegliarsi dal torpore in cui si trova nel mondo perchè si ricordi chi è, da dove viene, e ritorni nella sua vera dimora…

Quando ero bambino e abitavo nel regno della casa di mio Padre e mi dilettavo della ricchezza e dello splendore di coloro che mi avevano allevato, i miei genitori mi mandarono dall’oriente, nostra patria, con le provviste per il viaggio. Delle ricchezze della nostra casa fecero un carico per me: esso era grande, eppure leggero, in modo che potessi portarlo da solo… Mi tolsero il vestito di gloria che nel loro amore avevano fatto per me, e il manto di porpora che era stato tessuto in modo che si adattasse perfettamente alla mia persona, e fecero un patto con me e lo scrissero nel mio cuore perché non lo potessi scordare: ‘Quando andrai in Egitto e ne riporterai l’Unica Perla che giace in mezzo al mare, accerchiata dal serpente sibilante, indosserai di nuovo il tuo vestito di gloria e il manto sopra di esso, e con tuo fratello, prossimo a noi in dignità, sii erede nel nostro regno’.

Lasciai l’Oriente e m’avviai alla discesa, accompagnato da due messi reali, poiché il cammino era pericoloso e difficile ed io ero troppo giovane per un tale viaggio; oltrepassai i confini di Maishan, punto d’incontro dei mercanti dell’Oriente, giunsi nella terra di Babel ed entrai nelle mura di Sarburg. Scesi in Egitto e i miei compagni mi lasciarono. Mi diressi deciso al serpente e mi stabilii vicino alla sua dimora in attesa che si riposasse e dormisse per potergli prendere la Perla. Poiché ero solo e me ne stavo in disparte, ero forestiero per gli abitanti dell’albergo. Pure vidi là uno della mia razza, un giovane leggiadro e bello, figlio di re [lett.: ‘di coloro che sono unti’]. Egli venne e si unì a me; io lo accolsi familiarmente e con fiducia e gli raccontai della mia missione. Io [egli?] lo [me?] avvertii di guardarsi dagli Egiziani e di evitare il contatto con gli impuri. Tuttavia mi vestii con i loro abiti, perché non sospettassero di me, che ero venuto da fuori per prendere la Perla, e non risvegliassero il serpente contro di me. Ma in qualche modo si accorsero che non ero uno di loro e cercarono di rendersi graditi a me; mi mescerono nella loro astuzia [una bevanda], e mi dettero da mangiare della loro carne; e io dimenticai che ero figlio di re e servii il loro re. Io dimenticai la Perla per la quale i miei genitori mi avevano mandato. Per la pesantezza del loro cibo caddi in un sonno profondo.

I miei genitori avevano notato tutto quello che mi accadeva ed erano afflitti per me. Fu proclamato nel nostro regno che tutti dovevano presentarsi alle nostre porte. E i re e i grandi della Partia e tutti i nobili dell’Oriente formarono un piano perché io non fossi lasciato in Egitto. E mi scrissero una lettera firmata col nome di ciascuno dei grandi.
‘Da tuo padre, il re dei re, e da tua madre, signora dell’Oriente, e da tuo fratello, nostro prossimo di rango, a te nostro figlio in Egitto, salute. Svegliati e sorgi dal tuo sonno, e intendi le parole della nostra lettera. Ricordati che sei figlio di re: guarda chi hai servito in schiavitù. Poni mente alla Perla per la quale sei partito per l’Egitto. Ricordati del vestito di gloria, richiama il manto splendido, per indossarli e adornarti con essi, e il tuo nome possa essere letto nel libro degli eroi e tu divenga con tuo fratello, nostro delegato, erede nel nostro regno’.

Come un messaggero era la lettera che il Re aveva sigillato con la mano destra contro i malvagi, i figli di Babel e i demoni ribelli di Sarburg. Si levò in forma di aquila, il re di tutti gli alati, e volò finché discese vicino a me e divenne interamente parola. Al suono della sua voce mi svegliai e mi destai dal sonno; la presi, la baciai, ruppi il sigillo e lessi. Conformi a quanto era stato scritto nel mio cuore si potevano leggere le parole della mia lettera. Mi ricordai che ero figlio di re e che la mia anima, nata libera, aspirava ai suoi simili. Mi ricordai della Perla per la quale ero stato mandato in Egitto e cominciai ad incantare il terribile serpente sibilante. Lo indussi al sonno invocando su di lui il nome di mio Padre, il nome del nostro prossimo in rango e quello di mia madre, la regina dell’Oriente. Presi la Perla e mi volsi per tornare a casa da mio Padre. Mi spogliai del loro vestito sordido e impuro e lo abbandonai nella loro terra; diressi il mio cammino onde giungere alla luce della nostra patria, l’Oriente.

Trovai la lettera che mi aveva ridestato davanti a me sul mio cammino; e come mi aveva svegliato con la sua voce, ora mi guidava con la sua luce che brillava dinanzi a me; e con la voce incoraggiava il mio timore e col suo amore mi traeva. E andai avanti… I miei genitori… mandarono incontro a me a mezzo dei loro tesorieri, a cui erano stati affidati, il vestito di gloria che avevo tolto e il manto che doveva coprirlo. Avevo dimenticato il suo splendore, avendolo lasciato da bambino in casa di mio Padre. Mentre ora osservavo il vestito, mi sembrò che diventasse improvvisamente uno specchio-immagine di me stesso: mi vidi tutto intero in esso ed esso tutto vidi in me, cosicché eravamo due separati, eppure ancora uno per l’uguaglianza della forma… E l’immagine del Re dei Re era raffigurata dappertutto su di esso… E vidi anche vibrare dappertutto su di esso i movimenti della gnosi. Vidi che stava per parlare e percepii il suono delle canzoni che mormorava lungo la discesa: ‘Sono io che ho agito nelle azioni di colui per il quale sono stato allevato nella casa di mio Padre, ed ho sentito in me stesso che la mia statura cresceva in corrispondenza delle sue fatiche’. E con i suoi movimenti regali si offerse tutto a me e dalle mani di quelli che lo portavano si affrettò perché potessi prenderlo; e anch’io ero mosso dall’amore a correre verso di esso per riceverlo. E mi protesi verso di lui, lo presi, e mi avvolsi nella bellezza dei suoi colori. E gettai il manto regale intorno a tutta la mia persona. Così rivestito, salii alla porta della salvezza e dell’adorazione. Inchinai la testa e adorai lo splendore di mio Padre che me lo aveva mandato, i cui comandi avevo adempiuto perché anch’egli aveva mantenuto ciò che aveva promesso… Mi accolse gioiosamente ed ero con lui nel suo regno, e tutti i suoi servitori lo lodarono con voce di organo, cantando che egli aveva promesso che avrei raggiunto la corte del Re dei Re e avendo portato la mia Perla sarei apparso insieme a lui.

Il Vangelo di Maria

Molto frammentato ma rivelatore di grandi segreti per chi sa leggere tra le righe…

[…] la materia sarà distrutta, oppure no?

Il Salvatore disse: ” Tutte le nature, tutte le formazioni, tutte le creazioni sussistono l’una nell’altra e l’una con l’altra, e saranno nuovamente dissolte nelle proprie radici. Poiché la natura della materia si dissolve soltanto nelle radici della sua natura”. Pietro gli disse: Giacché ci hai spiegato ogni cosa, spiegaci anche questo. Che cosa è il peccato del mondo? “.

Il Salvatore rispose: “Non vi è alcun peccato. Siete voi, invece, che fate il peccato allorché compite azioni che sono della stessa natura dell’adulterio, che è detto “il peccato”.

“Per questo motivo il bene venne in mezzo a voi, nell’ essenza di ogni natura per restituirla alla sua radice . E proseguì dicendo: “Per questo vi ammalate e morite, perché voi amate ciò che è ingannevole, ciò che vi ingannerà. Chi può comprendere, comprenda”

“La materia diede origine a una passione senza uguali, che procedette da qualcosa che è contro natura. Ne venne allora un disordine in tutto il corpo.

“Per questo motivo vi dissi: Fatevi coraggio! Se siete afflitti, fatevi coraggio, in presenza delle molteplici forme della natura”.

“La pace sia con voi! Abbiate la mia pace! State all’erta che nessuno vi inganni con le parole: “Vedete qui” o “Vedete là. Il Figlio dell’uomo è infatti dentro di voi. Seguitelo! Chi lo cerca lo trova. “Andate, dunque, e predicate il Vangelo del Regno. Non ho emanato alcun precetto all’infuori di quello che vi ho stabilito. Né vi ho dato alcuna legge come un legislatore, affinché non avvenga che siate da essa costretti”. “Come possiamo andare dai gentili e predicare loro il Vangelo del Regno del Figlio dell’uomo? Se essi non risparmiarono lui, come saremo risparmiati noi?

S’alzò allora Maria, li salutò tutti, e disse ai suoi fratelli: ” Non piangete, non siate malinconici, e neppure indecisi. La sua grazia sarà per intero con voi e vi proteggerà. Lodiamo piuttosto la sua grandezza, giacché egli ci ha preparati e fatti uomini” Pietro disse a Maria: “Sorella, noi sappiamo che il Salvatore ti amava più delle altre donne. Comunicaci le parole del Salvatore che tu ricordi, quelle che tu conosci, ma non noi; quelle che noi non abbiamo neppure udito”.

Maria rispose e disse: “Quello che a voi è nascosto, io ve lo comunicherò”.

“Io, disse Maria, vidi il Signore in una visione, e gli dissi: “Signore, oggi ti ho visto in una visione”. Egli mi rispose e disse: “Beata, tu che non hai vacillato alla mia vista. Là, infatti, ove è la mente, quivi è il tesoro”. Io gli dissi: “Signore, adesso dimmi: colui che vede la visione, la vede attraverso l’anima oppure attraverso lo spirito?”

“Il Salvatore rispose e disse: “Egli non vede attraverso l’anima, né attraverso lo spirito, ma la mente, che si trova tra i due, è quella che vede la visione e…” “. ” … E la bramosia disse: “Non ti ho vista quando sei discesa, ora invece ti vedo mentre sali in alto. Come mai, dunque, tu mi menti dal momento che mi appartieni?”. L’anima rispose: “Io ti ho veduta, mentre tu non mi hai né vista né conosciuta. Io ti facevo da vestito, ma non mi hai riconosciuta”. Ciò detto, ella se ne andò via allegra e gioiosa.

“Andò poi dalla terza potenza che si chiama ignoranza. Questa domandò all’anima: “Dove Vai? Sei stata presa nella malignità, ma sei stata presa. Non giudicare!”.

L’anima disse: “Perché mi giudichi, mentre io non ho giudicato? Io sono stata presa, sebbene io non abbia preso. Non sono stata riconosciuta. Ma io ho riconosciuto che il tutto è stato disciolto, sia le cose e nature terrestri sia le celesti”.

“Dopo che l’anima ebbe lasciato dietro di sé la terza potenza, salì in alto e vide la quarta potenza. Essa aveva sette forme. La prima è l’oscurità; la seconda è la bramosia; la terza è l’ignoranza; la quarta è l’emozione della morte; la quinta è il regno della carne; la sesta è la stolta saggezza della carne; la settima è la sapienza stizzosa. Queste sono le sette potenze dell’ira.

“Esse domandarono all’anima: “Da dove vieni, assassina degli uomini? Dove sei incamminata, superatrice degli spazi?”.

L’anima rispose e disse; “Ciò che mi lega è stato ucciso, ciò che mi circonda è stato messo da parte, la mia bramosia è annientata e la mia ignoranza è morta. In un mondo sono stata sciolta da un mondo, in un typos da un typos superiore, dalla catena dell’oblio, che è passeggera. D’ora in poi io raggiungerò, in silenzio, il riposo del tempo, del momento, dell’eone”

Ma Andrea replicò e disse ai fratelli: “Dite che cosa pensate di quanto ella ha detto. Io, almeno, non credo che il Salvatore abbia detto ciò. Queste dottrine, infatti, sono sicuramente insegnamenti diversi”. Riguardo a queste stesse cose parlò anche Pietro.

Egli li interrogò in merito al Salvatore: “Ha egli forse parlato realmente in segreto e non apertamente a una donna, senza che noi lo sapessimo? Ci dobbiamo ricredere tutti e ascoltare lei? Forse egli l’ha anteposta a noi?”,

Maria allora pianse e disse a Pietro: “Pietro, fratello mio, che cosa credi dunque? Credi tu che io l’abbia inventato in cuor mio, o che io menta riguardo al Salvatore? “.

Levi replicò a Pietro dicendo: “Tu sei sempre irruente, Pietro! Ora io vedo che ti scagli contro la donna come fanno gli avversari.

Se il Salvatore l’ha resa degna, chi sei tu che la respingi? Non v’è dubbio, il Salvatore la conosce bene. Per questo amava lei più di noi.

Dobbiamo piuttosto vergognarci, rivestirci dell’uomo perfetto, formarci come egli ci ha ordinato, e annunziare il Vangelo senza emanare né un ulteriore comandamento, né un’ulteriore legge, all’infuori di quanto ci disse il Salvatore”.

Quando Levi ebbe detto ciò, essi presero ad andare per annunziare e predicare.

Il Vangelo della Verità

Altro testo gnostico superlativo, insiste molto sulla potenza del Logos…

1.) Il Vangelo della Verità è gioia per coloro che hanno ricevuto dal Padre della Verità la grazia di conoscere Lui per mezzo della potenza del Logos, uscito dal Pleroma e immanente nel Pensiero e nella mente del Padre. Questi è colui che è chiamato “il Salvatore”, perché tale è il nome dell’opera che egli deve compiere per la salvezza di coloro che non hanno conosciuto il Padre. Perciò il termine “vangelo” è rivelazione di speranza: esso è una scoperta per coloro che cercano Lui.

2.) Il Tutto si è dato alla ricerca di Lui, dal quale è uscito. Il Tutto si trovava dentro di Lui, l’inafferrabile, l’impensabile, al di sopra di ogni concetto. E l’ignoranza a proposito del Padre produsse angoscia e terrore. L’angoscia divenne densa come nebbia, tanto che nessuno poteva vedere. Per questo motivo l’Errore divenne potente: plasmò la sua sostanza con il vuoto, ignorando la verità, e prese dimora in una finzione, creando con bell’artificio qualcosa che sostituisse la verità.

3.) Questo non ha comportato un’umiliazione per Lui, l’inafferrabile, l’impensabile, perché l’angoscia, l’oblio e la finzione dell’Errore non erano nulla, mentre la Verità è salda, inalterabile, e non suscettibile di bellezza. Disprezzate pertanto l’Errore. Così è di esso: non avendo radice, si è trovato immerso in una nebbia, a proposito del Padre, dedicandosi a preparare opere, oblii e terrori per fuorviare quelli del mezzo e farli prigionieri. Ma l’oblio che è proprio dell’Errore non era manifesto: l’oblio non è entrato nell’esistenza per mezzo del Padre, benché sia stato generato a causa di lui. Invece, ciò che è entrato nell’esistenza per mezzo del Padre è la conoscenza, la quale fu manifestata perché l’oblio scomparisse ed essi potessero conoscere il Padre. L’oblio infatti esisteva perché essi non conoscevano il Padre. Ma appena il Padre sarà conosciuto, immediatamente l’oblio non esisterà più.

4.) E questo è il Vangelo di colui che è cercato; Vangelo che Gesù Cristo ha rivelato ai perfetti, mistero nascosto, per la misericordia del Padre. Per mezzo di esso, egli ha illuminato coloro che erano nelle tenebre a causa dell’oblio. Li ha illuminati e ha mostrato loro la Via. E la Via è la verità che egli ha insegnato loro. Per questo motivo l’Errore si è irritato con lui, l’ha perseguitato, l’ha oppresso e l’ha annientato. Egli è stato inchiodato ad un legno ed è divenuto frutto della conoscenza del Padre, senza causare rovina per il fatto che se ne è mangiato. Anzi, chi ne ha mangiato lo ha fatto gioire per la scoperta.

5.) Egli ha trovato loro in se stesso, ed essi hanno trovato in sé Lui, l’inafferrabile, l’impensabile, il Padre. Questi è la perfezione: è quello che ha prodotto il Tutto, in cui il Tutto si trova e di cui il Tutto ha bisogno, poiché egli ne ha tenuto in se stesso la perfezione, quella che non ha concesso al Tutto. Non che il Padre fosse geloso: quale gelosia ci può mai essere tra Lui e le sue membra? Ma se l’eone presente avesse ricevuto la loro perfezione, esse non si rivolgerebbero al Padre, il quale conserva in se stesso la loro perfezione e la concede loro perché ritornino a lui e lo conoscano con una conoscenza unica in perfezione. Egli è colui che ha prodotto il Tutto, in cui il Tutto esiste e di cui il Tutto ha bisogno.

6.) Come accade di qualcuno, che se altri non lo conoscono, egli suole desiderare che lo conoscano e lo amino, per la stessa ragione – e di che cosa il Tutto aveva bisogno se non della conoscenza del Padre? – egli si è fatto guida sollecita e sicura. Egli si è presentato in mezzo ai luoghi di istruzione, e ha insegnato la Parola come Maestro. Là si sono avvicinati a lui coloro che erano sapienti secondo la propria opinione, mettendolo alla prova, ma egli li ha confusi, perché essi erano sciocchi. Essi lo hanno odiato, perché non erano davvero assennati. Dopo costoro, si sono avvicinati a lui i piccoli, ai quali appartiene la conoscenza del Padre. Ammaestrati, essi appresero gli aspetti della faccia del Padre. Conobbero e furono conosciuti, glorificarono e furono glorificati.

7.) Si è rivelato nel loro cuore il Libro della vita dei vivi, che è scritto nel Pensiero e nella Mente del Padre e che, ancor prima della fondazione del Tutto, era nella parte di lui che è incomprensibile, e che nessuno aveva possibilità di prendere, poiché era decretato che chi lo avrebbe preso sarebbe stato immolato. Nessuno poteva essere manifestato, di coloro che credevano nella salvezza, finché quel libro non avesse fatto la sua apparizione. Per questo motivo il misericordioso e fedele Gesù ebbe compassione e accettò le sofferenze, perché sapeva che la sua morte era vita per molti.

8.) Allo stesso modo che, fin quando un testamento non è ancora stato aperto, i beni del padrone rimangono nascosti, così era nascosto il Tutto, mentre era invisibile il Padre del Tutto, l’unico, l’esistente di per se stesso, colui dal quale procedono tutti gli spazi. Perciò è apparso Gesù e ha preso su di sé quel libro. Egli è stato inchiodato ad un legno, ha affisso alla croce l’editto del Padre. Oh, quale grande insegnamento! Egli si è abbassato fino alla morte, sebbene rivestito di vita immortale. Spogliatosi di questi cenci corruttibili, si è rivestito di incorruttibilità, che nessuno ha la possibilità di levargli. Penetrato nei luoghi vuoti a causa del terrore e passato attraverso quelli spogli a causa dell’oblio, è divenuto conoscenza e perfezione, proclamando ciò che era nel cuore del Padre, per istruire che era privo di insegnamento.

9.) Quelli che ricevono l’insegnamento sono i vivi, iscritti nel libro dei vivi. Essi ricevono l’insegnamento per se stessi e sono ricevuti dal Padre quando nuovamente si rivolgono a Lui. Infatti la perfezione del Tutto si trova nel Padre ed è necessario che il Tutto risalga a lui. Pertanto, se uno riceve la gnosi, riceve ciò che gli è proprio e l’attira in se stesso. Invece chi è ignorante è privo, ed è una cosa importante che gli manca: gli manca infatti ciò che può farlo perfetto.

10.) Poiché la perfezione del Tutto è nel Padre ed è necessario che il Tutto risalga a lui e che ognuno riceva ciò che gli è proprio, Egli li ha registrati in anticipo, avendoli preparati per essere uniti a quelli che sono usciti da lui. Coloro i cui nomi Egli ha conosciuto in anticipo alla fine vengono chiamati: e così, chi conosce è colui del quale il Padre ha pronunciato il nome. Invece colui il cui nome non è stato pronunciato è l’ignorante. E, infatti, come potrebbe uno udire, se il suo nome non è stato pronunciato? Chi rimane ignorante fino alla fine è una creatura dell’oblio e sarà distrutto con esso. Altrimenti, per quale ragione questi miserabili non ricevono alcun nome, non sentono l’appello?

11.) Dunque, se uno possiede la gnosi, è un essere dall’alto. Se è chiamato, ode, risponde e si volge verso chi lo chiama, per risalire a lui, poiché sa per quale scopo è chiamato. Poiché possiede la gnosi, egli compie la volontà di colui che lo ha chiamato. Desidera piacergli e riceve il Riposo. Egli può conoscere il nome di ogni cosa. Chi possiede così la gnosi sa di dove viene e dove va. Egli sa, allo stesso modo di uno che essendo stato ubriaco si è liberato dell’ubriachezza ed essendo tornato in sé mette in ordine le cose che gli appartengono.

12.) Molti sono stati fatti uscire dall’errore, sono stati preceduti fino ai luoghi a loro propri, da cui si erano allontanati e ricevendo l’errore a causa della profondità di Colui che circonda ogni luogo, senza che cosa alcuna lo circondi. Gran meraviglia che essi fossero nel Padre senza conoscerlo e che abbiano avuto la possibilità di uscire fuori da soli, non potendo comprendere e conoscere Colui nel quale si trovavano! Così era, perché la sua volontà non si era ancora rivelata fuori di lui. Egli l’ha manifestata a favore di una conoscenza in cui convengono tutte le sue emanazioni.

13.) Essa è la conoscenza del libro vivo, che egli alla fine ha rivelato agli eoni. Non sono lettere e segni tali che, leggendoli, uno possa pensare a qualcosa di vano, ma sono le lettere della Verità: chi le pronuncia riconosce se stesso. Ciascuna lettera è verità assoluta, ed è un libro perfetto, poiché si tratta di segni scritti dall’Uno. Li ha scritti il Padre, affinché gli eoni, per mezzo di queste sue lettere, conoscessero il Padre.

14.) La sua Sapienza ha meditato il Verbo. La sua Dottrina lo ha preferito. La sua Conoscenza lo ha rivelato. La sua compiacenza si è posata su di lui come corona. La sua gioia si è unita a lui. La sua gloria lo ha esaltato. La sua somiglianza lo ha reso noto. Il suo Riposo lo ha ricevuto in sé. Il suo amore si è incarnato in lui. La sua fiducia lo ha circondato. Così il Verbo del Padre procede dentro il Tutto, frutto del suo cuore ed espressione della sua volontà. Ed egli sostiene il Tutto, lo sceglie, ed anzi rende l’immagine del Tutto, purificandolo e promuovendone i ritorno al Padre e alla Madre, egli, Gesù dall’infinìta dolcezza. Il Padre mostra il suo seno, e il suo seno è lo Spirito Santo. Egli rivela ciò che di se stesso era nascosto – ciò che di Lui era nascosto è suo Figlio – di modo che, grazie alla sua misericordia, gli eoni possono conoscerlo e cessare di tormentarsi nella ricerca del Padre, trovando riposo il Lui, sapendo che Egli è il Riposo.

15.) Colmando la deficienza Egli ne ha abolito la figura. La figura di questa è il mondo, che ad essa era soggetto. Infatti, nel luogo in cui c’è invidia e disaccordo, là c’è deficienza; mentre nel luogo in cui c’è unità, là c’è perfezione. Siccome la deficienza è venuta nell’esistenza perché non si conosceva il Padre, così, appena si conoscerà il Padre, all’istante la deficienza scomparirà. Proprio come nel caso dell’ignoranza di uno: appena egli viene a conoscenza, la sua ignoranza si disperde da sola, come si dissipano le tenebre quando appare la luce: così anche la deficienza viene meno a causa della perfezione. Di conseguenza, dunque, la figura non si mostrerà più, ma sparirà nella fusione dell’unità. Pertanto le loro azioni si presentano simili l’una all’altra. Ciò accadrà nel momento in cui l’unità perfezionerà il luoghi. Per mezzo dell’unità ognuno ritroverà se stesso. Per mezzo della gnosi ciascuno purificherà se stesso dalla diversità all’unità, consumando la materia dentro se stesso, come un fuoco: le tenebre per mezzo della luce, la morte per mezzo della vita.

16.) Se dunque queste cose sono successe a ciascuno di noi, è necessario che noi provvediamo prima di tutto che la casa sia santificata e silenziosa per l’unità. Come di persone che hanno lasciato un luogo dove possedevano, in qualche angolo, vasi che non erano buoni, e questi sono stati spaccati, tuttavia il padrone di casa non soffre per la perdita anzi ne è lieto: invece di quei brutti vasi, vi sono quelli pieni che divengono perfetti.
Tale è il giudizio che viene dall’alto e che ha giudicato ognuno: una spada sguainata, a doppio taglio, che recide da una parte e dall’altra. Quando è apparso il Verbo, che è nel cuore di coloro che lo hanno scelto, e non era soltanto un suono, ma aveva preso un corpo, una grande confusione avvenne tra i vasi: alcuni erano stati svuotati, altri riempiti, perché, ecco: alcuni erano lì pronti, altri rovesciati; alcuni furono purificati, altri fatti a pezzi. Tutti i luoghi furono scossi e sconvolti e non ebbero né consistenza né saldezza. L’Errore ne è turbato e non sa che cosa dovrà fare. Affliggendosi e lamentandosi, egli si lacera, perché non capisce niente. Dopo che la conoscenza, che è la rovina sua e delle sue emanazioni, gli si è avvicinata, esso è vuoto. D’altronde nell’Errore non c’è nulla.

17.) La Verità si è fatta avanti. Tutte le emanazioni la hanno conosciuta. Esse hanno veracemente salutato il Padre, con una potenza perfetta che le unisce a Lui. Ognuno infatti ama la verità, perché la verità è la bocca del Padre e la sua lingua è lo Spirito Santo, il quale congiunge ciascuno alla Verità, unendolo alla bocca del Padre per mezzo della sua lingua, quando riceve lo Spirito Santo.

18.) Questa è la manifestazione e la rivelazione del Padre ai suoi eoni: Egli ha rivelato ciò che di sé era nascosto e l’ha spiegato. Chi è infatti colui che esiste, se non il Padre solo? Tutti i luoghi sono sue emanazioni. Essi hanno conosciuto che sono usciti da Lui. Prima essi lo conoscevano come figli in un uomo perfetto, perché non avevano ancora ricevuto una forma né avevano ancora ricevuto un nome, che il Padre produce per ciascuno. Lo conoscono allorché ricevono una forma dalla gnosi. In realtà, benché siano in Lui, non lo conoscono. Invece il Padre è perfetto e conosce ogni cosa che è in se. Egli, se vuole, manifesta chi vuole, dandogli una forma e dandogli un nome. Egli dà un nome e fa’ entrare nell’esistenza coloro che prima dell’esistenza erano ignoranti di chi li aveva prodotti. Certamente non dico che siano un niente coloro che ancora non sono entrati nella esistenza: essi si trovano in Colui che vorrà che esistano, quando vorrà, cioè in un tempo futuro. Prima che ogni cosa sia manifestata, Egli conosce ciò che produrrà; ma il frutto che ancora non si è manifestato, non sa niente e neppure opera in qualche modo. Così, ogni cosa, che pure è nel Padre, proviene da Lui che esiste e che l’ha fatta esistere dal nulla. Chi non ha radici non ha nemmeno frutto, e se dovesse pensare a proprio riguardo: – Io sono stato fatto… – scomparirebbe per se stesso. Pertanto, ciò che non esiste per nulla non esisterà mai.

19.) Che cosa dunque vuole il Padre che si pensi di se stessi? Questo: “Io sono diventato come le ombre e i fantasmi della notte”. Quando la luce illumina il terrore che lo ha colpito, quel tale capisce che esso non è niente. Così essi ignoravano il Padre: Egli è ciò che essi non vedevano. Poiché questo significava spavento, confusione, instabilità, dubbio e incertezza, esistevano molti inganni, attivi per le cause suddette, e vuote finzioni, come se la gente si fosse abbandonata al sonno e si trovasse in preda a sogni agitati: o si presenta loro un luogo in cui essi trovano scampo o si sentono senza forze, dopo essere stati inseguiti da qualcuno; o sono coinvolti in risse o stanno essi stessi ricevendo colpi; o stanno cadendo da grandi alture o volano per aria, sebbene non abbiano ali. Altre volte ancora è come se qualcuno tentasse di ucciderli, anche se nessuno li insegue, o essi stessi stanno uccidendo i loro vicini, perché sono imbrattati del loro sangue. Fino al momento in cui non si ridesta, colui che passa attraverso queste cose, immerso in tutte queste confusioni, non si accorge che esse non significano nulla. Così è per coloro che hanno allontanato da sé l’ignoranza, come un sonno cui essi non danno alcun valore. Ugualmente non danno alcun valore alle sue opere, ma le abbandonano, al pari di un sogno nella notte, e considerano la conoscenza del Padre come la luce.

20.) È così che ognuno ha agito, da addormentato, nel tempo della sua ignoranza, ed è così che conosce, come se si ridestasse. Felice l’uomo che torna in sé e si ridesta, e beato chi ha aperto gli occhi dei ciechi! Lo Spirito è corso rapidamente su di lui; quando l’ha fatto risorgere: ha steso la mano a chi giaceva per terra ed ha rimesso sui suoi piedi quello che ancora non si era rialzato. A costoro ha dato la possibilità di apprendere la conoscenza del Padre e la rivelazione del Figlio. Perché quando essi hanno veduto e udito costui, il Padre ha permesso loro di gustare se stesso, di sentirne il profumo, di toccare il Figlio diletto.

21.) Dopo che egli fu apparso, istruendoli circa il Padre, l’incomprensibile, dopo che ebbe soffiato in loro ciò che è nel Pensiero, eseguendone il volere, dopo che molti ebbero ricevuto la luce, alcuni si rivolsero contro di lui, perché erano estranei e non vedevano la sua immagine. Gli uomini ilici non avevano capito che egli si era presentato sotto una somiglianza di carne, a cui nessuno poteva impedire il cammino, essendo dotata di incorruttibilità e incoercibilità.

22.) Insegnando dunque cose nuove, col proferire ciò che è nel cuore del Padre, egli ha pronunciato la parola senza imperfezioni. Dalla sua bocca ha parlato la Luce e la sua voce ha generato la vita. Egli ha dato loro pensiero e intelletto, misericordia e salvezza, e il potere di uno spirito proveniente dall’infinità e bontà del Padre. Ha fatto cessare punizioni e tormenti – perché erano questi che distoglievano da Lui molti, bisognosi di misericordia, verso l’errore e le catene – e con potenza li ha debellati e li ha coperti di vergogna per mezzo della conoscenza. Egli è diventato la via per quelli che erravano, conoscenza per quelli che ignoravano, scoperta per quelli che cercavano, sostegno per quelli che vacillavano, purezza per quelli che erano contaminati.

23.) Egli è il pastore che ha lasciato le novantanove pecore che non si erano sviate ed è andato alla ricerca di quella che si era smarrita. E quando l’ha trovata ne ha gioito; perché il novantanove è un numero contenuto nella mano sinistra, che lo conteggia, ma appena è stato trovato l’uno, l’intero numero passa alla destra. Perché questa attira ciò che è mancante: lo prende dalla sinistra e lo passa alla destra, e in questo modo diventa cento.

24.) Con il suono della loro voce esse indicano il Padre. Egli ha lavorato anche di sabato per la pecorella che ha trovato caduta nella fossa. Egli ha salvato la pecora viva, riportandola fuori della fossa, affinché voi poteste capire – voi, figli della gnosi – qual’è il sabato in cui non bisogna che l’opera di redenzione rimanga inattiva, e affinché possiate parlare del giorno che è di sopra, in cui non c’è notte, e della luce che non tramonta mai, perché è perfetta.

25.) Parlate dunque, dal vostro cuore, perché siete voi questo giorno perfetto e in voi dimora la luce che non ha fine. Parlate della verità a quelli che la cercano e della conoscenza a quelli che nel loro errore hanno peccato. Consolidate il piede di coloro che hanno incespicato e imponete le vostre mani ai malati. Nutrite gli affamati e date pace ai sofferenti. Rialzate quelli che vogliono levarsi e ridestate coloro che dormono. Voi siete la saggezza che viene brandita. Se la potenza si comporta in questo modo, essa diviene ancora più potente. Abbiate cura di voi stessi. Non vi preoccupate di ciò che resta, che avete gettato via: non fate ritorno a ciò che avete vomitato, per riprenderlo. Non fatevi rodere dalla tarma o dal verme: vi siete già liberati da questa condizione. Non diventate un luogo per il diavolo: l’avete già annientato. Non consolidate i vostri ostacoli: essi crollano, perché sono macerie. Ciò che è senza una legge non è nulla, tanto da poter reprimere più della legge. Esso compie le sue opere da solo, perché è ingiusto. Invece chi è giusto compie le sue opere in mezzo agli altri. Voi, dunque, fate la volontà del Padre: gli appartenete. Il Padre è amorevole e ciò che procede dalla sua volontà è buono. Egli ha conosciuto ciò che è vostro, affinché là voi troviate la vostra Quiete. Dai frutti si conosce ciò’ che vi appartiene.

26.) I figli del Padre, sono essi la sua fragranza, e la manifesta in ogni luogo. Se essa si mescola con la materia, Egli affida la propria fragranza alla luce e la fa sollevare nel suo Silenzio, al di sopra di ogni forma e di ogni rumore. Perché non sono le orecchie che fiutano l’odore, ma è lo Spirito che può’ odorarlo, e lo attira in se stesso e lo immerge nella fragranza del Padre. Lo riconduce dunque in porto, lo rimena al luogo di dove è uscito, alla nostra fragranza originale, che ora è fredda. Essa è una sostanza psichica; è come acqua fredda che si è condensata su un suolo non liscio e a proposito della quale chi la vede pensa: – è solo terra -. In seguito essa esala di nuovo: se lo Spirito l’attira, essa diviene calda. Gli odori freddi provengono dunque dalla separazione.

27.) Per questo è venuta la Fede. Abolita la separazione, essa ha portato la calda pienezza dell’amore perché non esista più il freddo, ma l’unità del pensiero perfetto. E questa è la parola della buona novella, che riguarda la venuta della pienezza per coloro che aspettano la salvezza che viene dall’alto. Intanto la loro speranza è in attesa: verso di essa sono rivolti coloro la cui immagine è la luce in cui non c’è ombra.

28.) Se in quel momento sopraggiunge la pienezza, la deficienza della materia non proviene dall’infinità del Padre, che arriva al tempo della deficienza (benché nessuno possa dire che l’incorruttibile giunga in quel modo): infatti la profondità del Padre si è estesa e con Lui non c’era il pensiero dell’errore. La deficienza è una cosa debole, una cosa nell’inerzia, che si leva quando trova ciò’ che è giunto da Colui che vuole ripristinare nello stato precedente. Questo ripristino, infatti, si chiama conversione. Perciò l’incorruttibilità è emanata fuori. Essa ha seguito colui che aveva peccato, perché egli possa trovare la Quiete. Il perdono è appunto ciò che rimane per la luce, nella deficienza: è la parola della pienezza.

29.) Il medico accorre nel luogo dove c’è un malato, perché quello è il desiderio che è in lui. Allora colui che soffre di qualche deficienza non lo nasconde, perché quegli ha ciò’ che a lui manca. Così la pienezza, che non manca di nulla, completa la deficienza: la pienezza, che Egli ha dato di se stesso per completare chi ne ha bisogno, in modo che possa ricevere la grazia. Infatti, dal momento in cui egli fu mancante, non possedeva la grazia. Per questo, nel luogo in cui non c’era la grazia, c’era deficienza. Appena viene ricevuto ciò di cui egli era privo, ciò di cui aveva deficienza, il Padre lo ha manifestato come pienezza: questo significa la scoperta della luce della verità che l’ha illuminato, perché essa è immutabile. Questo è il motivo per cui in mezzo a loro è stata assegnata a Cristo la parola: perché quelli che erano fuorviati ritrovino il ritorno ed egli li unga con il crisma.

30.) Il crisma è la misericordia del Padre, il quale avrà misericordia per loro, perché coloro che Egli ha unto sono quelli che sono divenuti perfetti. Sono i vasi pieni quelli che si è soliti ungere. Quando pero’ l’unzione di uno scompare, esso si svuota. La causa che lo fa’ divenire mancante sta nel fatto che la sua unzione scompare da lui. In quel momento un solo soffio lo può attirare, secondo la forza di ciò’ che lo emette. Nel caso invece di chi è mancante, nessun sigillo gli è tolto e nulla viene svuotato. Se c’è però qualcosa di cui egli è mancante, il Padre, perfetto, suole di nuovo colmarlo con essa. Egli è buono, conosce la sua semenza, perché egli stesso, l’ha seminata nel suo Paradiso. Ora, il Paradiso è il Luogo del Riposo.

31.) Questa è la perfezione che procede dalla Mente del Padre e quelle sono le parole della sua meditazione. Ciascuna delle sue parole è espressione della sua indeclinabile volontà, nella rivelazione del Logos, uscito fuori per primo, le rese manifeste, e la Mente parlante (il Logos di per sé è in una grazia silenziosa) fu detta il pensiero. Era qui, infatti, il luogo dove esse esistevano prima che fossero manifestate.

32.) È accaduto dunque che egli è proceduto per primo nel momento che è piaciuto alla volontà di chi l’ha voluto. Ora, la volontà è ciò’ in cui il Padre si riposa e di cui si compiace. Nulla può’ succedere senza di Lui e nessuna cosa accade senza la volontà del Padre. Essa pero’ è inconoscibile. La volontà è l’orma di Lui, ma nessuno può’ conoscerla né è possibile alla gente stare in agguato per afferrarla. Ma ciò’ che vuole è nel momento che lo vuole, anche se il suo mostrarsi non è affatto di loro gradimento. La volontà è in Dio.

33.) Il Padre conosce così l’inizio di tutti loro, come la loro fine. Quando questa giungerà, li interrogherà su quello che hanno fatto. Ora la fine consiste nel prendere conoscenza di chi è nascosto. E questi è il Padre: Colui dal quale è uscito l’inizio e al quale ritorneranno tutti quelli che sono usciti da Lui, perché essi sono stati manifestati per la gloria e la gioia del suo nome.

34.) Ora, il nome del Padre è il Figlio. È lui che all’inizio ha dato nome a quello che è uscito da Lui, e che era Egli stesso, e che Egli ha generato come Figlio. Egli gli ha dato il suo nome, che apparteneva a Lui, poiché è Lui, il Padre, colui al quale appartengono tutte le cose che sono con Lui. Egli possiede il nome, egli possiede il Figlio: questo è possibile che sia visto, il nome invece è invisibile, poiché esso solo è il mistero dell’invisibile, il quale giunge a orecchi che sono tutti pieni di lui.

35.) Il nome del Padre, invero, non si può’ pronunciare, ma Egli si è rivelato per mezzo del Figlio. Così grande è dunque il nome! Chi, pertanto, sarà in grado di pronunciare il nome di Lui, il grande nome, se non Egli solo, al quale appartiene il nome, e i figli del nome, quelli su cui si è riposato il nome del Padre e che, a loro volta, si sono essi pure riposati nel suo nome?

36.) Poiché il Padre non è venuto nell’esistenza, ma di sé ha generato lui solo come nome, prima di produrre gli eoni, affinché a loro capo quale signore, vi fosse il nome del Padre, cioè il nome vero, saldo nella sua autorità e nella sua perfetta potenza. Questo nome non si trova tra i vocaboli, né il suo nome compare tra gli appellativi. Esso è invisibile.

37.) Egli ha dato un nome a se stesso, perché vede se stesso ed Egli solo è in grado di darsi un nome. Colui che non esiste non ha un nome. Quale nome si può dare a colui che non esiste? Invece chi esiste, esiste pure il suo nome e conosce se stesso. Dare un nome a se stesso significa essere il Padre. Il suo nome è il Figlio. Egli non l’ha dunque nascosto nell’agire: ma il nome esisteva, ed Egli lo dava al Figlio, a lui solo. Il nome, quindi, è quello del Padre, così come il nome del Padre è il Figlio, sua misericordia. Costui, infatti, dove troverebbe un nome, fuori del Padre?

38.) Ma certamente qualcuno potrebbe dire al suo vicino: – Chi può dare un nome a chi preesisteva prima di lui? Come se, a dire il vero, i bambini non ricevessero un nome da chi li ha generati. La prima cosa da fare, allora, è riflettere su questo punto: “Che cos’è il nome?” Poiché esso è il nome autentico, è senza dubbio il nome che proviene dal Padre, perché è Lui il signore del nome. Non è uno pseudonimo, che egli abbia ricevuto, come altri, secondo la maniera in cui ciascuno ne viene fornito. Ma è Lui il signore del nome. Non c’è nessun altro a cui Egli lo abbia concesso, ed Egli stesso è stato innominabile ed ineffabile fino al momento in cui Egli stesso, che è perfetto, lo ha pronunciato, ed è Lui che ha il potere di pronunciare il suo nome e di vederlo.

39.) Quando dunque gli piacque che il suo Figlio diletto divenisse il suo nome, Egli gli diede il suo nome. Uscito dalla profondità, questi ha parlato dei segreti di Lui, sapendo che il Padre è bontà assoluta. Proprio per questo motivo, Egli lo ha mandato: perché potesse parlare del Luogo e del luogo del Riposo, da cui egli era uscito, e glorificare il Pleroma e la grandezza del Suo nome e la dolcezza del Padre. Ed egli parlerà del Luogo da cui ciascuno è venuto, e ciascuno si affretterà a tornare di nuovo alla religione dalla quale ha derivato la sua vera condizione e a liberarsi da quel luogo in cui si è trovato da quando ha gustato quel Luogo e ne ha ricevuto nutrimento e crescita. Il luogo suo proprio di riposo è la sua pienezza.

40.) Tutte le emanazioni del Padre sono pienezze e tutte le sue emanazioni hanno la propria radice il Lui, il quale le ha fatte sorgere tutte da se stesso e ha assegnato loro il proprio destino. Ciascuno, pertanto, è stato manifestato affinché per mezzo del proprio pensiero… . Il Luogo a cui essi rivolgono il proprio pensiero, quel luogo è la loro radice, che li solleva in alto, a tutte le altezze, presso il Padre. Essi raggiungono il suo capo, che è per loro la Quiete. È loro dato accesso in avanti e vengono a trovarsi tanto vicini da poter dire che sono stati messi in comunione con il volto di Lui, per mezzo dei baci.

41.) Forse che essere simili non sono stati manifestati perché non sono usciti fuori di se stessi e perché non hanno menomato la gloria del Padre e non hanno pensato che Egli fosse piccolo o che fosse aspro o che fosse irascibile, ma che Egli è assolutamente buono, incrollabile, dolce, che conosce tutti gli spazi prima che essi entrino nell’esistenza, e che non ha bisogno di istruzione?

42.) Questa è la condizione di coloro che posseggono qualche cosa dall’alto, grazie a quella incommensurabile grandezza, in cui essi si trovano, stretti insieme a quell’Uno, unico e perfetto, che è là per loro. Costoro non discendono nell’Ade; essi non hanno né invidia né lamenti; non c’è più in mezzo a loro la morte, ma riposano in Colui che riposa. Essi non penano, né sono preoccupati nella ricerca della verità, perché essi stessi sono la verità. Il Padre è in loro ed essi sono nel Padre, perfetti e inseparabili da quell’autenticamente Buono. Essi non sono causa di alcun danno, anzi largiscono benessere. Ventilati dallo Spirito, essi si accorgeranno della loro radice, e quelli in cui Egli avrà trovato la sua radice, saranno oggetto di particolare sollecitudine, ed Egli eviterà ogni danno alle loro anime. Questo è il Luogo dei beati, questo è il loro luogo.

43.) Quanto agli altri sappiano essi, nei luoghi in cui si trovano, che non è conveniente per me, dopo che sono stato nel Luogo del riposo, parlare di altre cose. Ma là io dimorerò e dedicherò me stesso, in ogni momento, al Padre del Tutto e ai veri fratelli, sui quali si riversa l’amore di Lui e in mezzo ai quali nulla di Lui fa difetto. Sono essi, che sono manifestati nella verità, poiché essi sono in quella vita vera ed eterna e parlano della Luce perfetta, ripiena del seme del Padre, e che è nel suo cuore e nel Pleroma, mentre il Suo Spirito gioisce in Lui e glorifica Lui, nel quale esso esisteva, perché Egli è buono e i suoi figli sono perfetti e degni del suo nome. Sono proprio figli di questo genere che Egli, il Padre, ama.

Il Vangelo di Filippo

Forse il vertice dello gnosticismo, troviamo per la prima volta gli Arconti e il mistero della Camera Nuziale…

1.) Un Ebreo crea un Ebreo, e questo è chiamato così: “proselito”; ma un proselito non crea un proselito. Coloro che sono nella Verità sono come quelli e ne creano altri; ai secondi invece è sufficiente entrare nell’esistenza.

2.) Lo schiavo aspira soltanto ad essere libero, ma non aspira alle ricchezze del padrone. Il figlio invece non è soltanto figlio, ma si attribuisce l’eredità del padre.

3.) Coloro che ereditano da chi è morto sono essi stessi morti ed ereditano cose morte. Coloro che ereditano da chi è vivo sono essi stessi vivi ed ereditano le cose vive e le cose morte. Coloro che sono morti non ereditano nulla. Come potrebbe, infatti, ereditare un morto? Ma se colui che è morto eredita da chi è vivo. egli non morirà; anzi, il morto vivrà di nuovo.

4.) Un pagano non muore, perché egli non è mai vissuto, per dover morire. Colui che ha creduto nella Verità ha trovato la vita, e quest’uomo può correre il pericolo di morire, poiché è vivo.

5.) Dal giorno che il Cristo è venuto, il mondo è creato, le città adornate, e ciò che è morto è gettato via.

6.) Quando noi eravamo Ebrei eravamo orfani e avevamo soltanto nostra madre. Ma da quando siamo divenuti Cristiani abbiamo acquistato un padre e una madre.

7.) Coloro che seminano d’inverno raccolgono d’estate: l’inverno è il mondo, l’estate è l’altro eone. Seminiamo nel mondo per poter poi raccogliere in estate. Per questo motivo non conviene che durante l’inverno noi preghiamo: subito dopo l’inverno viene l’estate, e chi raccoglierà d’inverno non raccoglierà, ma racimolerà.

8.) Come uno è di questa maniera, così produrrà frutto. E questo non soltanto non verrà fuori nei giorni comuni, ma anche il Sabato sarà senza frutto.

9.) Il Cristo è venuto a riscattare alcuni, a liberare altri, a salvare altri. Quelli che erano stranieri egli li ha riscattati e li ha fatti suoi. Ed ha separato i suoi, quelli che ha costituito come pegno, secondo la sua volontà.
Non solo quando si è manifestato egli ha deposto la sua anima quando ha voluto, ma da che esiste il mondo, egli ha deposto la sua anima. E quando ha voluto, allora è venuto a riprenderla, poiché essa era stata lasciata come pegno. Era in mezzo a ladroni ed era stata tenuta prigioniera: egli l’ha riscattata e ha salvato i buoni nel mondo, e anche i cattivi.

10.) La luce e le tenebre, la vita e la morte, ciò che è a destra e ciò che è a sinistra, sono fratelli fra di loro: non è possibile separarli. Per questo motivo né i buoni sono buoni, né i cattivi sono cattivi, né la vita è vita, né la morte è morte. Perciò ciascuna cosa sarà distinta secondo l’origine del suo essere. Ma quelli che sono innalzati sopra il mondo sono indissolubili ed eterni.

11.) I nomi che vengono dati alle cose terrestri racchiudono un grande inganno, perché distolgono i cuori da concetti che sono autentici verso concetti che non sono autentici. Chi sente la parola “Dio” non intende ciò che è autentico, ma intende ciò che non è autentico. Così pure per “Padre” e “Figlio” e “Spirito Santo” e “Vita” e “Luce” e “Resurrezione” e “Chiesa” e tutti gli altri nomi non s’intende ciò che è autentico, ma s’intende ciò che non è autentico. A meno che non si sia venuti a conoscenza di ciò che è autentico, questi nomi sono nel mondo per ingannare. Se essi fossero nell’eone, non sarebbero nominati ogni giorno nel mondo e non sarebbero mescolati tra le cose terrestri. Essi hanno la loro fine nell’eone.

12.) Un solo nome non è pronunciato nel mondo: il nome che il Padre ha dato al Figlio. Esso è al di sopra di tutto. È il nome di “Padre”, perché il Figlio non diventerebbe Padre se non avesse rivestito se stesso del nome di “Padre”. Questo nome. coloro che lo posseggono lo intendono in verità, ma non lo pronunciano. Invece coloro che non lo posseggono non lo intendono. Ma la Verità ha espresso dei nomi nel mondo a questo motivo: che non è possibile apprendere senza nomi. La Verità è unica e molteplice, e a nostro vantaggio, per insegnarci, per amore, quella Unica, attraverso molte.

13.) Gli arconti vollero ingannare l’uomo, perché essi videro che egli aveva la stessa origine di quelli che sono veramente buoni. Essi presero il nome delle cose che sono buone e lo diedero alle cose che non sono buone, per potere, per mezzo dei nomi, ingannare gli uomini e legarli alle cose che non sono buone. E poi, se essi fanno loro un favore, li allontanano da ciò che non è buono e li collocano in ciò che è buono, quello che essi conoscono. Perch’essi hanno deliberato di prendere l’uomo libero e fare di lui un loro schiavo, per sempre.

14.) Vi sono potenze che danno questo all’uomo non volendo che egli sia salvo, per poter diventare suoi dominatori. Perché se l’uomo è loro schiavo vengono fatti sacrifici e si offrono animali alle potenze. E ciò che essi hanno offerto è bensì vivo, ma dopo che l’hanno offerto muore. Quanto all’uomo, fu offerto morto a Dio, ed è vissuto.

15.) Prima della venuta del Cristo, non c’era pane nel mondo, così come nel paradiso, il luogo dov’era Adamo. C’erano molti alberi per il nutrimento degli animali, ma non c’era frumento per il nutrimento dell’uomo. L’uomo si nutriva come gli animali, ma quando venne Cristo, L’Uomo perfetto, portò il pane dal cielo affinché l’uomo potesse nutrirsi con un cibo da uomo.

16.) Gli arconti pensavano che fosse per la loro potenza e la loro volontà che gli uomini facevano tutto ciò che facevano, ma lo Spirito Santo preparava per essi ogni cosa in segreto, come egli voleva. Fu seminata dappertutto la Verità, quella che esiste fin da principio, e molti la videro mentre era seminata, ma pochi sono quelli che la vedono quando viene raccolta.

17.) Taluni hanno detto che Maria ha concepito dallo Spirito Santo. Essi sono in errore. Essi non sanno quello che dicono. Quando mai una donna ha concepito da una donna? Maria è la vergine che nessuna forza ha violato, e questo è un grande anatema per gli Ebrei, che sono gli apostoli e gli apostolici. Questa Vergine, che nessuna forza ha violato […], e le Potenze si contaminano. E il Signore non avrebbe detto: “Mio Padre che è nei cieli,” se non avesse avuto un altro padre, ma avrebbe semplicemente detto: “Mio Padre”.

18.) Il Signore disse ai discepoli:”[….], entrate nella Casa del Padre, ma non prendete nulla nella Casa del Padre e non portate via nulla.

19.) “Gesù” è un nome segreto, “Cristo” è un nome manifesto. Infatti “Gesù” non esiste in nessuna lingua, tuttavia il suo nome è “Gesù”, come lo hanno chiamato. Quanto a “Cristo” il suo significato è “Messia” in siriaco e xxxxxxx in greco. Ad ogni modo, tutti gli altri lo chiamano secondo la lingua di ciascuno di loro. “Nazareno” è l’unica cosa che è stata rivelata di ciò che è sconosciuto.

20.) Cristo ha in se stesso tutte le qualità: è sia uomo, sia angelo, sia mistero, sia Padre.

21.) Coloro che dicono che il Signore prima è morto e poi è risuscitato, si sbagliano, perché egli prima è risuscitato e poi è morto. Se uno non consegue prima la resurrezione non morirà, perché “come è vero che Dio vive” egli sarà già morto.

22.) Nessuno nasconde un oggetto prezioso in un recipiente di grande valore, ma spesso tesori incalcolabili sono posti in un recipiente del valore di un asse. Cosi è per l’anima: essa è un oggetto prezioso ed è venuta a trovarsi in un corpo spregevole.

23.) Vi sono certuni che hanno paura di risuscitare nudi. Per questo essi vogliono risuscitare nella carne, e non sanno che quelli che portano la carne, proprio essi sono nudi. Quelli che spogliano se stessi fino ad essere nudi, non sono nudi. Né carne né sangue possono ereditare il Regno di Dio. Qual’è quello che non erediterà? Il corpo che noi abbiamo. Qual’è invece quello che erediterà? Quello di Gesù e il suo sangue. È per questo che egli ha detto: “Chi non mangerà la mia carne (Logos) e non berrà il mio sangue non ha la vita in se stesso”. E cosa sono queste cose? La sua carne è il Logos e il suo sangue è lo Spirito Santo (anima). Chi ha ricevuto queste cose ha cibo, bevanda e vestito. Io, poi, biasimo anche gli altri, quelli che dicono che non si risusciterà. Infatti ambedue sono in errore. Tu dici che la carne non risusciterà: dimmi allora che cosa risusciterà, affinché noi possiamo renderti onore. Tu dici che lo Spirito è dentro la carne, che c’è pure questa luce dentro la carne. Ma è il Logos, quest’altro che è nella carne! In questa carne (Logos) in cui Tutto esiste, bisogna dunque risuscitare.

24.) In questo mondo, quelli che indossano i vestiti (anime) sono superiori ai vestiti (corpo); nel Regno dei Cieli i vestiti (spirito) sono superiori a quelli che li indossano, per l’acqua ed il fuoco che purificano tutto il luogo.

25.) Ciò che è manifesto, lo è grazie a ciò che è manifesto; ciò che è nascosto, grazie a ciò che è nascosto. Ma vi sono certe cose nascoste che lo sono grazie a cose manifeste. C’è un’acqua nell’acqua ed un fuoco nel crisma.

26.) Gesù le ha portate tutte in segreto. Infatti non si era rivelato come era, ma si è rivelato come potevano vederlo. E cosi si è manifestato a tutti questi: si è manifestato come grande ai grandi, si è manifestato come piccolo ai piccoli, si è manifestato agli angeli come angelo e agli uomini come uomo. Per questo il suo Logos è rimasto nascosto a tutti. Taluni, invero, lo hanno visto, credendo di vedere se stessi. Ma quando è apparso, in gloria, ai suoi discepoli, sulla montagna, egli non era piccolo. È diventato grande, ma ha fatto grandi i suoi discepoli, perché fossero in grado di vederlo grande.
Egli ha detto quel giorno, nella preghiera di ringraziamento: “Tu che hai congiunto la Perfezione “la Luce “con lo Spirito Santo, congiungi gli angeli con noi, immagini.

27.) Non disprezzare l’Agnello, perché senza di lui non è possibile vedere la Porta del Regno. Nessuno potrà andare alla presenza del Re, se è nudo.

28.) L’Uomo celeste, molti sono i suoi figli, più che dell’Uomo terrestre. Se i figli di Adamo sono numerosi, per quanto ne muoiano, quanti di più sono i figli dell’Uomo perfetto che non muoiono mai, ma sono rigenerati in eterno!

29.) Il padre genera un figlio, ma il figlio non può generare un figlio, perché chi è stato generato non può generare. Il figlio acquista per sé soltanto fratelli, non figli.

30.) Tutti coloro che sono generati nel mondo sono generati dalla natura, gli altri dallo Spirito. Coloro che sono generati da questo gridano di là all’Uomo, perché si nutrono della promessa del Luogo in alto.

31.) Colui che si nutre dalla bocca, se di lì è uscito il Logos verbo di verità, dovrà essere nutrito dalla bocca, e diventare “perfetto”. Perché il perfetto diventa fecondo per mezzo di un bacio, e genera. Per questo motivo anche noi ci baciamo l’un l’altro, e concepiamo l’uno dall’altro, per opera della grazia che è in noi.

32.) Erano tre (Maria), che andavano sempre con il Signore: sua madre Maria, sua sorella, e la Maddalena, che è detta sua consorte. Infatti era “Maria”: sua sorella, sua madre e la sua consorte.

33.) “Padre” e “Figlio” sono nomi semplici, “Spirito Santo” è un nome duplice. Quelli sono in ogni luogo: essi sono in alto, essi sono in basso, essi sono nell’invisibile, essi sono in ciò che è manifesto. Lo Spirito Santo è in ciò che è manifesto, in basso, è nell’invisibile, in alto.

34.) I santi sono serviti dalle Potenze cattive. Infatti queste sono accecate dallo Spirito Santo, tanto che credono di servir l’uomo, mentre agiscono per i santi. Per questo motivo un giorno un discepolo domandò al Signore qualcosa riguardo al mondo ed egli rispose: “Domandalo a tua Madre ed ella ti darà qualcosa di diverso”.

35.) Gli apostoli dissero ai discepoli: “Possa ogni nostra offerta avere sale! “Essi chiamavano Sofia: “sale”. Senza di questo, nessuna offerta è accettabile.

36.) Ma Sofia è sterile, senza il Figlio. Per questo motivo essa è chiamata […] sale. Il luogo in cui essi […] alla loro maniera, è lo Spirito Santo. Perciò molti sono i suoi figli.

37.) Ciò che il padre ha, appartiene al figlio; e a questi “il figlio” per tutto il tempo è piccolo, non si affida quello che è suo. Ma quando diventa uomo, il padre gli dà tutto ciò che gli appartiene.

38.) Quelli che sono perduti, che lo Spirito genera, sono perduti anche per causa sua. Per questo, con il medesimo soffio, il fuoco si attizza e si spegne.

39.) Una cosa è Achamoth e un’altra cosa è Echmoth. Achamoth è semplicemente Sofia, mentre Echmoth è la Sofia della morte. È questa che conosce la morte, e che è chiamata piccola Sofia.

40.) Ci sono animali che sono soggetti all’uomo, come il vitello, l’asino, e altri di questo genere. Ce ne sono altri che non sono soggetti e vivono appartati in luoghi solitari. L’uomo lavora il campo con gli animali che gli sono soggetti, e con questo nutre se stesso e gli animali, tanto quelli che gli sono soggetti, quanto quelli che non gli sono soggetti. La stessa cosa è per l’Uomo perfetto. Egli lavora con le Potenze che gli sono soggette e prepara ogni cosa per l’Esistenza. Poiché in questo modo l’intero luogo è seminato, sia il buono che il cattivo, ciò che è destra e ciò che è a sinistra. Lo Spirito Santo raccoglie insieme e guida le Potenze soggette e non soggette, e quelle appartate. Perché, invero, esso […] le riunisce, affinché […].

41.) Adamo, se è stato formato, tu troverai che i suoi figli sono una eccellente fabbricazione. Se egli non è stato formato, ma generato, tu troverai che era eccellente il suo seme. Ora, ecco che egli è stato formato e generato. Che eccellenza è questa!

42.) Dapprima si è avuto l’adulterio, poi l’omicidio. Ed egli fu generato da adulterio, perché era figlio del serpente. Per questo divenne assassino, come era anche suo padre, e uccise il proprio fratello. Perché ogni associazione che si forma tra cose differenti l’una dall’altra è un adulterio.

43.) Dio è un tintore. Come le buone tinture, che si dicono genuine, muoiono con le cose che sono state tinte con esse, così è con le cose tinte da Dio: poiché le sue tinture sono immortali, esse diventano immortali grazie ai suoi colori. Ora Dio, ciò che immerge, lo immerge nell’acqua.

44.) Non è possibile che uno veda qualcuna delle realtà autentiche, a meno che non diventi come esse. La Verità non è come per l’uomo nel mondo: egli vede il sole, me non è il sole, e vede il cielo e la terra e tutte le altre cose, ma non sono per nulla quelli autentici.
Ma tu hai visto qualcuna delle cose del Luogo e sei divenuto di quelle. Tu hai visto lo Spirito e sei diventato Spirito. Tu hai visto Cristo e sei diventato Cristo. Tu hai visto il Padre e diventerai il Padre. Per questo, ora, tu vedi ogni cosa e non vedi te stesso. Ma ti vedrai nel Luogo, perché quello che tu vedi, lo diventerai.

45.) La Fede riceve, l’Amore dà. Nessuno può ricevere senza la fede, nessuno può dare senza l’amore. Per questo motivo, per poter ricevere, noi abbiamo la fede, ma anche allo scopo di poter dare con sincerità, poiché, se qualcuno non dà con amore, non ha alcun profitto da quello che ha dato.

46.) Colui che non ha ancora ricevuto il Signore è ancora un Ebreo.

47.) Gli apostoli che sono stati prima di noi l’hanno chiamato cosi: “Gesù Nazareno Cristo”. L’ultimo nome è “Cristo”, il primo è “Gesù”, quello in mezzo è “Nazareno”.
“Messia” ha due significati: tanto “Cristo” che “il limitato”.
“Gesù” in ebraico è: “la Redenzione”. “Nazara” è: “la Verità”. perciò “Nazareno” è “quello della Verità”.

48.) La perla, se è gettata nel fango, non diventa di minor pregio, né, se viene unta con olio di balsamo, diventa di maggior pregio, ma ha sempre valore agli occhi del suo proprietario. Cosi è per i figli di Dio: dovunque essi siano, essi hanno sempre valore agli occhi del loro Padre.

49.) Se tu dici: “Io sono un Giudeo, “nessuno si preoccuperà. Se tu dici: “Io sono Romano,” nessuno si sentirà scosso. Se tu dici: “Io sono un Greco, un barbaro, uno schiavo, un libero, ” nessuno si turberà. Se tu dici: “Io sono un Cristiano,” tutti si agiteranno.
Possa io ricevere questa designazione, che […] non possono sopportare: cioè questo nome.

50.) Dio è un divoratore di uomini. Per questo l’uomo gli è immolato. Prima di immolare l’uomo gli si immolavano gli animali, perché non erano dei, quelli a cui si facevano sacrifici.

51.) I vasi di vetro e i vasi di terracotta sono fabbricati per mezzo del fuoco. Ma i vasi di vetro, se si rompono, vengono modellati di nuovo, perché provengono da un soffio. I vasi di terracotta, se si rompono, vengono distrutti, perché essi sono prodotti senza soffio.

52.) Un asino che girava una macina fece cento miglia, camminando. Quando fu slegato, trovò che era ancora nello stesso posto. Ci sono uomini che camminano molto e non avanzano affatto. Quando è venuta per loro la sera, essi non hanno visto né città, né villaggio, né creatura, né natura, e potenza e angelo. Invano, i miseri, si sono travagliati.

53.) L’eucaristia è Gesù; infatti in siriaco è chiamato Pharisatha, cioè: “colui che è steso”. Infatti Gesù è venuto a crocifiggere il mondo.

54.) Il Signore entrò nella tintoria di Levi. Prese settantadue colori e li versò nella tinozza. Li tirò fuori tutti bianchi e disse: “È cosi, invero, che il Figlio dell’uomo è venuto come tintore (lavaggio battesimale).

55.) La Sofia, che è chiamata sterile, è la madre degli angeli. La consorte di Cristo è Maria Maddalena. Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli e la baciava spesso sulla bocca. Gli altri discepoli allora dissero: “Perché ami lei più di tutti noi? “Il Salvatore rispose e disse loro: “Perché, non amo voi tutti come lei?

56.) Un cieco e un uomo che vede, quando sono tutti e due nelle tenebre, non sono differenti l’uno dall’altro. Ma quando viene la luce, allora quello che vede vedrà la luce e quello che è cieco rimarrà nelle tenebre.

57) Il Signore ha detto: “Beato colui che era, prima di venire al mondo! Perché chi è, lo era e lo sarà.

58.) La superiorità dell’uomo non è manifesta, ma è nel segreto. Per questo egli è il signore degli animali che sono più forti di lui, che sono grandi secondo ciò che è manifesto e secondo ciò che è nascosto, ed è lui a dar loro il sostentamento. Infatti se l’uomo si separa da loro, essi si uccidono e si mordono tra di loro. Essi si sono divorati l’un l’altro finché non hanno trovato cibo. Ma ora hanno trovato cibo, perché l’uomo ha lavorato la terra.

59.) Se qualcuno scende nell’acqua e ne esce fuori senza aver ricevuto nulla e dice: “Io sono cristiano, “egli si è appropriato il nome; ma se egli riceve lo Spirito Santo, ha il dono del nome. Chi ha avuto il dono, non ne è più privato; ma chi se l’è appropriato, gli viene tolto.

60.) Questo è quanto succede per il matrimonio. Se qualcuno entra nell’esistenza per un mistero, il mistero del matrimonio e grande. Poiché senza di esso il mondo non sarebbe. Infatti la consistenza del mondo è l’uomo (emanazione divina), e la consistenza dell’uomo è il matrimonio (nel congiungimento spirituale). Abbiate presente l’accoppiamento immacolato, perché esso ha grande potenza. La sua immagine è nella congiunzione carnale.

61.) Tra gli spiriti impuri ve ne sono di maschili e di femminili. I maschili sono quelli che si congiungono alle anime che abitano in un corpo di femmina; i femminili sono quelli che si congiungono alle anime che sono in un corpo di uomo. Perché essi sono separati. E nessuno potrà loro sfuggire, quando essi lo posseggono, a meno che egli non riceva un potere maschile o femminile, cioè di sposo o di sposa. Ora, questo lo riceve in immagine dalla camera nuziale.
Quando le femmine sciocche vedono un maschio seduto da solo, balzano su di lui, scherzano con lui e lo seducono. Ugualmente gli uomini sciocchi, quando vedono una bella donna seduta da sola, la lusingano e le fanno pressione, perché desiderano possederla. Ma se essi vedono un uomo con la moglie, seduti vicino, le femmine non possono andare dall’uomo e gli uomini non possono andare dalla femmina. La stessa cosa è, se l’immagine e l’angelo si uniscono insieme (innalzamento spirituale): non c’è alcuna possibilità di andare verso l’uomo o verso la donna.
Colui che esce dal mondo non può più essere trattenuto, per essere stato nel mondo. È manifesto che egli si è elevato al di sopra dei desideri, della morte e della paura. Egli è il signore della natura, egli è superiore alla gelosia. Ma se queste cose ci sono, lo posseggono e lo soffocano. E come potrà essere in grado di sfuggire loro?
Spesso vengono di quelli che dicono: ” Noi siamo credenti ” per sfuggire agli spiriti impuri e ai demoni. Perché, se avessero ricevuto lo spirito santo, non ci sarebbero stati spiriti impuri che si congiungessero con loro.

62.) Non temere la carne e non amarla. Se la temi, essa ti dominerà. Se l’ami, essa ti divorerà e ti soffocherà.

63.) O si è nel mondo o nella resurrezione o nei luoghi intermedi. Purché non mi succeda di essere trovato in questi! In questo mondo c’è del buono e del cattivo. Quello che c’è di buono non è tutto buono, e quello che c’è di cattivo non è tutto cattivo. Ma oltre questo mondo c’è qualcosa di cattivo che è veramente cattivo, e cioè quello che si chiama l’ “Intermedio”. Esso è la morte. Mentre siamo in questo mondo, è necessario acquistare per noi la resurrezione, cosicché, quando ci spogliamo della carne, possiamo essere trovati nella Quiete (beatitudine celeste) e non andiamo errando nell’Intermedio. Vi sono molti, infatti, che si smarriscono durante il cammino. Ed è bene, pertanto, uscire dal mondo prima che l’uomo abbia peccato.

64.) Vi sono taluni che né vogliono né possono. Invece altri, se vogliono, non ne hanno alcun profitto, perché non hanno agito. Infatti il volere soltanto li rende peccatori come il non-volere e il non-agire.

65.) Un apostolico ebbe una visione alcune persone che erano rinchiuse in una casa in fiamme e legate con catene di fuoco e gettate in un mare di fuoco, che bruciava dinanzi a loro. E dicevano: ” Gettate acqua sul fuoco! ” Ma essi dicevano che non erano in grado di salvarle, secondo la loro volontà. Essi ricevettero la morte come punizione, quella che è chiamata “le tenebre esteriori”, perché consiste in acqua e fuoco.

66.) L’anima e lo spirito sono entrati nell’esistenza dall’acqua, dal fuoco e dalla luce, che il figlio della camera nuziale […]. Il fuoco è il crisma, la luce è il fuoco. Io non parlo di questo fuoco, che non ha forma, ma dell’altro, la cui forma è bianca, che è fatto di luce e di bellezza, e che dà bellezza.

67.) La verità non è venuta nel mondo nuda, ma è venuta in simboli ed immagini. Esso non la riceverà in altra maniera. C’è una rigenerazione e un’immagine di rigenerazione. Ed è veramente necessario che si sia rigenerati attraverso l’immagine. Che cos’è la resurrezione? E la immagine è necessario che risorga attraverso l’immagine e la camera nuziale; l’immagine attraverso l’immagine, è necessario che si entri nella Verità, che è la restaurazione.
Questo è inevitabile per coloro che non soltanto ricevono il nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, ma che li hanno ottenuti proprio per sé. Se uno non li ottiene proprio per sé, anche il nome gli sarà tolto. Ora questi si ottengono con il crisma della pienezza della potenza della Croce, che gli apostoli hanno chiamato la destra e la sinistra. Infatti costui non è più un cristiano, ma un Cristo.

68.) Il Signore ha operato ogni cosa in un mistero: un battesimo e un crisma, un’eucaristia e una redenzione, e una camera nuziale.

69.) Egli ha detto: ” Io sono venuto a rendere le cose di sotto come le cose di sopra e le cose esterne come quelle interne, e ad unirle tutte nel Luogo “. Egli si è manifestato qui attraverso simboli ed immagini. Coloro che dicono che c’è qualcuno al di sopra e qualcuno al di sotto, si sbagliano. Infatti, quello che si è manifestato è quello che è chiamato “quello che è di sotto”, e quello a cui appartengono le cose nascoste è “quello che è al di sopra” di lui. Sarebbe bene, in verità, dire così: “l’interno” e “l’esterno” e “l’esterno dell’esterno”. Per questo il Signore ha chiamato la corruzione “le tenebre esteriori”, al di fuori delle quali non c’è nulla. Egli ha detto: ” Mio Padre che è nel segreto “.
Egli ha detto: ” Entra nella tua camera e chiudi la porta su di te e prega tuo Padre che è nel segreto, ” cioè che è nell’interno di tutte le cose.
Ora, ciò che è nell’interno di tutte le cose è il pleroma. Fuori di esso non c’è nulla che gli sia interno. Questo è quello che è detto: “ciò che è al di sopra di esse”.

70.) Prima del Cristo, molti erano usciti. Ma là, di dove erano usciti, non potevano più ritornare, e di là, dove erano entrati, non potevano più uscire. Ma è venuto il Cristo: quelli che erano entrati, egli li ha fatti uscire, e quelli che erano usciti, li ha fatti entrare.

71.) Quando Eva era in Adamo, non esisteva la morte. Ma dopo che essa si fu separata, la morte è sopravvenuta. Se essa entra di nuovo in lui, e se egli la riprende in se stesso, non esisterà più la morte.

72.) ” Mio Dio, mio Dio! Perché, o Signore, mi hai abbandonato? ” Egli ha detto queste parole sulla croce, perché essa [Egli] ha separato dal Luogo la sua anima, che era stata generata dallo Spirito Santo, per opera di Dio.
Il Signore si è levato dai morti ed è divenuto come era prima. Ma il suo corpo era perfetto: aveva bensì una carne, ma questa carne è una carne autentica, mentre la nostra carne non è autentica, ma noi possediamo un’immagine di quella autentica.

73.) La camera nuziale non è per le bestie (ilici), né per gli schiavi (psichici), né per le donne già possedute (impurità), ma è per gli uomini liberi (spirituali) e per le vergini (purezza).

74.) Noi siamo stati generati bensì dallo Spirito Santo, ma siamo stati di nuovo generati da Cristo, a due a due. Abbiamo avuto il crisma dello Spirito, e quando siamo stati rigenerati siamo stati uniti.

75.) Nessuno potrebbe vedere se stesso né nell’acqua né in uno specchio, senza la luce; né tu potrai rivedere te stesso nella Luce, senza acqua né specchio. Per questo occorre essere battezzati in ambedue: nella luce e nell’acqua. E invero la luce è il crisma.

76.) C’erano tre edifici, come luoghi per le offerte, in Gerusalemme: uno era aperto verso sud e si chiamava “il Santo del Santo”, il terzo era aperto verso oriente e si chiamava il “Santo dei Santi”, il luogo in cui il Sommo Sacerdote entrava egli solo. Il battesimo è l’edificio “Santo”, la redenzione è il “Santo del Santo”, e il “Santo dei Santi” è la camera nuziale. Il battesimo contiene la resurrezione e la redenzione. La redenzione è nella camera nuziale. Ma la camera nuziale è superiore a queste due.
Tu non potrai trovare […] quelli che pregano […] Gerusalemme […] che si chiama “il Santo dei Santi” […], non la camera nuziale, ma solo l’immagine […]. La sua cortina si è strappata dall’alto in basso, perché occorreva che qualcuno dal basso salisse in alto.

77.) Coloro che si sono rivestiti della luce perfetta, le Potenze non li vedono e non possono trattenerli. Ora, ci si rivestirà di questa luce per un mistero, nella unione.

78.) Se la donna non si fosse separata dall’uomo, non sarebbe morta, con l’uomo. La sua separazione è stata l’origine della morte. Per questo motivo è venuto il Cristo: per annullare la separazione che esisteva fin dalle origini e unire di nuovo i due, e per dare la vita a quelli che erano morti nella separazione e unirli.

79.) Ora, la donna si unisce a suo marito nella camera nuziale, e quelli che si sono uniti nella camera nuziale non si separeranno più. È per questo che Eva si è separata da Adamo: perché essa non era unita a lui nella camera nuziale.

80.) L’anima di Adamo è venuta nell’esistenza per mezzo di un soffio. Suo consorte è lo spirito. Chi glielo ha dato è sua Madre; e con l’anima gli è stato dato uno spirito, al suo posto. Per questo, quando si è nascosto egli ha pronunciato parole superiori alle Potenze. Esse lo invidiarono perché erano separate dall’unione spirituale […].

81.) Gesù ha rivelato sulle rive del Giordano la pienezza del Regno dei Cieli che esisteva prima del Tutto. Poi egli fu rigenerato. Poi fu adottato come figlio. Poi fu unto. Poi fu redento. Poi ha redento.

82.) Se è possibile riferire un mistero: il Padre del Tutto si è unito alla Vergine che è discesa e quel giorno un fuoco lo ha illuminato. Esso ha rivelato la grande camera nuziale. Per questo il suo corpo, che è venuto nell’esistenza in quel giorno, è venuto dalla camera nuziale, come quello che è stato generato dallo Sposo e dalla Sposa. Così, grazie a questi, Gesù ha ristabilito il Tutto in essa. Ed è inevitabile che ogni discepolo entri nella sua Quiete.

83.) Adamo è stato fatto da due vergini: lo spirito e la terra vergine. Per questo motivo, Cristo è stato generato da una vergine: per riparare alla caduta che è avvenuta alle origini.

84.) Ci sono due alberi in mezzo al Paradiso: uno produce animali, l’altro produce uomini. Adamo ha mangiato dell’albero che produce animali ed è diventato animale ed ha generato animali. Per questo i figli di Adamo venerano dei che hanno forma di animali. L’albero di cui Adamo ha mangiato i frutti è l’albero della conoscenza. Per questo i peccati sono divenuti numerosi. Se egli avesse mangiato dell’altro albero, i frutti dell’albero della vita, che produce uomini, gli dei venererebbero l’uomo.

85.) Così è nel mondo: gli uomini creano dei e venerano le loro creazioni. Sarebbe conveniente che gli dei venerassero gli uomini.

86.) Per la verità, le opere dell’uomo provengono dalla sua potenza e per questo sono chiamate “potenze”. Sue opere sono anche i suoi figli, che provengono dal Riposo. In conseguenza di questo, la sua potenza risiede nelle opere, mentre il Riposo si manifesta nei suoi figli. E tu troverai che questo procede fino all’immagine, che compie le sue opere secondo la propria potenza, ma nel riposo crea i suoi figli.

87.) In questo mondo gli schiavi sono al servizio degli uomini liberi, nel Regno dei cieli gli uomini liberi serviranno gli schiavi i figli della camera nuziale serviranno i figli del matrimonio. I figli della camera nuziale hanno un solo ed unico nome. La Quiete è per l’uno e per l’altro di essi. Essi non hanno bisogno di attività.

88.) La contemplazione ha grandi vantaggi. Essi sono di più che in una visione, per coloro che sono nel mondo. Ma le glorie delle glorie, gli uomini non possono vederle.

89.) […] Cristo è sceso nell’acqua, al fine di purificare e rendere perfetti coloro che egli ha reso perfetti nel Suo Nome. Infatti egli ha detto: ” È necessario che noi compiamo ogni giustizia.

90.) Coloro che dicono che prima si muore e poi si risorge, si sbagliano. Se non si riceve prima la resurrezione, mentre si è vivi, quando si muore non si riceverà nulla. Così pure si parla riguardo al battesimo, dicendo che il battesimo è una grande cosa, perché se si riceve si vivrà.

91.) L’apostolo Filippo ha detto: ” Giuseppe il falegname ha piantato un giardino, perché aveva bisogno di legna per il suo mestiere. È lui che ha costruito la Croce con gli alberi che ha piantato. Il suo seme è stato Gesù, la Croce la sua pianta.

92.) Ma l’albero della vita è in mezzo al Paradiso, e anche l’ulivo, da cui viene il crisma, grazie al quale la resurrezione.

93.) Questo mondo è un divoratore di cadaveri. Tutto ciò che è divorato da esso è morto. La Verità è una divoratrice di vita. Per questo, nessuno di quelli che si nutrono di Verità morirà. Gesù è uscito dal Luogo e di là ha portato il nutrimento, e a quelli che lo desideravano ha portato la Vita, affinché essi non morissero più.

94.) Dio ha piantato un Paradiso. L’uomo viveva nel Paradiso. C’era unità e non c’era separazione […] Beati gli uomini che in esso non desidereranno più separarsi. Questo Paradiso è il luogo in cui mi sarà detto: ” Mangia di questo o non mangiare di questo, secondo il tuo desiderio “. È il luogo dove io mangerò di tutto, poiché lì c’è l’albero della conoscenza. Là esso ha ucciso Adamo, qui invece l’albero della conoscenza ha dato la vita all’uomo.
La Legge era l’albero. Esso aveva il potere di dare la conoscenza del bene e del male. Ma esso né lo allontanava dal male, né lo stabiliva nel bene, ma ha creato la morte per quelli che ne hanno mangiato. Perché quando ha detto: ” Mangia di questo, non mangiare di quello, ” è stata l’origine della sua morte.

95.) Il crisma è superiore al battesimo, perché per mezzo del crisma noi siamo stati chiamati cristiani, non per mezzo del battesimo. Infatti il Padre ha unto il Figlio, e il Figlio ha unto gli apostoli, e gli apostoli hanno unto noi. Colui che è stato unto possiede il Tutto. Egli possiede la Resurrezione, la Luce, la Croce, lo Spirito Santo. Il Padre gli ha dato queste cose nella camera nuziale, ed egli le ha ricevute.

96.) Il padre era nel figlio e il figlio nel padre. Questo è il Regno dei cieli.

97.) Giustamente il Signore ha detto: ” Alcuni sono entrati nel Regno dei cieli ridendo e sono usciti ridendo da questo mondo “. Un cristiano […] e immediatamente è disceso nell’acqua e ne è uscito signore del Tutto. Perché il suo ridere non è per divertimento, ma egli disprezza questo mondo che non è degno del Regno dei cieli. Se egli lo disprezza e lo considera una sciocchezza, lo lascerà ridendo.

98.) È così anche per il pane e il calice e per l’olio, sebbene vi sia qualche altra cosa superiore a queste.

99.) Il mondo è stato creato in seguito ad una trasgressione. In effetti colui che l’ha creato voleva farlo incorruttibile ed immortale, ma egli ha commesso una trasgressione e non ha soddisfatto la sua speranza. Infatti l’incorruttibilità del mondo non c’è stata e non c’è stata l’incorruttibilità di colui che ha fatto il mondo. Veramente non c’è incorruttibilità nelle opere, ma nei figli, e nessuna opera potrà ricevere la incorruttibilità, a meno che diventi figlio. Ma colui che non ha la possibilità di ricevere, quanto maggiormente non potrà dare!

100.) Il calice della benedizione contiene del vino e contiene dell’acqua, poiché serve come simbolo del sangue per cui si fa il rendimento di grazie, ed è ripieno di Spirito Santo. Esso è dell’Uomo interamente perfetto, e quando lo beviamo riceviamo in noi stessi l’Uomo perfetto.

101.) L’acqua viva è una sostanza. È necessario che ci rivestiamo dell’Uomo Vivente. Per questo, quando uno viene per discendere nell’acqua si leva gli abiti per rivestirsi di quello.

102.) Un cavallo genera un cavallo, un uomo genera un uomo, un dio genera un dio. Così avviene per lo Sposo e la Sposa: i loro figli provengono dalla camera nuziale. Non c’era nessun Giudeo che provenisse dai Greci, finché la Legge fu in vigore. E noi stessi abbiamo avuto origine dai Giudei, prima di diventare Cristiani. Tu hai visto […]. Questi sono stati chiamati “il popolo eletto” dello Spirito Santo, e l’uomo autentico e il Figlio dell’uomo e la semenza del Figlio dell’uomo. Questa è chiamata nel mondo la razza autentica.

103.) Essi sono il luogo dove si trovano i figli della camera nuziale. L’unione in questo mondo, di uomo e donna, è il luogo della potenza e della debolezza. Nell’eone la forma dell’unione è differente, ma noi le chiamiamo con questi nomi.

104.) Ma ve ne sono altri, superiori a tutti i nomi con cui vengono chiamati, superiori alla violenza. Perché, là dove c’è violenza vi sono anche quelli che sono più forti della violenza.
Quelli che sono là non sono una cosa e un’altra, ma sono tutti due la stessa cosa; quello che è qui è quello che non sarà in grado di oltrepassare i limiti della carne.

105.) Di tutti coloro che posseggono il Tutto, non necessariamente tutti conoscono se stessi. E in verità, quelli che non conoscono se stessi non gioiranno di ció che essi posseggono, ma quelli che sono pervenuti alla conoscenza di se stessi ne gioiranno.

106.) Non solamente l’uomo perfetto non potrà essere colto, ma non potrà nemmeno essere visto. Perché se egli è visto sarà colto. In nessun’altra maniera qualcuno potrà ottenere per se stesso questa grazia, a meno che non si rivesta della Luce perfetta e non diventi egli stesso Luce perfetta. Quando l’avrà rivestita, egli andrà nella Luce. Tale è la Luce perfetta.

107.) È necessario che noi diveniamo uomini perfetti prima di uscire dal mondo. Colui che ha ricevuto il Tutto, senza dominare questi luoghi, non potrà dominare il Luogo. Ma egli andrà nell’Intermedio, in quanto imperfetto. Solo Gesú conosce la fine di costui.

108.) L’uomo santo è completamente santo, già fin nel corpo. Perché, se ha ricevuto il pane, egli lo farà santo, e cosí il calice o tutte le altre cose che egli riceve, egli le purificherà. E come non purificherà anche il corpo?

109.) Nello stesso modo in cui Gesú ha reso perfetta l’acqua del battesimo, cosí ha svuotato la morte. In conseguenza di questo, noi invero discendiamo nell’acqua, ma non discendiamo nella morte, affinché non siamo rigettati nello spirito del mondo. Questo, quando soffia, fa venire l’inverno; quando soffia lo Spirito Santo, viene l’estate.

110.) Colui che possiede la conoscenza della verità è un uomo libero; e l’uomo libero non pecca, perché chi commette il peccato è schiavo del peccato. La madre è la verità, ma la gnosi è il padre.
Coloro a cui non è permesso di peccare, il mondo li chiama liberi. A coloro a cui non è permesso di peccare, la conoscenza della verità eleva i cuori, cioè li rende liberi e li solleva al di sopra di tutto il luogo. Ma l’amore costruisce: colui che è diventato libero grazie alla gnosi, diventa schiavo di coloro che non si sono ancora potuti elevare fino alla libertà della gnosi; perché solo la gnosi li rende capaci di diventare liberi. L’amore non prende nulla. Infatti, come potrebbe prendere qualche cosa, dal momento che ogni cosa gli appartiene? Esso non dice: “Questo è mio” o “Quello è mio”, ma dice: “Questo è tuo”.

111.) L’amore spirituale è vino e balsamo. Ne godono tutti coloro che saranno unti con esso, e ne godono anche quelli che stanno vicino a loro, mentre quelli che ne sono unti sono presenti. Se quelli che sono unti col balsamo si allontanano da loro e se ne vanno, quelli che non sono unti, solamente quando si trovano lontano da loro, continuano a rimanere nel loro cattivo odore.
Il Samaritano ha dato niente altro all’uomo ferito che vino ed olio. Non c’è altra cosa che l’unzione. Ed egli ha guarito le ferite, perché l’amore copre moltitudine di peccati.

112.) A colui che la donna ama sono rassomiglianti quelli che essa mette al mondo. Se è suo marito, essi sono rassomiglianti a suo marito, se è un adultero, essi sono rassomiglianti all’adultero. Spesso, se una donna giace con suo marito per necessità, ma il suo cuore è presso l’adultero, con cui essa è solita unirsi, ciò che essa metterà al mondo, lo metterà al mondo rassomigliante all’adultero. Ma voi che siete con il Figlio di Dio, non amate il mondo, ma amate il Signore, affinché quelli che voi genererete non siano rassomiglianti al mondo, ma siano rassomiglianti al Signore.

113.) L’uomo si unisce con l’uomo, il cavallo si unisce con il cavallo, l’asino si unisce con l’asino. Ogni genere si unisce con cose dello stesso genere. Cosí lo spirito si unisce allo spirito, e il Logos si unisce al Logos e la Luce si unisce alla Luce. Se tu diventi uomo, l’uomo ti amerà, se tu diventi spirito, lo spirito si unirà a te, se tu diventi Luce, è la Luce che si unirà con te, se tu diventi uno di quelli che sono in alto, quelli che sono in alto troveranno il loro riposo in te. Se tu diventi cavallo o asino o bue o cane o montone o qualunque altro animale di quelli che si trovano al di fuori e in basso, tu non potrai essere amato né dall’uomo, né dallo spirito, né dal Logos, né dalla Luce, né da quello che è in alto, né da quello che è nell’interno. Essi non potranno trovare riposo in te, e tu non farai parte di loro.

114.) Chi è schiavo contro la propria volontà potrà divenire libero. Ma chi è divenuto libero per concessione del suo signore e si è legato egli stesso ad una schiavitú non potrà piú essere libero.

115.) La coltivazione dei campi è costituita da quattro elementi: si porta nel granaio ció che proviene dall’acqua e dalla terra e dall’aria e dalla luce. Il culto di Dio è pure costituito da quattro elementi: la fede e la speranza e l’amore e la gnosi. La nostra terra è la fede, in cui abbiamo radice, l’acqua è la speranza, da cui siamo nutriti, l’aria è l’amore, da cui siamo fatti crescere, e la luce è la gnosi, da cui veniamo maturati.

116.) La grazia è il contadino; la semenza del contadino sono gli uomini che salgono verso le altezze del cielo, e benedetto il servitore che non ha ingannato le loro anime! Questi è Gesú Cristo. Egli ha ingannato l’intero luogo e non ha gravato su nessuno. Per questo motivo, benedetto chi è cosí, perché è l’Uomo perfetto. Infatti egli è il Logos.

117.) Fateci delle domande a suo riguardo, perché è difficile raddrizzarla. Come potremo raddrizzare questa grande cosa? Come darà essa il riposo a ciascuno?

118.) Prima di tutto è necessario non affliggere nessuno, sia grande sia piccolo, sia credente sia non credente; inoltre dare il riposo a coloro che riposano nel bene.
Vi sono di quelli a cui giova dare il riposo a chi è nel bene. Ma chi fa il bene non può dare il riposo a costoro, perché esso non viene secondo la sua volontà. Ma gli è impossibile affliggere, facendo sí che essi siano oppressi. Invece chi è nel bene talvolta li affligge. Non è cosí, ma li affligge la loro debolezza.
Chi possiede la natura, dà gioia al buono. Ma a causa di questo, alcuni si affliggono gravemente.

119.) Un padrone di casa si è procurato ogni genere di cose: sia figli, sia schiavi, sia bestiame, sia cani, sia maiali, sia frumento, sia orzo, sia paglia, sia erba, sia ossa, sia carne e ghiande. Ma egli era un uomo saggio e conosceva il nutrimento di ciascuno. Davanti ai figli egli ha messo pane, olio d’olive e carne; davanti agli schiavi egli ha messo olio di ricino e frumento; al bestiame ha dato orzo, paglia ed erba; ai cani ha gettato le ossa e ai maiali ha gettato le ghiande e gli avanzi del pane. Cosí è per il discepolo di Dio. Se è un uomo saggio, egli conosce la condizione dei discepoli. Le forme del corpo non l’inganneranno, me egli terrà conto della disposizione dell’animo di ciascuno, e parlerà con lui. Vi sono molti animali nel mondo che rivestono una forma umana. Quando egli li riconoscerà, ai maiali getterà ghiande, al bestiame getterà orzo, paglia ed erba, ai cani getterà ossa. Agli schiavi darà le primizie, ai figli darà ciò che è perfetto.

120.) C’è il Figlio dell’uomo e c’è il figlio del Figlio dell’uomo. Il Signore è il Figlio dell’uomo, e il figlio del Figlio dell’uomo è colui che è creato dal Figlio dell’uomo. Il Figlio dell’uomo ha ottenuto da Dio il potere di creare. Egli può generare.

121.) Chi ha ricevuto la creazione è una creatura, chi ha ricevuto la generazione è un generato. Chi crea non può generare. Chi genera ha il potere di creare. In verità si dice: “Chi crea, genera”. Ma il suo prodotto è una creatura. Per questo motivo le opere non sono figli, ma loro immagini. Chi crea, lavora visibilmente ed è egli stesso visibile. Chi genera, lavora nel segreto, ed è egli stesso nascosto. Il generato non è come l’immagine. Chi crea, crea apertamente, ma chi genera, genera figli nel segreto.

122.) Nessuno può sapere qual’è il giorno in cui l’uomo e la donna si congiungono, salvo essi stessi. Perché il matrimonio nel mondo è un mistero, per coloro che hanno preso moglie. Ma, se il matrimonio di impurità è segreto, quanto maggiormente il matrimonio immacolato è un autentico mistero! Esso non è qualche cosa di carnale, ma è puro, non appartiene al desiderio, ma alla volontà. Non appartiene alle tenebre della notte, ma appartiene al giorno e alla luce. Se un matrimonio è allo scoperto, diventa impudicizia, e la sposa, non solamente quando riceve il seme di un altro uomo, ma anche quando lascia la sua camera da letto ed è veduta, si comporta impudicamente. Ella può soltanto rivelarsi a suo padre e a sua madre e all’amico dello sposo e ai figli della camera nuziale. A costoro è permesso entrare tutti i giorni nella camera nuziale, ma gli altri non possono desiderare che di udire la sua voce e godere del suo profumo e possono desiderare di nutrirsi delle briciole che cadono dalla mensa, come i cani. Gli sposi e le spose appartengono alla camera nuziale. Nessuno può vedere lo sposo con la sposa, a meno che non lo divenga.

123.) Quando Abramo si rallegrò di vedere ciò che stava per vedere, circoncise la carne del suo prepuzio, mostrandoci come sia necessario distruggere la carne e il resto di questo mondo. Finché le loro passioni sono nascoste, rimangono e sono vive; se vengono manifestate, muoiono, secondo l’esempio dell’uomo che è manifesto: finché le viscere dell’uomo sono nascoste, l’uomo vive; se le viscere appaiono e vengono fuori di lui, l’uomo morirà. Cosí pure è l’albero: finché la sua radice è nascosta, esso fiorisce e cresce; se la radice appare, l’albero secca. Cosí è per ogni prodotto che è nel mondo, non soltanto per quello che è manifesto, ma anche per quello che è nascosto. Infatti, fintanto che la radice dell’errore è nascosta, esso è forte, ma quando è riconosciuta, esso si dissolve. Questo è il motivo per cui il Logos ha detto: ” Già la scure è posta alla radice degli alberi “. Essa non sfronderà soltanto ” ciò che è sfrondato germoglia di nuovo ” ma la scure taglia profondamente finché svelle la radice. E Gesú ha divelto la radice di tutto il luogo; gli altri invece solo in parte. Quanto a noi, ciascuno scavi profondamente fino alla radice dell’errore, che è dentro di lui e lo divelga dal suo cuore fino alla radice. Ed esso invero sarà divelto, quando noi lo riconosceremo. Che se noi siamo ignoranti a suo riguardo, esso affonda in noi le radici e produce i suoi frutti nei nostri cuori. Esso domina su di noi, e noi siamo suoi schiavi. Ci tiene prigionieri, cosicché noi facciamo ció che non vogliamo, e ciò che vogliamo non lo facciamo. Esso è potente perché noi non lo conosciamo, e finché esiste, esso lavora. L’ignoranza è per noi la madre dell’errore. L’ignoranza è al servizio della morte: ciò che viene dall’ignoranza né è esistita, né esiste, né esisterà. Invece coloro che sono nella verità saranno perfetti quando tutta la verità si manifesterà. Perché la verità è come l’ignoranza: quand’è nascosta, riposa in se stessa, ma quando si rivela ed è riconosciuta, viene glorificata, in quanto è piú potente dell’ignoranza e dell’errore. Essa dà la libertà.
Il Logos ha detto: ” Se voi conoscerete la verità, la verità vi farà liberi “. L’ignoranza è uno schiavo, la conoscenza è libertà. Se noi riconosceremo la verità, troveremo i frutti della verità in noi stessi. Se ci uniremo con essa, essa produrrà il nostro perfezionamento.

124.) Ora noi abbiamo ciò che è manifesto, nella creazione. Noi diciamo che sono le cose potenti, che sono onorate, e che le cose nascoste sono deboli e spregevoli. È cosí anche per le cose rivelate dalla verità: esse sono deboli e spregevoli, mentre quelle nascoste sono forti e onorate. Ora, i misteri della Verità si rivelano sotto forma di modelli ed immagini.

125.) Ma la camera nuziale è nascosta. Essa è il Santo dei Santi. Adesso la cortina tiene celato in che modo Dio governa la creazione, ma quando la cortina si strapperà e ciò che è all’interno verrà rivelato, allora quest’edificio sarà lasciato deserto, o piuttosto, sarà distrutto. Ma la divinità non fuggirà interamente da questi luoghi dentro il Santo dei Santi, perché essa non potrà unirsi alla Luce senza mescolanze e al Pleroma senza difetti, ma starà sotto le ali della Croce e sotto le sue braccia. Questa sarà per essi l’arca di salvezza, quando il diluvio delle acque li investirà. Se vi saranno di quelli della tribù del sacerdozio, essi potranno entrare all’interno della cortina con il Sommo Sacerdote. Per questo motivo la cortina non si è strappata soltanto in alto, altrimenti sarebbe stata aperta soltanto per quelli in alto, né si è strappata soltanto in basso, altrimenti sarebbe stata aperta soltanto a quelli in basso. Ma si è strappata dall’alto in basso. Le cose in alto si sono manifestate a noi che siamo in basso, affinché potessimo entrare nel segreto della Verità. Questa è veramente quella che è onorata, che è potente. Ma noi penetreremo là attraverso modelli spregevoli e cose deboli. E sono davvero spregevoli, in confronto alla gloria perfetta. C’è una gloria che è piú alta della gloria, c’è una potenza che è al di sopra della potenza. Per questo motivo, la perfezione si è manifestata a noi con i segreti della Verità e il Santo dei Santi si è rivelato e la camera nuziale ci ha invitati dentro di essa. Invero, fino a quando queste cose sono nascoste, il male rende incapaci e non si allontana di mezzo al seme dello Spirito Santo ” infatti si è schiavi del peccato ” ma appena esse si manifesteranno, allora la luce perfetta si diffonderà su ciascuno, e tutti quelli che si troveranno in essa avranno il crisma. Allora gli schiavi saranno liberi e i prigionieri saranno sciolti.

126.) Ogni pianta che è nei cieli è piantata da mio Padre, che è nei cieli, e non si sradica piú. Coloro che sono separati verranno uniti e verranno resi perfetti. Tutti quelli che entreranno nella camera nuziale genereranno nella luce. Infatti essi non genereranno come i matrimoni che noi vediamo, perché avvengono nella notte: infatti se la luce risplende nella notte, si spegne. Invece i misteri di questo matrimonio si compiono di giorno e alla luce. Quel Giorno e quella Luce non tramontano mai.

127.) Se qualcuno diventa figlio della camera nuziale, riceverà la Luce. Se qualcuno non la riceve finché è in questo luogo, non potrà riceverla nell’altro Luogo. Colui che avrà ricevuto quella Luce non potrà essere visto né trattenuto; e nessuno potrà affliggere un simile uomo, anche se egli dimora ancora nel mondo o quando lascia il mondo. Egli ha già ricevuto la Verità attraverso le immagini: il mondo è divenuto come un eone, perché l’eone è per lui il Pleroma, ed è cosí fatto: si è manifestato a lui solo, non nascosto nelle tenebre o nella notte, ma celato in un Giorno perfetto e in una Luce santa.

Il Vangelo di Tommaso

I vangeli gnostici sono dei testi sacri eccezionali, rivelatori di profonde verità ma anche di una bellezza commovente, delle vere e proprie perle di spiritualità. Questa è una raccolta di detti di Gesù… da meditare per bene…

Queste sono le parole segrete che Gesù vivente ha pronunciato e Didimo Giuda Tommaso ha trascritto.

1. E lui disse, “Chiunque trova l’interpretazione di queste parole non conoscerà la morte”.

2. Gesù disse, “Coloro che cercano cerchino finché troveranno. Quando troveranno, resteranno turbati. Quando saranno turbati si stupiranno, e regneranno su tutto.”

3. Gesù disse, “Se i vostri capi vi diranno, ‘Vedete, il Regno è nei cieli’, allora gli uccelli dei cieli vi precederanno. Se vi diranno, ‘È nei mari’, allora i pesci vi precederanno. Invece, il Regno è dentro di voi e fuori di voi. Quando vi conoscerete sarete riconosciuti, e comprenderete di essere figli del Padre vivente. Ma se non vi conoscerete, allora vivrete in miseria, e sarete la miseria stessa.”

4. Gesù disse, “L’uomo di età avanzata non esiterà a chiedere a un bambino di sette giorni dov’è il luogo della vita, e quell’uomo vivrà.Perché molti dei primi saranno ultimi, e diventeranno tutt’uno.”

5. Gesù disse, “Sappiate cosa vi sta davanti agli occhi, e quello che vi è nascosto vi sarà rivelato.Perché nulla di quanto è nascosto non sarà rivelato.”

6. I suoi discepoli gli chiesero e dissero, “Vuoi che digiuniamo? Come dobbiamo pregare? Dobbiamo fare elemosine? Quale dieta dobbiamo osservare?”

6-b. Gesù disse, “Non mentite, e non fate ciò che odiate, perché ogni cosa è manifesta in cielo. Alla fine, nulla di quanto è nascosto non sarà rivelato, e nulla di quanto è celato resterà nascosto.”

7. Gesù disse, “Fortunato è il leone che verrà mangiato dall’umano, perché il leone diventerà umano. E disgraziato è l’umano che verrà mangiato dal leone, poiché il leone diventerà comunque umano.”

8. E disse, “L’uomo è come un pescatore saggio che gettò la rete in mare e la ritirò piena di piccoli pesci. Tra quelli il pescatore saggio scoprì un ottimo pesce grosso. Rigettò tutti gli altri pesci in mare, e poté scegliere il pesce grosso con facilità. Chiunque qui abbia due buone orecchie ascolti!”

9. Gesù disse, “Vedete, il seminatore uscì, prese una manciata e seminò. Alcuni semi caddero sulla strada, e gli uccelli vennero a raccoglierli. Altri caddero sulla pietra, e non misero radici e non produssero spighe. Altri caddero sulle spine, e i semi soffocarono e furono mangiati dai vermi. E altri caddero sulla terra buona, e produssero un buon raccolto, che diede il sessanta per uno e il centoventi per uno.”

10. Gesù disse, “Ho appiccato fuoco al mondo, e guardate, lo curo finché attecchisce.”

11. Gesù disse, “Questo cielo scomparirà, e quello sopra pure scomparirà. I morti non sono vivi, e i vivi non morranno. Nei giorni in cui mangiaste ciò che era morto lo rendeste vivo. Quando sarete nella luce, cosa farete? Un giorno eravate uno, e diventaste due. Ma quando diventerete due, cosa farete?”

12. I discepoli dissero a Gesù, “Sappiamo che tu ci lascerai. Chi sarà la nostra guida?”
Gesù disse loro, “Dovunque siate dovete andare da Giacomo il Giusto, per amore del quale nacquero cielo e terra.”

13. Gesù disse ai suoi discepoli, “Paragonatemi a qualcuno e ditemi come sono.”
Simon Pietro gli disse, “Sei come un onesto messaggero.”
Matteo gli disse, “Sei come un filosofo sapiente.”
Tommaso gli disse, “Maestro, la mia bocca è totalmente incapace di esprimere a cosa somigli.”
Gesù disse, “Non sono il tuo maestro. Hai bevuto, e ti sei ubriacato dell’acqua viva che ti ho offerto.”
E lo prese con sé, e gli disse tre cose. Quando Tommaso tornò dai suoi amici questi gli chiesero, “Cosa ti ha detto Gesù?”
Tommaso disse loro, “Se vi dicessi una sola delle cose che mi ha detto voi raccogliereste delle pietre e mi lapidereste, e del fuoco verrebbe fuori dalle rocce e vi divorerebbe.”

14. Gesù disse loro, “Se digiunate attirerete il peccato su di voi, se pregate sarete condannati, e se farete elemosine metterete in pericolo il vostro spirito.Quando arrivate in una regione e vi aggirate per la campagna, se la gente vi accoglie mangiate quello che vi offrono e prendetevi cura dei loro ammalati.Dopo tutto, quello che entra nella vostra bocca non può rendervi impuri, è quello che viene fuori dalla vostra bocca che può rendervi impuri.”

15. Gesù disse, “Quando vedrete uno che non è nato da una donna, prostratevi e adoratelo. Quello è il vostro Padre.”

16. Gesù disse, “Forse la gente pensa che io sia venuto a portare la pace nel mondo. Non sanno che sono venuto a portare il conflitto nel mondo: fuoco, ferro, guerra.Perché saranno in cinque in una casa: ce ne saranno tre contro due e due contro tre, padre contro figlio e figlio contro padre, e saranno soli.”

17. Gesù disse, “Vi offrirò quello che nessun occhio ha visto, nessun orecchio ha udito, nessuna mano ha toccato, quello che non è apparso nel cuore degli uomini.”

18. I discepoli dissero a Gesù, “Dicci, come verrà la nostra fine?”

Gesù disse, “Avete dunque trovato il principio, che cercate la fine? Vedete, la fine sarà dove è il principio.Beato colui che si situa al principio: perché conoscerà la fine e non sperimenterà la morte.”

19. Gesù disse, “Beato colui che nacque prima di nascere.Se diventate miei discepoli e prestate attenzione alle mie parole, queste pietre vi obbediranno.Perché vi sono cinque alberi per voi in Paradiso: non mutano, inverno ed estate, e le loro foglie non cadono. Chiunque li conoscerà non sperimenterà la morte.”

20. I discepoli dissero a Gesù, “Dicci com’è il Regno dei Cieli.”
E lui disse loro, “È come un seme di mostarda, il più piccolo dei semi, ma quando cade sul terreno coltivato produce una grande pianta e diventa un riparo per gli uccelli del cielo.”

21. Maria chiese a Gesù, “Come sono i tuoi discepoli?”
Lui disse, “Sono come bambini in un terreno che non gli appartiene. Quando i padroni del terreno arrivano, dicono, ‘Restituiteci il terreno. E quelli si spogliano dei loro abiti per renderglieli, e gli restituiscono il terreno.Per questo motivo dico, se i proprietari di una casa sanno che sta arrivando un ladro staranno in guardia prima che quello arrivi e non gli permetteranno di entrare nella loro proprietà e rubargli i loro averi.Anche voi, quindi, state in guardia nei confronti del mondo. Preparatevi con grande energia, così i ladri non avranno occasione di sopraffarvi, perché la disgrazia che attendete verrà.Che fra voi ci sia qualcuno che comprenda.Quando il raccolto fu maturo, lui arrivò subito con un sacco e lo mieté. Chiunque abbia due buone orecchie ascolti!”

22. Gesù vide alcuni neonati che poppavano. Disse ai suoi discepoli, “Questi neonati che poppano sono come quelli che entrano nel Regno.”
E loro gli dissero, “Dunque entreremo nel regno come neonati?”
Gesù disse loro, “Quando farete dei due uno, e quando farete l’interno come l’esterno e l’esterno come l’interno, e il sopra come il sotto, e quando farete di uomo e donna una cosa sola, così che l’uomo non sia uomo e la donna non sia donna, quando avrete occhi al posto degli occhi, mani al posto delle mani, piedi al posto dei piedi, e figure al posto delle figure allora entrerete nel Regno.”

23. Gesù disse, “Sceglierò fra voi, uno fra mille e due fra diecimila, e quelli saranno come un uomo solo.”

24. Dissero i suoi discepoli, “Mostraci il luogo dove sei, perché ci occorre cercarlo.”
Lui disse loro, “Chiunque qui abbia orecchie ascolti! C’è luce in un uomo di luce, e risplende sul mondo intero. Se non risplende, è buio.”

25. Gesù disse, “Amate il vostro amico come voi stessi, proteggetelo come la pupilla del vostro occhio.”

26. Gesù disse, “Voi guardate alla pagliuzza nell’occhio del vostro amico, ma non vedete la trave nel vostro occhio. Quando rimuoverete la trave dal vostro occhio, allora ci vedrete abbastanza bene da rimuovere la pagliuzza dall’occhio dell’amico.”

27. “Se non digiunate dal mondo, non troverete il Regno. Se non osservate il Sabato come Sabato non vedrete il Padre.”

28. Gesù disse, “Ho preso il mio posto nel mondo, e sono apparso loro in carne ed ossa. Li ho trovati tutti ubriachi, e nessuno assetato. Il mio animo ha sofferto per i figli dell’umanità, perché sono ciechi di cuore e non vedono, poiché sono venuti al mondo vuoti, e cercano di andarsene dal mondo pure vuoti.Ma nel frattempo sono ubriachi. Quando si libereranno dal vino, cambieranno condotta.”

29. Gesù disse, “Se la carne fosse nata a causa dello spirito sarebbe una meraviglia, ma se lo spirito fosse nato a causa del corpo sarebbe una meraviglia delle meraviglie.Eppure mi stupisco di come questa grande ricchezza si sia ridotta in tale miseria.”

30. Gesù disse, “Dove ci sono tre divinità, esse sono divine. Dove ce ne sono due o una, io sono con lei.”

31. Gesù disse, “Nessun profeta è benvenuto nel proprio circondario; i dottori non curano i loro conoscenti.”

32. Gesù disse, “Una città costruita su un’alta collina e fortificata non può essere presa, né nascosta.”

33. Gesù disse, “Quanto ascolterete con le vostre orecchie, proclamatelo dai vostri tetti ad altre orecchie.Dopo tutto, nessuno accende una lampada per metterla in un baule, né per metterla in un posto nascosto. Piuttosto, la mette su un lampadario così che chiunque passi veda la sua luce.”

34. Gesù disse, “Se un cieco guida un cieco, entrambi cadranno in un fosso.”

35. Gesù disse, “Nessuno può entrare nella casa di un uomo robusto e prenderla con la forza se prima non gli lega le mani. A quel punto uno può sottrargli la casa.”

36. Gesù disse, “Non vi tormentate, dalla mattina alla sera, al pensiero di cosa indossare.”

37. I suoi discepoli dissero, “Quando ci apparirai, e quando tornerai a visitarci?”

Gesù disse, “Quando vi spoglierete senza vergognarvi, e metterete i vostri abiti sotto i piedi come bambini e li distruggerete, allora vedrete il figlio di colui che vive e non avrete timore.”

38. Gesù disse, “Spesso avete desiderato ascoltare queste parole che vi dico, e non avevate nessuno da cui ascoltarle. Vi saranno giorni in cui mi cercherete e non mi troverete.”

39. Gesù disse, “I Farisei e gli accademici hanno preso le chiavi della conoscenza e le hanno nascoste. Non sono entrati, e non hanno permesso a quelli che volevano entrare di farlo.Quanto a voi, siate furbi come serpenti e semplici come colombe.”

40. Gesù disse, “Una vite è stata piantata lontano dal Padre. Poiché non è robusta, sarà sradicata e morrà.”

41. Gesù disse, “Chiunque ha qualcosa in mano riceverà di più, e chiunque non ha nulla sarà privato anche del poco che ha.”

42. Gesù disse, “Siate come passanti.”

43. I suoi discepoli gli dissero, “Chi sei tu per dirci queste cose?”

“Non comprendete chi sono da quello che dico. Invece, siete diventati come i Giudei, che amano l’albero ma odiano i frutti, o amano i frutti ma odiano l’albero.”

44. Gesù disse, “Chiunque bestemmia contro il Padre sarà perdonato, e chiunque bestemmia contro il figlio sarà perdonato, ma chiunque bestemmia contro lo spirito santo non sarà perdonato, né sulla terra né in cielo.”

45. Gesù disse, “L’uva non si coglie dai rovi, né i fichi dai cardi, poiché essi non danno frutti. I buoni producono bene da quanto hanno accumulato; i cattivi producono male dalla degenerazione che hanno accumulato nei loro cuori, e dicono cose malvagie. Poiché dal traboccare del cuore producono il male.”

46. Gesù disse, “Da Adamo a Giovanni il Battista, fra quanti nacquero da donna nessuno è tanto più grande di Giovanni il Battista da non dover abbassare lo sguardo.Ma vi dico che chiunque fra voi diventerà un bambino riconoscerà il regno e diventerà più grande di Giovanni.”

47. Gesù disse, “Un uomo non può stare in sella a due cavalli o piegare due archi. E uno schiavo non può servire due padroni, altrimenti lo schiavo onorerà l’uno e offenderà l’altro.Nessuno beve vino stagionato e subito dopo vuole bere vino giovane. Il vino giovane non viene versato in otri vecchi, altrimenti si guasta.Non si cuce un panno vecchio su un abito nuovo, perché si strapperebbe.”

48. Gesù disse, “Se due persone fanno pace in una stessa casa diranno alla montagna ‘Spostati!’ e quella si sposterà.”

49. Gesù disse, “Beati coloro che sono soli e scelti, perché troveranno il regno. Poiché da lì venite, e lì ritornerete.”

50. Gesù disse, “Se vi diranno ‘Da dove venite?’ dite loro, ‘Veniamo dalla luce, dal luogo dove la luce è apparsa da sé, si è stabilita, ed è apparsa nella loro immagine. ‘ Se vi diranno, ‘Siete voi?’ dite, ‘Siamo i suoi figli, e siamo i prescelti del Padre vivente. ‘ Se vi chiederanno, ‘Qual è la prova che il Padre è in voi?’ dite loro, ‘È il movimento e la quiete. ‘ ”

51. I suoi discepoli gli dissero, “Quando riposeranno i morti, e quando verrà il nuovo mondo?”
Lui disse loro, “Quello che aspettate è venuto, ma non lo sapete.”

52. I discepoli gli dissero, “è utile o no la circoncisione?”
Lui disse loro, “Se fosse utile, il loro padre genererebbe figli già circoncisi dalla loro madre. Invece, la vera circoncisione nello spirito è diventata vantaggiosa da ogni punto di vista.”

53. I suoi discepoli gli dissero, “Ventiquattro profeti hanno parlato in Israele, e tutti hanno parlato attraverso te.”
Lui disse loro, “Avete omesso quello vivente in vostra presenza, e avete parlato solo dei morti.”

54. Gesù disse, “Beato il povero, perché suo è il regno dei cieli.”

55. Gesù disse, “Chi non odierà suo padre e sua madre non potrà essere mio discepolo, e chi non odierà fratelli e sorelle, e porterà la croce come faccio io, non sarà degno di me.”

56. Gesù disse, “Chi è arrivato a conoscere il mondo ha scoperto una carcassa, e di chiunque ha scoperto una carcassa il mondo non è degno.”

57. Gesù disse, Il regno del Padre è come un uomo che ha dei semi. Il suo nemico di notte gli ha piantato erbacce fra i semi. L’uomo non ha voluto che i braccianti gli strappassero le erbacce, ma ha detto loro, ‘No, altrimenti per strappare le erbacce potreste finire per strappare anche il grano.’ Poiché il giorno del raccolto le erbacce saranno molte, e saranno strappate e bruciate.”

58. Gesù disse, “Beato l’uomo che si è impegnato e ha trovato la vita.”

59. Gesù disse, “Guardate colui che vive finché vivete, altrimenti potreste morire e poi cercare di scorgere colui che vive, e non ne sareste capaci.”

60. Vide un samaritano che portava un capretto e andava in Giudea. Disse ai suoi discepoli, “Quell’uomo […] del capretto.” Loro gli dissero, “Così che possa ucciderlo e mangiarlo.” Lui disse loro, “Non lo mangerà finché è vivo, ma solo dopo averlo ucciso e ridotto a cadavere.”
Loro risposero, “Non potrebbe fare altrimenti.”
Lui disse loro, “E così pure voi, cercatevi un posto per riposare, o potreste diventare cadaveri e venire mangiati.”

61. Gesù disse, “In due si adageranno su un divano; uno morirà, l’altro vivrà.”
Disse Salomè, “Chi sei tu signore? Sei salito sul mio divano e hai mangiato dalla mia tavola come se qualcuno ti avesse inviato.”
Gesù le disse, “Sono quello che viene da ciò che è integro. Mi sono state donate delle cose di mio Padre.”
“Sono tua discepola.”
“Per questa ragione io ti dico, se uno è integro verrà colmato di luce, ma se è diviso, sarà riempito di oscurità.”

62. Gesù disse, “Io rivelo i miei misteri a coloro che ne sono degni.Che la vostra mano sinistra non sappia cosa fa la destra.”

63. Gesù disse, “C’era un ricco che aveva molto denaro. Disse, ‘Investirò questo denaro così che io possa seminare, mietere e riempire i miei magazzini con il raccolti, e che non mi manchi nulla. Queste erano le cose che pensava in cuor suo, ma quella stessa notte morì. Chi fra voi ha orecchie ascolti!”

64. Gesù disse, “Un uomo organizzò un ricevimento. Quando ebbe preparato la cena, mandò il suo servo a invitare gli ospiti. Il servo andò dal primo e gli disse, Il padrone ti invita. E quegli disse, ‘Ci sono dei mercanti che mi devono dei soldi, e vengono da me stasera. Devo andare a dargli istruzioni. Lo prego di scusarmi ma non posso venire a cena.’ Il servo andò da un altro e disse, ‘Il padrone ti ha invitato. Quegli disse al servo, ‘Ho comprato una casa, e devo assentarmi per un giorno. Non avrò tempo per la cena.’ Il servo andò da un altro e gli disse, ‘Il padrone ti invita. Quegli disse al servo, ‘Un mio amico si sposa, e devo preparargli il banchetto. Non potrò venire. Lo prego di scusarmi se non posso venire. Il servo andò da un altro e gli disse, ‘Il padrone ti invita. Quegli disse al servo, ‘Ho comprato una proprietà, e sto andando a riscuotere l’affitto. Non potrò venire, Lo prego di scusarmi. Il servo ritornò e disse al padrone, ‘Quelli che avevi invitato a cena chiedono scusa ma non possono venire. Il padrone disse al servo, ‘Vai per la strada e porta a cena chiunque trovi. Acquirenti e mercanti non entreranno nei luoghi del Padre mio.”

65. Lui disse, Un […] uomo possedeva una vigna e l’aveva affittata a dei contadini, così che la lavorassero e gli cedessero il raccolto. Mandò il suo servo dai contadini per farsi consegnare il raccolto. Quelli lo afferrarono, lo picchiarono, e quasi l’uccisero. Poi il servo ritornò dal padrone. Il padrone disse, ‘Forse non li conosceva. Mandò un altro servo, e i contadini picchiarono anche quello. Quindi il padrone mandò suo figlio e disse, ‘Forse verso mio figlio mostreranno un qualche rispetto. Poiché i contadini sapevano che lui era l’erede della vigna, lo afferrarono e lo uccisero. Chi ha orecchie ascolti!”

66. Gesù disse, “Mostratemi la pietra scartata dai costruttori; quella è la chiave di volta.”

67. Gesù disse, “Quelli che sanno tutto, ma sono carenti dentro, mancano di tutto.”

68. Gesù disse, “Beati voi, quando sarete odiati e perseguitati;e non resterà alcun luogo, dove sarete stati perseguitati.”

69. Gesù disse, “Beati quelli che sono stati perseguitati nei cuori: sono loro quelli che sono arrivati a conoscere veramente il Padre.Beati coloro che sopportano la fame, così che lo stomaco del bisognoso possa essere riempito.”

70. Gesù disse, “Se esprimerete quanto avete dentro di voi, quello che avete vi salverà. Se non lo avete dentro di voi, quello che non avete vi perderà.”

71. Gesù disse, “Distruggerò questa casa, e nessuno sarà in grado di ricostruirla […].”

72. Un uomo gli disse, “Dì ai miei fratelli di dividere con me i loro averi.”
Lui disse all’uomo, “Signore, e chi mi ha nominato spartitore?”
Si girò verso i discepoli e disse, “Non sono uno spartitore, vero?”

73. Gesù disse, “Il raccolto è enorme ma i braccianti sono pochi, perciò pregate il mietitore di mandare i braccianti nei campi.”

74. Lui disse, “Signore, sono in molti attorno all’abbeveratoio, ma non c’è nulla nel pozzo.”

75. Gesù disse, “In molti si affollano davanti alla porta, ma sarà il solitario ad entrare nella camera nuziale.”

76. Gesù disse, “Il regno del Padre è come un mercante che ricevette un carico di mercanzia e vi trovò una perla. Il mercante fu accorto; vendette la mercanzia e si tenne solo la perla. Così anche voi, cercate il tesoro che è eterno, che resta, dove nessuna tarma viene a rodere e nessun verme guasta.”

77. Gesù disse, “Io sono la luce che è su tutte le cose. Io sono tutto: da me tutto proviene, e in me tutto si compie. Tagliate un ciocco di legno; io sono lì. Sollevate la pietra, e mi troverete.”

78. Gesù disse, “Perché siete venuti nella campagna? Per vedere una canna scossa dal vento? E per vedere un uomo vestito in abiti raffinati, come i capi e i potenti? Quelli sono vestiti in panni raffinati, e non sanno cogliere la verità.”

79. Una donna nella folla gli disse, “Fortunato il grembo che ti generò e il seno che ti nutrì.”
Lui le disse, “Fortunati coloro che hanno ascoltato la parola del Padre e l’hanno veramente conservata. Poiché vi saranno giorni in cui direte, ‘Fortunato il grembo che non ha concepito, e il seno che non ha allattato. ‘ ”

80. Gesù disse, “Chi è arrivato a conoscere il mondo ha scoperto un cadavere, e chi ha scoperto un cadavere è al di sopra del mondo.”

81. Gesù disse, “Lasciate che chi è diventato ricco regni, e che chi ha il potere vi rinunci.”

82. Gesù disse, “Chi è vicino a me è vicino al fuoco, e chi è lontano da me è lontano dal regno.”

83. Gesù disse, “Le immagini sono visibili alla gente, ma la loro luce è nascosta nell’immagine della luce del Padre. Lui si rivelerà, ma la sua immagine è nascosta dalla sua luce.”

84. Gesù disse, “Quando vedete ciò che vi somiglia siete contenti. Ma quando vedrete le immagini che nacquero prima di voi e che non muoiono né diventano visibili, quanto dovrete sopportare!”

85. Gesù disse, “Adamo è partito da un grande potere e una grande ricchezza, ma non era degno di voi. Perché se fosse stato degno, non avrebbe conosciuto la morte.”

86. Gesù disse, “Le volpi hanno tane e gli uccelli hanno nidi, ma gli esseri umani non hanno un posto dove stendersi e riposare.”

87. Gesù disse, “Quanto è misero il corpo che dipende da un corpo, e quanto è misera l’anima che dipende da entrambi.”

88. Gesù disse, “I messaggeri e i profeti verranno da voi e vi daranno ciò che vi appartiene. Voi, da parte vostra, date loro quello che avete, e dite a voi stessi, ‘Quando verranno a prendere quello che gli appartiene?'”

89. Gesù disse, “Perché sciacquate l’esterno della coppa? Non capite che quello che ha creato l’interno è anche quello che ha creato l’esterno?”

90. Gesù disse, “Venite a me, perché il mio giogo è confortevole e il mio dominio è gentile, e troverete la vostra pace.”

91. Gli dissero, “Dicci chi sei così che possiamo credere in te.”
Lui disse loro, “Voi esaminate l’aspetto di cielo e terra, ma non siete arrivati a comprendere colui che è di fronte a voi, e non sapete come interpretare il momento attuale.”

92. Gesù disse, “Cercate e troverete.Nel passato, comunque, non vi ho rivelato le cose che allora mi chiedeste. Ora vorrei dirvele, ma voi non le chiedete più.”

93. “Non date le cose sacre ai cani, perché potrebbero gettarle sullo sterco. Non gettate perle ai porci, o potrebbero […].”

94. Gesù disse, “Colui che cerca troverà, e chi bussa entrerà.”

95. Gesù disse, “Se avete denaro, non prestatelo a interesse. Piuttosto, datelo a qualcuno da cui non lo riavrete.”

96. Gesù disse, “Il regno del Padre è come una donna. Prese un po’ di lievito, lo nascose nell’impasto, e ne fece grandi forme di pane. Chi ha orecchie ascolti!”

97. Gesù disse, “Il regno è come una donna che portava una giara piena di farina. Mentre camminava per una lunga strada, il manico della giara si ruppe e la farina le si sparse dietro sulla strada. Lei non lo sapeva; non si era accorta di nulla. Quando raggiunse la sua casa, posò la giara e scoprì che era vuota.”

98. Gesù disse, “Il regno del Padre è come una persona che voleva uccidere un potente. Prima di uscire di casa sfoderò la spada e la infilò nel muro per provare se il suo braccio riusciva a trapassarlo. Poi uccise il potente.”

99. I discepoli gli dissero, “I tuoi fratelli e tua madre sono qui fuori.”
Lui disse loro, “Quelli che fanno il volere del Padre mio sono i miei fratelli e mia madre. Sono quelli che entreranno nel regno di mio Padre.”

100. Mostrarono a Gesù una moneta d’oro e gli dissero, “Gli uomini dell’imperatore romano ci chiedono le tasse.”

Lui disse loro, “Date all’imperatore quello che è dell’imperatore, date a Dio quello che è di Dio, e date a me quel che è mio.”

101. “Chiunque non odia padre e madre come me non può essere mio discepolo, e chiunque non ama padre e madre come me non può essere mio discepolo. Poiché mia madre […], ma la mia vera madre mi ha dato la vita.”

102. Gesù disse, “Maledetti i Farisei! Sono come un cane che dorme nella mangiatoia: il cane non mangia, e non fa mangiare il bestiame.”

103. Gesù disse, “Beati quelli che sanno da dove attaccheranno i ribelli. Possono organizzarsi, raccogliere le risorse imperiali, ed essere preparati prima che i ribelli arrivino.”

104. Dissero a Gesù, “Vieni, oggi preghiamo, e digiuniamo.”
Gesù disse, “Quale peccato ho commesso, o di quale impurità mi sono macchiato? Piuttosto, quando lo sposo lascia la camera nuziale, allora lasciate che la gente digiuni e preghi.”

105. Gesù disse, “Quando farete dei due uno diventerete figli di Adamo, e quando direte ‘Montagna, spostati!’ si sposterà.”

106. Gesù disse, “Chi conosce il padre e la madre sarà chiamato figlio di meretrice”.

107. Gesù disse, “Il regno è come un pastore che aveva cento pecore. Una di loro, la più grande, si smarrì. Lui lasciò le altre novantanove e la cercò fino a trovarla. Dopo aver faticato tanto le disse, ‘Mi sei più cara tu di tutte le altre novantanove. ”

108. Gesù disse, “Chi berrà dalla mia bocca diventerà come me; io stesso diventerò quella persona, e tutte le cose nascoste gli si riveleranno.”

109. Gesù disse, “Il regno del Padre è come una persona che aveva un tesoro nascosto nel suo campo ma non lo sapeva. E quando morì lo lasciò a suo figlio. Il figlio non ne sapeva nulla neanche lui. Diventò proprietario del campo e lo vendette. L’acquirente andò ad arare, scoprì il tesoro, e cominciò a prestare denaro a interesse a chi gli pareva.”

110. Gesù disse, “Lasciate che chi ha trovato il mondo, ed è diventato ricco, rinunci al mondo.”

111. Gesù disse, “I cieli e la terra si apriranno al vostro cospetto, e chiunque è vivo per colui che vive non vedrà la morte.”
Non dice Gesù, “Di quelli che hanno trovato se stessi, il mondo non è degno?”

112. Gesù disse, “Maledetta la carne che dipende dall’anima. Maledetta l’anima che dipende dalla carne.”

113. I suoi discepoli gli chiesero, “Quando verrà il regno?”
“Non verrà cercandolo. Non si dirà ‘Guarda, è qui!’, oppure ‘Guarda, è lì!’ Piuttosto, il regno del Padre è sulla terra, e nessuno lo vede.”

114.Simon Pietro gli disse, “Lasciate che Maria se ne vada, poiché le donne non meritano la vita.” Gesù disse, “Io stesso la guiderò in modo da farla maschio, così anche lei potrà diventare uno spirito vivente somigliante a voi maschi.